"Il più alto diletto dello spirito
umano è la percezione dellordine". (Le
Corbusier, "Esprit nouveau")
L'aspetto più noto di Charles Edouard Janneret (1887-1965), Le Corbusier,
è sicuramente quello di rappresentante del Razionalismo
europeo che definì un nuovo modo di intendere la progettazione,
segnando la nascita dell'architettura moderna, ma egli fu in
realtà un artista globale, per il quale il concetto di
integrazione ed unificazione di tutte le forme d'arte, pittura,
scultura, disegno, progettazione architettonica, decorazione
era basilare ed irrinunciabile, fondato su uno stesso agire
concettuale e creativo.
Determinante per lo strutturarsi del suo lessico formale in
campo pittorico è la frequentazione dell'ambiente artistico
parigino, il rapporto con il Cubismo e le sue meditazioni sul
concetto di forma, spazio, tempo: né poteva essere altrimenti,
per Le Corbusier, per la sua sensibilità eminentemente
plastica, per il suo concetto della tridimensionalità
della forma, per il suo costante bisogno di ordine, la sua aspirazione
ad una "fede" nelle potenzialità razionali
della realtà e nelle possibilità dell'uomo di
scoprirle e dominarle.
Dal rapporto con Amédée Ozenfant, a cui si
deve il colorito soprannome di Le Corbusier, dalla riflessione
sulla situazione del mondo artistico, e del Cubismo in particolare,
dopo il bruciante avvio delle avanguardie, ma soprattutto
da una decisa scelta intellettuale per una visione logica
e schematica della realtà e delle regole che la governano,
scaturiscono il Purismo e "Esprit nouveau" (è
datato 1925 il padiglione dellEsprit nouveau allExposition
Internationale des Arts Décoratifs di Parigi), mentre si intensificano rapporti
con una corrente di cui fanno parte artisti di varia estrazione,
da Fernand Léger al giovane Roger Bissière: da loro
si affaccia una lettura del Cubismo in chiave neoplastica,
sintesi fra un purismo cubista ed un formalismo classicista,
in alcuni casi sfociante in un linguaggio chiaramente monumentale
e classicheggiante, come accade per Léger.
Sono gli anni '20 e Le Corbusier esegue "La bouteille
de vin orange", un olio su tela, una natura morta, tema
tipico di questo periodo in cui egli denuncia particolare
attenzione ad oggetti di prima produzione industriale legati
alla vita quotidiana e in cui, assieme ad Ozenfant, prende
le distanze dal Cubismo e dai suoi rischiosi scivolamenti
verso implicazioni ornamentali.
E' dichiarato l'intento di evidenziare l'impianto geometrico,
l'interno meccanismo strutturale del rappresentato, in un
processo di progressiva depurazione e successiva astrazione,
in linea con le teorie puriste, che tuttavia non dematerializza
la forma in una esasperata essenzializzazione, non rinnega
l'originario naturalismo: gli oggetti hanno infatti una loro
marcata plasticità, definita da contorni precisi e
da colori nella tonalità e nella gamma dei bruni e
dei verdi spenti tipici della tradizione classica francese
ed europea, a cui richiama anche lo spazio, equilibrato, pensato,
ordinato nel quale, dice il critico Flaminio Gualdoni, la
bottiglia è "lerede della colonna greca".
Siamo davanti ad un artista che fa del ragionamento la sua
prassi creativa, che fa dell'ordine il tema delle sue opere,
un artista per il quale, come dice Bruno Zevi "costruire
non è altro che l'atto di mera trascrizione di un'idea
premeditata", l'idea, appunto, la regola, il principio,
che in architettura Le Corbusier traduce nei suoi celebri
"cinque punti", gli enunciati-cardine, i comandamenti
del Razionalismo.
Negli anni seguenti al decennio '20-'30, la vena poetica
di Le Corbusier si apre ad echi surrealisti, mutuati forse
dalle esperienze di Schwitters, dalla suggestione delle opere
di Arp, in un linguaggio più sciolto che accoglie elementi
naturali, pietre, fossili, legni, oggetti che hanno acquisito
dall'usura del tempo una loro valenza poetica e plastica intrinseca,
nei quali ricercare un messaggio già scritto: contemporaneamente i colori
si fanno più chiari, il disegno più avvertibile
ed estetizzante, in chiave decorativa ed edonistica, l'espressione
più libera dal rigoroso controllo della ragione.
E' il germe di un processo interiore verso una progressiva
liberazione di ineludibili pulsioni psicologiche che, rotti
definitivamente gli argini della ragione dopo l'esperienza
traumatizzante della seconda guerra mondiale ed il ritiro
ad Ozon, sfocerà in un linguaggio di stampo espressionista
in dipinti dai colori più densi e dalle linee più
tormentate e deformate, mentre nell'ambito che, indiscutibilmente,
gli è più congeniale, l'architettura, daranno
vita alla cappella di Notre-Dame du Haut a Ronchamp.
Realizzazione scultorea molto nota di questo ultimo periodo (1952),
che rappresenta un po' la cifra stilistica di Le Corbusier artista
nella scia di quello che, graficamente, è il Modulor del Le Corbusier architetto ispirato allo stile vagamente
solenne di molte opere di Léger, è il monumento per Chandigarh, opera di pregnante significato simbolico, "La main ouverte",
per "ricevere ricchezze create, per distruibuirle ai
popoli del mondo".
link:
Le Corbusier
Le Corbusier, "La Main Ouverte"
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