"La memoria e la mente diventano il giardino
da visitare, per un percorso senza punti darrivo e itinerari
sicuri, senza una meta individuabile, un affascinante viaggio
senza soste, unico riferimento la coscienza del vagare, dellaccumolo,
del continuo trovare qualcosa, forse per ritrovare, attraverso
le immagini generate, sé stessi". (Alik Cavaliere
, "Taccuini")
Alik Cavaliere (1926-1998) è uno scultore che, formatosi allAccademia
di Brera, con Giacomo Manzù, Achille Funi, Marino Marini,
non ha mai dimenticato l'importanza dell'artigianato e la centralità
del ruolo della "tecnica", la techné degli
antichi greci, per i quali "technités " era
chi riuniva in sè il tecnico e l'artista, svolgendo un'azione
universalmente riconosciuta rispondente a "principi e regole
razionalmente posseduti, dimostrabili e discutibili ",
per citare una definizione di Gianni Vattimo.
Nell'opera di
Cavaliere questi principi si uniscono ad una vena creativa libera e continuamente
rinnovata nella quale capacità esecutiva, raffinata manualità,
costante ricerca sui materiali e sulle tecniche, si legano a
profonde speculazioni filosofiche, storiche, sociali.
La curiosità e l'amore per la materia lo spingono
alla continua sperimentazione, all'utilizzo del legno, del
ferro, del cristallo, alla realizzazioni di fusioni in bronzo
con lantica tecnica della cera persa, proponendo preferibilmente
le forme della natura (come in questo "Tronco con frutta"
del 1965, un bronzo di 61,5 x 35 x 39,5 cm, della Galleria
Niccoli) o della figura umana, in stilizzate composizioni miste
e sculture filiformi strutturalmente concepite come un racconto
materico, come un percorso labirintico "senza punti darrivo
e itinerari sicuri", nella deriva della mente, alla ricerca
di sè.
Egli stesso infatti dice:"Ho sempre usato i materiali
come un regista, come un trovarobe teatrale, come un narratore
di storie e racconti; lavorando sulla memoria, cercando di
creare dei percorsi, dei labirinti dove potermi incontrare
con l'eventuale visitatore/spettatore per poi perderci entrambi
all'interno dell'opera stessa, oltre che psicologicamente
anche fisicamente, nella pluralità delle angolazioni
o nei grovigli della materia o delle indicazioni suggerite".
Partendo da un esordio prevalentemente espressionista (la
sua prima esposizione è del '45), con accenti talvolta
lirici legati ad una visione fantastica della natura e dell'uomo,
Alik Cavaliere instaura poi un articolato rapporto tra il
reale ed il surreale, con venature ironiche o addirittura
beffarde, ad esprimere una sua visione del mondo drammatica,
ma non disperata, nella quale confluiscono con largo anticipo
tendenze iperrealiste e concettuali.
Ciò è rilevabile soprattutto (negli anni 70/80)
nella produzione di composizioni con grandi figure umane (talvolta
calchi dal vero) intrappolate in "labirinti esistenziali",
ambienti circoscritti da intricati graticci o blocchi trasparenti,
con una progressiva prevalenza dell'ambiente sulla figura
che finisce per estendere la tematica dell'opera alla natura
tutta, all'habitat umano, a circoscritte realtà urbane
ed all'azione dell'uomo su di esse: una ricerca aperta, stimolante,
in progress, lontana dall'accademia, anche se Cavaliere per
molti anni insegnò proprio all'Accedemia di Brera,
dalla cattedra di scultura, a generazioni di giovani artisti
con lo stesso coinvolgimento e la stessa consapevolezza del
compito innanzi tutto umano che ha animato la sua opera di
scultore oltre che di insegnante.
Egli dice : "Alla scuola sono tornato............. avendo
in mente di non diventare noioso più degli altri principali
insegnanti. Non so quel che ho insegnato, ma sono sicuro di
quel che ho imparato; soprattutto, sono stato coinvolto nei
complessi problemi della scuola, con turbamento per me e per
gli altri": è l'atteggaimento di un uomo al quale
prima di tutto interessa l'uomo e non smette di interrogarsi
sul suo ruolo nella società moderna, sui rapporti con
gli altri, con l'arte, con la vita.
|