"È evidente che io sono alla ricerca di una carta
della vita e del mondo". (Roberto Matta)
Roberto Sebastian Antonio Matta Echaurren (1911-2002) è un cileno
di grande intelligenza e di sicuro talento che, dopo una laurea
in architettura nel suo paese, nel '33 si imbarca per l'Europa
ed approda a Parigi: grazie a questa decisione, l'arte moderna
avrà uno dei suoi più geniali interpreti che,
per una lunga serie di anni (Matta morirà ultranovantenne
attivo fino alla fine della sua vita), produrrà opere
straordinarie in quantità copiosissima: di lui Piero
Dorazio ha scritto "Matta è l'erede della corona
di Miró, il pittore più famoso dopo Matisse e
Picasso ... Matta è un grande maestro: ha inventato uno
stile in pittura che dal 1940 a New York e dal 1950 in Europa
ha influenzato profondamente la maggiora parte dei pittori contemporanei".
A Parigi Matta frequenta Le Corbusier, Breton, Dalì,
Lorca, Neruda, Picasso, dimostrando ben presto il suo talento
nell'ambito della corrente surrealista, di cui André
Breton è capo carismatico (verrà definito da
Matta "un uomo ottuso e dispotico"), ma lo sviluppo
maturo della sua poetica si evolve in territorio americano,
quando, nel '39, è costretto a rifugiarvisi, su invito
di Duchamp, per lo scoppio della seconda guerra mondiale,
che porterà nel nuovo continente molti artisti europei,
specie surrealisti e dadaisti.
Il Surrealismo europeo è la costola da cui scaturirà
l'Espressionismo astratto americano, così come l'automatismo
psichico è l'embrione dell'action painting, due passaggi
non indolori, due delicati trapassi segnati da contrasti ed
incomprensioni tra due culture profondamente diverse e spesso
in polemica (Breton si rifiutò per un certo tempo persino
di imparare l'inglese).
Arshile Gorky e Roberto Matta, legati da profonda amicizia,
sono due artisti che, in qualche modo, fungono da trait-d'union fra questi due mondi lontani, rappresentando un ponte tra
il Surrealismo europeo e l'Espressionismo americano: mentre
i surrealisti di Breton parlano il linguaggio dell'automatismo
psichico nei termini sottilmente intellettualistici venati
dal malcelato complesso di superiorità di chi ha la
coscienza di provenire da un continente carico di storia,
Matta e, soprattutto, Gorky, instaurano una relazione, aprono
una breccia che permetterà il fluire di una cultura
nell'altra contribuendo in maniera determinante ad una felice
fusione dalla quale deriverà l'astrattismo americano.
Matta si distingue, nel panorama generale del surrealismo-espressionismo
americano, per aver allargato la tematica surrealista al di
fuori dei confini del subcoscio individuale, attingendo all'inconscio
collettivo, utilizzando un linguaggio espressivo derivato
dall'automatismo ed integrato con forti componenti simboliste,
dando vita a complesse germinazioni labirintiche, forme organiche
o mostruosamente indefinibili, incubi della mente dilatati
fino a divenire il grido dell'umanità tutta: Nicolas
Calas, scrittore greco-americano, dice di lui che "sostituì
il microcosmo represso con un macrocosmo irragiungibile".
"Comincio col macchiare la tela e in ogni macchia cerco
qualche cosa che non è conosciuto, non visto, qualche
cosa di nuovo per me", così Matta sintetizza il
procedere esecutivo del suo lavoro, tipicamente automatista:
in effetti egli sparge inizialmente sulla tela uno strato
trasparente di colore, distribuendolo ad onda con uno straccio,
e sviluppa poi forme suggerite dalla base di stesura iniziale,
sempre più definite, particolareggiate ed illustrative
mano a mano che il lavoro procede, costruendo con l'uso di
gesti automatici un vero e proprio universo di segni, fatto
non di metafore, ma di meta-forme, come egli stesso ama precisare.
Come in questo "Years of Fear", 1941, olio su tela,
111.8x142.2 cm, le tipiche luminescenze, le linee ed i colori
sono evocatori di immagini inattese, ignote al loro stesso
autore fino al momento del loro apparire, che svelano un universo
parallelo, fantascientifico, l'universo delle guerre stellari,
delle battaglie cosmiche (è questa l'interpretazione
di Carlo Giulio Argan), abitato dai mostri dell'alienazione,
un universo sfuggente ed elusivo, come ciò che viene
creato in assenza della coscienza.
In queste parole desunte da una delle ultime
interviste rilasciate da Roberto Matta, all'epoca ottantacinquenne,
è racchiuso tutto il senso del suo operare come uomo ed
artista: "Non abbiamo mai quello che si cerca. Dalla
molteplicità, che è l'universo, si deve arrivare
a una specie di spirito unico e il lavoro da fare sembra enorme.
Bisogna arrivare a una coscienza cosmica, quasi a essere l'universo
che riunisce tutte le diversità. E' questo che io intendo
per "integrare": recuperare una integrità
nella crescita della propria coscienza, che è la vera
religione degli esseri umani prima di morire".
* articolo aggiornato il 13/05/2013
|