Carlo Maria Mariani (1931), che si inquadra nell'ambito
della "Pittura colta" e del movimento post-modernista,
inizia la sua carriera artistica producendo opere di impronta
classicheggiante a carattere eminentemente imitativo, pesantemente
influenzato dagli antichi pittori della tradizione italiana
ed europea, con particolare riferimento ad Andrea Appiani ed
alle teorie estetiche di Winckelmann: sono gli anni '70 (la
sua prima personale è del '73), gli anni del Concettualismo più spinto, e la sua scelta per un classicismo estremo
appare, seppur coraggiosa, decisamente anacronistica.
In realtà è un atteggiamento che sottende considerazioni
di tipo intellettuale sul senso dell'arte moderna e sul valore
della rappresentazione artistica, un esercizio mentale e formale
sulla citazione, sul tempo, sulla cultura, sulla storia, sui
rapporti tra pittura e fotografia, come può metterlo
in atto un italiano che ha alle spalle un background culturale
di tipo umanistico, alla luce del quale indaga la sintassi
delle opere classiche e ne ricostruisce la memoria in rappresentazioni
simboliche spesso complesse, di libera ispirazione mitologica.
C'è più di un tentativo di creare, con mezzi
anacronistici ma di collaudata efficacia, un mondo diverso
da quello moderno, un'alternativa migliore, attraversando
il tempo e recuperando un'identità culturale che si
credeva persa nella confusione e nella omologazione dei linguaggi.
In un periodo in cui l'ampiezza di certe definizioni dei
movimenti moderni (come concettualismo o minimal art) diventa
indeterminatezza e genericità, Mariani sceglie uno
stile chiaramente e fortemente improntato al non-moderno,
di insistita e dichiarata tradizionalità, di esplicito
iperrealismo ("più vero del vero"), che avrà,
nel giro di pochi anni, verso la fine degli anni '70, un'evoluzione
in chiave metafisica e surrealistica di impronta magrittiana,
per l'instaurarsi di un approccio ai grandi temi della classicità
più scopertamente ironico e più interessato
da citazioni derivate dal movimento moderno, da Picasso a
Calder a Brancusi.
Come si vede in questa "Eclipse"
del 1998, olio su tela di 40"x35", è ben
leggibile l'eco della poetica metafisica di De Chirico, e
dei suoi sviluppi verso un più dichiarato surrealismo,
nella spiazzante convivenza di oggetti incongrui entro una
composizione di marcata e classicheggiante compostezza.
Pur nella varietà degli accenti, lo stile neoclassico
rimane comunque la cifra distintiva dell'opera di Carlo Maria
Mariani, che trova nella purezza composta del neoclassicismo
il mezzo per liberare la sua pittura da ogni emotività
soggettiva, da ogni traccia della sua stessa personalità,
identificandosi completamente nella sua opera.
Il che innesca un discorso sull'autorialità.
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