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Renato Guttuso, "Fuga in Egitto"
di Vilma Torselli
pubblicato il 9/05/2007
Attraverso Giuseppe, rappresentante di tutti i fuggiaschi del mondo, l'artista compie un simbolico viaggio di ritorno alle origini ancestrali della sua terra isolana tanto amata.
Renato Guttuso (1911-1987) dipinge l'affresco "Fuga in Egitto" sul muro esterno della terza cappella del Sacro Monte di Varese nel 1983, in occasione della ristrutturazione dell'edificio, donando l'opera alla sua patria d'adozione, un lembo di territorio lombardo sulle pendici del monte di Varese in cui l'artista allestisce il suo studio negli ultimi vent'anni della sua vita.
L'affresco si estende per 30 metriquadri e ne sostituisce uno precedente, opera di Carlo Francesco Nuvolone (1609-1662) che al Sacro Monte eseguì affreschi nella Terza e nella Quinta Cappella, andato perduto a causa di un errore nell'edificazione del muro.
La vita del Cristo è un tema molto presente in tutta la storia dell'arte, da duemila anni a questa parte celebri scene della natività sono state dipinte da Giotto, El Greco, Beato angelico, Caravaggio, Luca Signorelli, Piero della Francesca, Guttuso non si sottrae alla suggestione di uno degli episodi più noti del ciclo della vita di Gesù, uno dei momenti più avventurosi e favolistici, la fuga in Egitto della sua famiglia, che gli permise di aver salva la vita dalla ferocia di Erode.

Guttuso non è religioso in senso letterale (la chiesa lo bolla come “pictor diabolicus”), è un libertario di sinistra, comunista in opposizione a tutte le chiese, fortemente schierato politicamente su posizioni di ferreo laicismo sul quale si radica il suo linguaggio figurativo ribollente di protesta proletaria, eppure affronta con commovente emotività molti temi religiosi, fra i quali una drammatica "Crocifissione" del 1941, anche quella in chiave nettamente simbolica, dove un umanissimo Cristo crocifisso è la sofferta metafora dello stato esistenziale dell'umanità tutta.

Preceduto da numerosi bozzetti e studi eseguiti lungo il corso di alcuni anni precedenti, il grande murale del Sacro Monte, eseguito all'aperto con colori acrilici, pur nell'immediatezza e nella chiara figuratività tipiche del linguaggio espressivo di Guttuso, ha una marcata impronta allegorica per la quale la narrazione di un evento, già di per sé di straordinaria importanza per il mondo cristiano, si trasforma in un paradigma di portata universale che supera i fatti storici, il loro valore religioso, i limiti temporali contingenti: è così che Giuseppe, un profugo palestinese in cerca di rifugio, della salvezza della sua famiglia, del suolo della sua patria, diventa simbolo di tutti i fuggiaschi del mondo, dei diseredati di tutta le terre, degli esuli, dei deboli e degli oppressi.

La scena ha il carattere agreste e contadino di tanti quadri di Guttuso, uomini ed animali insieme, persone in abiti modesti, figure popolari, le figure umane raccolte attorno al bimbo divino, un gruppo in cammino in una composizione che si muove verso sinistra, preceduta da una colomba, sullo sfondo di un paesaggio dal caldo cromatismo mediterraneo, più siciliano che palestinese, a denunciare come il racconto biblico, nell'immaginario dell'artista, si sovrapponga alla memoria personale e si contamini con un sentito autobiografismo.
Quel povero profugo palestinese è al tempo stesso un contadino siciliano, è un compaesano, è un umile lavoratore dei campi o delle zolfatare, un operaio delle cave, uno dei tanti personaggi che popolano la pittura di denuncia sociale di Guttuso, e il viaggio del Cristo diventa così un simbolico viaggio di ritorno alle origini ancestrali della sua terra isolana tanto amata.

link:
Renato Guttuso, "Nudo sdraiato"
Renato Guttuso, "Crocifissione"
Renato Guttuso, "Fuga in Egitto"

DE ARCHITECTURA
di Pietro Pagliardini


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