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Roberto Matta, "Years of Fear"
di Vilma Torselli
pubblicato il 8/05/2007
Dal subconscio individuale all'inconscio collettivo, dalla molteplicità dell'universo allo spirito unico, alla coscienza cosmica in cui si riuniscono tutte le diversità.

"È evidente che io sono alla ricerca di una carta della vita e del mondo". (Roberto Matta)

Roberto Sebastian Antonio Matta Echaurren (1911-2002) è un cileno di grande intelligenza e di sicuro talento che, dopo una laurea in architettura nel suo paese, nel '33 si imbarca per l'Europa ed approda a Parigi: grazie a questa decisione, l'arte moderna avrà uno dei suoi più geniali interpreti che, per una lunga serie di anni (Matta morirà ultranovantenne attivo fino alla fine della sua vita), produrrà opere straordinarie in quantità copiosissima: di lui Piero Dorazio ha scritto "Matta è l'erede della corona di Miró, il pittore più famoso dopo Matisse e Picasso ... Matta è un grande maestro: ha inventato uno stile in pittura che dal 1940 a New York e dal 1950 in Europa ha influenzato profondamente la maggiora parte dei pittori contemporanei".

A Parigi Matta frequenta Le Corbusier, Breton, Dalì, Lorca, Neruda, Picasso, dimostrando ben presto il suo talento nell'ambito della corrente surrealista, di cui André Breton è capo carismatico (verrà definito da Matta "un uomo ottuso e dispotico"), ma lo sviluppo maturo della sua poetica si evolve in territorio americano, quando, nel '39, è costretto a rifugiarvisi, su invito di Duchamp, per lo scoppio della seconda guerra mondiale, che porterà nel nuovo continente molti artisti europei, specie surrealisti e dadaisti.
Il Surrealismo europeo è la costola da cui scaturirà l'Espressionismo astratto americano, così come l'automatismo psichico è l'embrione dell'action painting, due passaggi non indolori, due delicati trapassi segnati da contrasti ed incomprensioni tra due culture profondamente diverse e spesso in polemica (Breton si rifiutò per un certo tempo persino di imparare l'inglese).

Arshile Gorky e Roberto Matta, legati da profonda amicizia, sono due artisti che, in qualche modo, fungono da trait-d'union fra questi due mondi lontani, rappresentando un ponte tra il Surrealismo europeo e l'Espressionismo americano: mentre i surrealisti di Breton parlano il linguaggio dell'automatismo psichico nei termini sottilmente intellettualistici venati dal malcelato complesso di superiorità di chi ha la coscienza di provenire da un continente carico di storia, Matta e, soprattutto, Gorky, instaurano una relazione, aprono una breccia che permetterà il fluire di una cultura nell'altra contribuendo in maniera determinante ad una felice fusione dalla quale deriverà l'astrattismo americano.
Matta si distingue, nel panorama generale del surrealismo-espressionismo americano, per aver allargato la tematica surrealista al di fuori dei confini del subcoscio individuale, attingendo all'inconscio collettivo, utilizzando un linguaggio espressivo derivato dall'automatismo ed integrato con forti componenti simboliste, dando vita a complesse germinazioni labirintiche, forme organiche o mostruosamente indefinibili, incubi della mente dilatati fino a divenire il grido dell'umanità tutta: Nicolas Calas, scrittore greco-americano, dice di lui che "sostituì il microcosmo represso con un macrocosmo irragiungibile".

"Comincio col macchiare la tela e in ogni macchia cerco qualche cosa che non è conosciuto, non visto, qualche cosa di nuovo per me", così Matta sintetizza il procedere esecutivo del suo lavoro, tipicamente automatista: in effetti egli sparge inizialmente sulla tela uno strato trasparente di colore, distribuendolo ad onda con uno straccio, e sviluppa poi forme suggerite dalla base di stesura iniziale, sempre più definite, particolareggiate ed illustrative mano a mano che il lavoro procede, costruendo con l'uso di gesti automatici un vero e proprio universo di segni, fatto non di metafore, ma di meta-forme, come egli stesso ama precisare.

Come in questo "Years of Fear", 1941, olio su tela, 111.8x142.2 cm, le tipiche luminescenze, le linee ed i colori sono evocatori di immagini inattese, ignote al loro stesso autore fino al momento del loro apparire, che svelano un universo parallelo, fantascientifico, l'universo delle guerre stellari, delle battaglie cosmiche (è questa l'interpretazione di Carlo Giulio Argan), abitato dai mostri dell'alienazione, un universo sfuggente ed elusivo, come ciò che viene creato in assenza della coscienza.

In queste parole desunte da una delle ultime interviste rilasciate da Roberto Matta, all'epoca ottantacinquenne, è racchiuso tutto il senso del suo operare come uomo ed artista: "Non abbiamo mai quello che si cerca. Dalla molteplicità, che è l'universo, si deve arrivare a una specie di spirito unico e il lavoro da fare sembra enorme. Bisogna arrivare a una coscienza cosmica, quasi a essere l'universo che riunisce tutte le diversità. E' questo che io intendo per "integrare": recuperare una integrità nella crescita della propria coscienza, che è la vera religione degli esseri umani prima di morire".


* articolo aggiornato il 13/05/2013



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