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Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.

Le Corbusier, "La bouteille de vin orange"
di Vilma Torselli
pubblicato il 4/05/2007
Visione logica e razionale nella interpretazione della realtà del fondatore dell'architettura moderna.
"Il più alto diletto dello spirito umano è la percezione dell’ordine". (Le Corbusier, "Esprit nouveau")

L'aspetto più noto di Charles Edouard Janneret (1887-1965), Le Corbusier, è sicuramente quello di rappresentante del Razionalismo europeo che definì un nuovo modo di intendere la progettazione, segnando la nascita dell'architettura moderna, ma egli fu in realtà un artista globale, per il quale il concetto di integrazione ed unificazione di tutte le forme d'arte, pittura, scultura, disegno, progettazione architettonica, decorazione era basilare ed irrinunciabile, fondato su uno stesso agire concettuale e creativo.
Determinante per lo strutturarsi del suo lessico formale in campo pittorico è la frequentazione dell'ambiente artistico parigino, il rapporto con il Cubismo e le sue meditazioni sul concetto di forma, spazio, tempo: né poteva essere altrimenti, per Le Corbusier, per la sua sensibilità eminentemente plastica, per il suo concetto della tridimensionalità della forma, per il suo costante bisogno di ordine, la sua aspirazione ad una "fede" nelle potenzialità razionali della realtà e nelle possibilità dell'uomo di scoprirle e dominarle.

Dal rapporto con Amédée Ozenfant, a cui si deve il colorito soprannome di Le Corbusier, dalla riflessione sulla situazione del mondo artistico, e del Cubismo in particolare, dopo il bruciante avvio delle avanguardie, ma soprattutto da una decisa scelta intellettuale per una visione logica e schematica della realtà e delle regole che la governano, scaturiscono il Purismo e "Esprit nouveau" (è datato 1925 il padiglione dell’Esprit nouveau all’Exposition Internationale des Arts Décoratifs di Parigi), mentre si intensificano rapporti con una corrente di cui fanno parte artisti di varia estrazione, da Fernand Léger al giovane Roger Bissière: da loro si affaccia una lettura del Cubismo in chiave neoplastica, sintesi fra un purismo cubista ed un formalismo classicista, in alcuni casi sfociante in un linguaggio chiaramente monumentale e classicheggiante, come accade per Léger.

Sono gli anni '20 e Le Corbusier esegue "La bouteille de vin orange", un olio su tela, una natura morta, tema tipico di questo periodo in cui egli denuncia particolare attenzione ad oggetti di prima produzione industriale legati alla vita quotidiana e in cui, assieme ad Ozenfant, prende le distanze dal Cubismo e dai suoi rischiosi scivolamenti verso implicazioni ornamentali.
E' dichiarato l'intento di evidenziare l'impianto geometrico, l'interno meccanismo strutturale del rappresentato, in un processo di progressiva depurazione e successiva astrazione, in linea con le teorie puriste, che tuttavia non dematerializza la forma in una esasperata essenzializzazione, non rinnega l'originario naturalismo: gli oggetti hanno infatti una loro marcata plasticità, definita da contorni precisi e da colori nella tonalità e nella gamma dei bruni e dei verdi spenti tipici della tradizione classica francese ed europea, a cui richiama anche lo spazio, equilibrato, pensato, ordinato nel quale, dice il critico Flaminio Gualdoni, la bottiglia è "l’erede della colonna greca".

Siamo davanti ad un artista che fa del ragionamento la sua prassi creativa, che fa dell'ordine il tema delle sue opere, un artista per il quale, come dice Bruno Zevi "costruire non è altro che l'atto di mera trascrizione di un'idea premeditata", l'idea, appunto, la regola, il principio, che in architettura Le Corbusier traduce nei suoi celebri "cinque punti", gli enunciati-cardine, i comandamenti del Razionalismo.

Negli anni seguenti al decennio '20-'30, la vena poetica di Le Corbusier si apre ad echi surrealisti, mutuati forse dalle esperienze di Schwitters, dalla suggestione delle opere di Arp, in un linguaggio più sciolto che accoglie elementi naturali, pietre, fossili, legni, oggetti che hanno acquisito dall'usura del tempo una loro valenza poetica e plastica intrinseca, nei quali ricercare un messaggio già scritto: contemporaneamente i colori si fanno più chiari, il disegno più avvertibile ed estetizzante, in chiave decorativa ed edonistica, l'espressione più libera dal rigoroso controllo della ragione.
E' il germe di un processo interiore verso una progressiva liberazione di ineludibili pulsioni psicologiche che, rotti definitivamente gli argini della ragione dopo l'esperienza traumatizzante della seconda guerra mondiale ed il ritiro ad Ozon, sfocerà in un linguaggio di stampo espressionista in dipinti dai colori più densi e dalle linee più tormentate e deformate, mentre nell'ambito che, indiscutibilmente, gli è più congeniale, l'architettura, daranno vita alla cappella di Notre-Dame du Haut a Ronchamp.

Realizzazione scultorea molto nota di questo ultimo periodo (1952), che rappresenta un po' la cifra stilistica di Le Corbusier artista nella scia di quello che, graficamente, è il Modulor del Le Corbusier architetto ispirato allo stile vagamente solenne di molte opere di Léger, è il monumento per Chandigarh, opera di pregnante significato simbolico, "La main ouverte", per "ricevere ricchezze create, per distruibuirle ai popoli del mondo".

link:
Le Corbusier

Le Corbusier, "La Main Ouverte"


DE ARCHITECTURA
di Pietro Pagliardini


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