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Cornelia Parker, "Cold Dark Matter: An
Exploded View"
di Vilma Torselli
pubblicato il 6/05/2007 |
La trasformazione della materia
nell'eterno ciclo di vita, morte e resurrezione in una visione
del mondo dove scienza ed arte perseguono lo stesso fine. |
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La natura non scarta nulla, nulla si crea e nulla
si distrugge, tutto si conserva, si ricicla, si trasforma, si
trasferisce o si accumula: è questo il principio di conservazione
dell'energia formulato da Hermann von Helmholtz, Julius Robert
von Mayer e James Prescott Joule, che ha una importanza fondamentale
nella storia della ricerca scientifica.
Si potrebbe dire che Cornelia Parker (1956) ne fornisca una sua personale
versione in chiave artistica, incentrando la sua ricerca sull'essenza
metafisica del reale, su "ciò che resta" dopo
ogni passaggio di stato, dopo ogni transizione, dopo la trasformazione
in altro, nel tentativo di raccontarci la storia delle cose,
dotate, come ognuno di noi, di un passato, un presente, forse
un futuro che si inseguono ciclicamente come la vita, la morte
e, forse, la possibilità di una seconda vita.
Sono trasformazioni traumatiche, distruttive o semplicemente
nuovi punti di vista di realtà quotidiane in grado di
modificare l'aspetto formale delle cose, che tuttavia conservano
intatta la loro identità di sostanza, di materia che
non si crea nè si distrugge, pur nella continua mutevolezza
dei confini che la definiscono e la aggregano in forme sempre
nuove: è lì che interviene Cornelia Parker con
la sua opera, sul limite delle cose materiali, violandolo e riconfigurandolo
con il suo intervento per dirci che le possibilità di
rinascita sono infinite e che ogni cosa può essere mille
cose, che un distrutto capanno da giardino può diventare
un universo di frammenti luminosi, che una piccola meteorite
polverizzata può trasformarsi in una stupefacente pioggia
pirotecnica, che lo spazio non è il vuoto, ma un in-between che collega le forme e ne costruisce il significato (concetto,
quest'ultimo, ripreso anche dalle concezioni urbanistico-architettoniche
contemporanee).
Viene in mente una frase di Nietzsche, "non eterna un'altra
vita ma questa", eterna e sempre nuova nella sua stratificazione
di significati, ambivalente nella contemporanea assenza della
forma originaria e nella presenza della nuova forma in cui si
concretizzano le opere di Cornelia Parker, dai titoli molto
descrittivi che le contestualizzano orientando l'osservatore
verso il loro più recondito significato.
"Cold Dark Matter: An Exploded View", del 1991,
è il risultato di una trasformazione radicale e di
un riciclo creativo dei materiali di risulta, è un
capanno da giardino esploso, colto in un fermo-immagine nel
momento dell'esplosione e riconsegnato a nuova vita come nuvola
di frammenti illuminati da una nuda lampada centrale che proietta
ombre che si "scontrano" con le pareti circostanti
e suggerisce il modello di un universo eliocentrico in cui
il tempo si è fermato: non a caso in un suo libro Martin
Kemp, professore di storia dell'arte all'università
di Oxford, li definisce "A galaxy of fragments hanging
on wires" e "Cold Dark Matter", termine scientifico usato per descrivere la sostanza
esistente nelle galassie dell'universo.
In uno stimolante dibattito tra scienza ed arte, in cui quest'ultima
può svolgere il ruolo comunicativo di impatto più
immediato, l'idea è quella di conciliare l'inconciliabile,
il razionale con l'inconscio, ravvisando nello studio scientifico
della materia e nell'allusiva elaborazione che ne fa l'arte
una sottile analogia nel nome di una comune aspirazione a
capire il mondo e a darne una interpretazione omnicomprensiva,
unitaria seppure tradotta in linguaggi diversi: ciò
che importa è arrivare all'uomo, qualunque sia la via,
quella della mente o quella del cuore.
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