"Per me il tessuto della mia arte ed il
tessuto della mia vita si identificano". (Miriam Schapiro,1976).
Miriam Schapiro (1923), dopo qualche incursione nell'Espressionismo
astratto, esordisce ufficialmente come pittrice nel '55, periodo
in cui è già attiva come esponente di spicco del
movimento femminista americano, particolare tutt'altro che irrilevante
per capire la sua attività anche come artista, artefice
di lavori su carta, collages, assemblages, nel solco di un decorativismo
non fine a se stesso, a differenza di quanto avviene in molti
pattern painters, ma modello di una operatività estetica
di impronta antitecnologica, astratta ed intellettualistica.
Volendo delimitare entro una definizione il suo stile pittorico,
come appare nel quadro presentato, si potrebbe infatti parlare
riduttivamente e semplicemente di Pattern Painting, se non fosse
per un'attenzione del tutto particolare alla simbologia femminile,
alla creatività artistica ed artigianale delle donne,
mediante la trasposizione nelle immagini di schemi compositivi
a volte molto vicini alle coperte patchwoork della tradizione
americana.
Il richiamo alla tradizione e l'impronta dichiaratamente muliebre
sono i mezzi con i quali quest'artista, femminile e femminista,
esprime quello che è il leit-motiv di tutto il movimento
moderno, la contestazione nei confronti dell'ordine sociale
esistente, in questo caso con un messaggio non necessariamente
e direttamente politico, ma fortemente connotato da una sorta
di pragmatismo tipicamente femminile che caratterizza il modo
in cui le donne fanno le loro rivoluzioni, con mezzi a volte
piccoli, ma concreti e possibili, lontani da idealismi utopistici
talvolta inutili ed irrealizzabili.
Individuando nell'uso del tessuto il significato simbolico
del lavoro femminile, Miriam Shapiro usa (con una tecnica
da lei definita "femmage") merletto, scarti e scampoli
di stoffa, nastri, tovaglioli da tè, combinati e sovrapposti
con una stratificazione di significati in una struttura "artistica"
autoreferenziale, desoggettivata, interpretativa dell'essenza
dell'oggetto inorganico, talvolta accompagnato da stilizzazioni
di figure umane, il tutto nel nome di una sorta di estraneità
del singolo elemento, che assume significanza solo nell'assemblaggio
con altri elementi, reinventato e divenuto "altro"
grazie all'atto intellettuale dell'artista: è lo stesso
procedimento del patchwoork, che da molti pezzi di stoffa
di per sè insignificanti ricava opere complete e complesse
dove il risultato è del tutto imprevedibile e lontano
dai singoli componenti.
Ne è esempio questo "Mother Russia", del
1994, un tecnica mista con colore acrilico, serigrafia e collage
su tela, 183.0 x 365.8 cm
Quando Miriam Shapiro descrive i rituali che precedono l'inizio
del suo lavoro creativo, spalmare i colori sui fogli, tracciare
immagini "liberamente e incurantemente", scegliere
gli oggetti da utilizzare, lasciar fluire l'ispirazione, afferma
il suo desiderio di tornare in quel magico spazio dell'infanzia
nel quale dipingeva "semplicemente" ed era felice
solo per poter fare questo, denuncia la sua consapevolezza
di essere donna, con le sue specificità e le sue differenze,
ed afferma la possibilità e la necessità che
le donne non debbano essere svantaggiate dal loro sesso, ma
abbiano, paritariamente agli uomini, la possibilità
di esprimersi, con i loro mezzi e nei loro modi.
Proprio nella facilità di comprensione del processo
creativo, nella sua apparente banalità, nella connotazione
fortemente tradizionale, nella possibilità di identificazione
e nella dichiarata pragmaticità di un lavoro che rivaluta
le potenzialità artigianali anche e soprattutto femminili,
va ricercata la causa della grande popolarità di Miriam
Shapiro in America, dove è presente nei maggiori musei
e dove le sue mostre sono eventi di grande richiamo.
E' il giusto riconoscimento ad una donna che ha inventato
il suo vocabolario, ha cercato la sua identità ed è
stata un autentico pioniere nella storia dell'arte al femminile,
trasformando la tessitura, il cucito, il collage, la decorazione,
tutte le componenti creative del lavoro delle donne in espressione
di una "storia" raccontata, come lei dice, nel lessico
del linguaggio figurato, una cultura alternativa, diversa,
ma non inferiore a quella maschile.
* articolo aggiornato il 24/11/2014
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