Fra i più noti appartenenti alla Transavanguardia,
movimento creato e teorizzato da Achille Bonito Oliva negli
anni '60 come risposta italiana al Neo-espressionismo tedesco,
Mimmo Paladino (1948) ne rappresenta lo spirito forse più degli
altri componenti (Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi
e Nicola De Maria ) attraverso il suo concetto di un'immagine
essenziale, ridotta all'espressione fondamentale, costruita
dai segni semplificati ed eleganti di un alfabeto personale
sconosciuto eppure, lo si percepisce chiaramente, denso di significati
arcaici e metaforici.
E', quello di Paladino, un racconto affabulatorio che riscopre
una memoria antica, come in questo "Senza titolo",
olio su tela del 1982, dove la comunicazione, in mancanza di
un titolo significativo che la orienti, è affidata alla
sola immagine, alle suggestioni grafiche, alla complessa raffigurazione
segnica che mischia citazioni, decorazioni, figure ed oggetti
in un'atmosfera vagamente spettrale per il contrasto cromatico
tra i bianchi freddi e assoluti ed il rosso dominate del tavolo
e dello sfondo.
Pur senza imporre esercizi interpretativi sulla perfetta leggibilità
dell'immagine, è chiara la latenza di un significato
metaforico e simbolico che l'autore affida, senza ulteriori
interventi, al nostro inconscio o forse alla nostra memoria
più profonda, dove è riposto ciò che il
tempo non può corrodere.
Su Mimmo Paladino propongo alcune riflessioni di Alessandro
Tempi, segnalando che si può trovare il testo integrale
dell'articolo, unitamente ad altri dello stesso autore, su
"Brevi manu", Note e cronache d'Arte, oggi, Quaderni
di cfr., edito dall'Agenzia Giovani "Mauro Rostagno",
San Giovanni Valdarno)
".......dopo l'esaurirsi della spinta propulsiva della
Transavanguardia - cui peraltro egli deve gran parte della
sua fortuna - si è andato spingendo verso regioni estreme
della rappresentazione, in un luogo mitico dove transitano
- addensandosi, diradandosi, alternandosi - forme e simbili
di una cultura irriducibile al puro discorso logico e che,
al contrario, è dominio di elementi figurali e simbolici
tipici di una condizione mitico-magica della coscienza. A
questa sono tuttavia estranei tanto il rapporto con la Storia.,
la Società, la vita quotidiana, quanto ogni pretesa
razionalizzazione che voglia spiegare o "far cultura"
intorno al fare artistico che da essa origina.
Ciò che invece è centrale ed essenziale nella
pittura di Paladino è, da sempre, la forma, la materia,
il segno..............un'evidente passione combinatoria dei
materiali, che è un viaggio analitico intorno alle
possibilità espressive delle cose, alla loro suscettibilità
traspositiva che tuttavia non va mai a scapito di una acuta
lucidità, di un'autonomia del pittore dalle cose stesse.
E' come un estraniarsi dall'esistente per proiettarsi in un
"mondo altro", inarrivabile alla verbalizzazione,
alle spiegazioni: un mondo popolato di presenze inquietanti,
figure fantasmagoriche fra l'umano e il non-umano, dai volti
ovali - come non ricordarci, qui, di Modigliani? - e, talora,
dall'apparenza larvale o metaforica.
La scena della pittura di Paladino è insomma quella
di una contaminazione di materiali e di segni in cui si manifesta
- o, forse si ritualizza, giacché egli sembra vedere
nella pittura un'energia unificatrice, organizzatrice assidua
di eterogeneità - il mistero del rapporto fra conscio
ed inconscio, che non può mai essere esaurito dalla
sola parola.
La pittura di Mimmo Paladino traccia tuttavia il diagramma
raffinato e controllatissimo di questa irriducibilità,
ma che pur significa, forse più di quanto siamo disposti
a credere". ("La Gazzetta di Firenze", 9 novembre
1989)
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