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Renato Guttuso,"Crocifissione"
di Vilma Torselli
pubblicato il 9/05/2007
In un dramma che si consuma in silenzio, nella sofferenza individuale, il simbolo di una tragedia cosmica e la presa di posizione sulla pittura, sulla vita e sulla morte di un artista di grande coscienza civile.
Renato Guttuso (1911-1987) dipinge la "Crocifissione", un olio su tavola, 200 x 200 cm, oggi alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna a Roma, nel 1941, all'inizio di un decennio ('40/'50) in cui compiutamente si manifesta la sua presa di coscienza della vita intesa come lotta, la consapevolezza che la lotta è "forma inevitabile" dell'essere uomo e del vivere su questa terra, dando origine a quel realismo intriso di pathos, crudo, tormentato, violento e sanguigno che diverrà tipico del suo linguaggio espressivo: la "Crocifissione", metafora dello stato esistenziale dell'umanità tutta, è la summa delle sue prese di posizione sulla pittura, sulla vita e sulla morte, ed anche occasione per un approfondimento sul suo discorso politico.

È un'opera che appare subito rivoluzionaria e scandalosa, se non addirittura blasfema (la Maddalena è nuda) sia alla parte religiosa (che definisce Guttuso “pictor diabolicus”) che a quella politica, nella personale interpretazione di un dramma divino che Guttuso legge come un dramma profondamente umano e terreno, simbolo, come egli stesso dichiara, della sofferenza di tutti i perseguitati di tutti i tempi per le loro idee ed i loro principi: è anche l'occasione per prendere una posizione chiara nei confronti delle ingiustizie sociali del fascismo, posizione ovviamente invisa al regime che si sente esplicitamente chiamato in causa.

La Curia di Bergamo interdice la visita alla quarta ed ultima edizione del "Premio Bergamo"(1943), a cui quest'opera partecipa (“D’ordine di S. E. Monsignor Vescovo, si dà avviso a tutto il Clero della diocesi ed a quello che fosse di passaggio per la nostra città, che è ad esso proibito l’accesso alla Mostra del Premio Bergamo, pena la sospensione a divinis ipso facto incurrenda…”), ma ciò non impedisce che il quadro ottenga il secondo premio, sotto il patrocinio del ministro fascista dell'Educazione Nazionale, allora Giuseppe Bottai, cui va il merito di aver fondato l’Ufficio per l’Arte Contemporanea che non imponeva agli artisti l'adesione ad un'arte di stato, ma anzi garantiva la libera compresenza di orientamenti figurativi anche molto diversificati: si afferma così il valore morale di un'opera d'arte che supera, nell'intensità e nell'onestà espressiva, ogni forma di censura e di boicottaggio, il che farà dire in seguito a Guttuso: "...... Le cose migliori che abbiamo prodotto, le cose veramente nostre, le abbiamo fatte sotto il fascismo ......... sia Elio Vittorini con "Conversazione in Sicilia", sia Luchino Visconti, con "Ossessione", sia io con la " Crocifissione......" (Intervista al giornale "Europeo", 1976).

Scrive Enzo Dall’Ara : "Con “Crocifissione”, Renato Guttuso ha frantumato il rigido sigillo della materialità, per far comprendere come l’opera d’arte debba, con forza, scrollare gli animi dai torpori della consuetudine e divenire testamento di etica e di meditazione".

In una amichevole conversazione Pablo Picasso, autore a sua volta, nel 1930, di una splendida crocifissione, peraltro poco nota, dice a Guttuso: "Non c’è tema più bello di una crocefissione, tanto è vero che esso è affrontato per più di mille anni milioni di volte": probabilmente è questo che ricorda Guttuso quando affronta lo stesso tema, anche se pare che la fonte ispirativa principale sia "Guernica", dipinto emblematico in cui l'arte assume deliberatamente un tono critico ed accusatorio nei confronti dei regimi.

Formalmente è evidente l'influsso cubista nella stilizzazione della forma, scomposta nei suoi elementi primari secondo una più drastica sintesi dei piani, con chiara accentuazione dei caratteri in una direzione più spiccatamente emotiva, con una passionalità estranea all'analisi picassiana, così come è del tutto personale la versione cromatica, molto violenta e contrastata. Attraverso questi elementi si evidenzia la sintesi che l'artista opera innestando la razionale indagine cubista sulla vena francamente popolare del realismo socialista di matrice russa, che tuttavia Guttuso non abbraccerà mai indiscriminatamente, traendone una sua personale versione nel solco della tradizione verista italiana venata di espressionismo.

La dinamicità della composizione è affidata all'impostazione in diagonale della croce, che suggerisce la profondità spaziale, la drammaticità è espressa dalla indifesa nudità dei corpi, dallo sfondo di tetre rovine, dalla concitazione dei toni cromatici, dalla contrapposizione delle figure dei due ladroni, il tutto pervaso dal senso epico di una tragedia intrisa di presagi di morte, che ha i toni solenni di una iconografia classica e un taglio compositivo di estrema modernità: nella sintesi di questi contrasti si esprime la riflessione dell'artista sugli opposti che regolano la vita dell'uomo, sul bene e sul male, sulla vita e sulla morte, con una dolorosa, disperata presa di coscienza dell'inevitabilità della sofferenza.

La Pasqua di Guttuso celebra la morte del Cristo, non la sua resurrezione, manca il consolatorio messaggio cristiano, manca la speranza della rinascita, mancano le certezze della vita eterna, è un dramma che si consuma in silenzio, amplificando la sofferenza individuale e trasformandola in tragedia cosmica.

link:
Renato Guttuso,"Portella della Ginestra"
Renato Guttuso, "Nudo sdraiato"
Renato Guttuso, "Fuga in Egitto"

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