Renato Guttuso (1911-1987) dipinge la "Crocifissione",
un olio su tavola, 200 x 200 cm, oggi alla Galleria Nazionale
d'Arte Moderna a Roma, nel 1941, all'inizio di un decennio ('40/'50)
in cui compiutamente si manifesta la sua presa di coscienza
della vita intesa come lotta, la consapevolezza che la lotta
è "forma inevitabile" dell'essere uomo e del
vivere su questa terra, dando origine a quel realismo intriso
di pathos, crudo, tormentato, violento e sanguigno che diverrà
tipico del suo linguaggio espressivo: la "Crocifissione",
metafora dello stato esistenziale dell'umanità tutta,
è la summa delle sue prese di posizione sulla pittura,
sulla vita e sulla morte, ed anche occasione per un approfondimento
sul suo discorso politico.
È un'opera che appare subito rivoluzionaria e scandalosa,
se non addirittura blasfema (la Maddalena è nuda) sia
alla parte religiosa (che definisce Guttuso pictor diabolicus)
che a quella politica, nella personale interpretazione di un
dramma divino che Guttuso legge come un dramma profondamente
umano e terreno, simbolo, come egli stesso dichiara, della sofferenza
di tutti i perseguitati di tutti i tempi per le loro idee ed
i loro principi: è anche l'occasione per prendere una
posizione chiara nei confronti delle ingiustizie sociali del
fascismo, posizione ovviamente invisa al regime che si sente
esplicitamente chiamato in causa.
La Curia di Bergamo interdice la visita alla quarta ed ultima
edizione del "Premio Bergamo"(1943), a cui quest'opera
partecipa (Dordine di S. E. Monsignor Vescovo, si
dà avviso a tutto il Clero della diocesi ed a quello
che fosse di passaggio per la nostra città, che è
ad esso proibito laccesso alla Mostra del Premio Bergamo,
pena la sospensione a divinis ipso facto incurrenda
),
ma ciò non impedisce che il quadro ottenga il secondo
premio, sotto il patrocinio del ministro fascista dell'Educazione
Nazionale, allora Giuseppe Bottai, cui va il merito di aver
fondato lUfficio per lArte Contemporanea che non
imponeva agli artisti l'adesione ad un'arte di stato, ma anzi
garantiva la libera compresenza di orientamenti figurativi anche
molto diversificati: si afferma così il valore morale
di un'opera d'arte che supera, nell'intensità e nell'onestà
espressiva, ogni forma di censura e di boicottaggio, il che
farà dire in seguito a Guttuso: "...... Le cose
migliori che abbiamo prodotto, le cose veramente nostre, le
abbiamo fatte sotto il fascismo ......... sia Elio Vittorini
con "Conversazione in Sicilia", sia Luchino Visconti,
con "Ossessione", sia io con la " Crocifissione......"
(Intervista al giornale "Europeo", 1976).
Scrive Enzo DallAra : "Con Crocifissione,
Renato Guttuso ha frantumato il rigido sigillo della materialità,
per far comprendere come lopera darte debba, con
forza, scrollare gli animi dai torpori della consuetudine
e divenire testamento di etica e di meditazione".
In una amichevole conversazione Pablo Picasso, autore a sua
volta, nel 1930, di una splendida crocifissione, peraltro
poco nota, dice a Guttuso: "Non cè tema
più bello di una crocefissione, tanto è vero
che esso è affrontato per più di mille anni
milioni di volte": probabilmente è questo che
ricorda Guttuso quando affronta lo stesso tema, anche se pare
che la fonte ispirativa principale sia "Guernica",
dipinto emblematico in cui l'arte assume deliberatamente un
tono critico ed accusatorio nei confronti dei regimi.
Formalmente è evidente l'influsso cubista nella stilizzazione
della forma, scomposta nei suoi elementi primari secondo una più
drastica sintesi dei piani, con chiara accentuazione dei caratteri
in una direzione più spiccatamente emotiva, con una
passionalità estranea all'analisi picassiana, così
come è del tutto personale la versione cromatica, molto
violenta e contrastata. Attraverso questi elementi si evidenzia la sintesi
che l'artista opera innestando la razionale indagine cubista
sulla vena francamente popolare del realismo socialista di
matrice russa, che tuttavia Guttuso non abbraccerà
mai indiscriminatamente, traendone una sua personale versione nel solco
della tradizione verista italiana venata di espressionismo.
La dinamicità della composizione è affidata
all'impostazione in diagonale della croce, che suggerisce
la profondità spaziale, la drammaticità è
espressa dalla indifesa nudità dei corpi, dallo sfondo
di tetre rovine, dalla concitazione dei toni cromatici, dalla
contrapposizione delle figure dei due ladroni, il tutto pervaso
dal senso epico di una tragedia intrisa di presagi di morte,
che ha i toni solenni di una iconografia classica e un taglio
compositivo di estrema modernità: nella sintesi di
questi contrasti si esprime la riflessione dell'artista sugli
opposti che regolano la vita dell'uomo, sul bene e sul male,
sulla vita e sulla morte, con una dolorosa, disperata presa
di coscienza dell'inevitabilità della sofferenza.
La Pasqua di Guttuso celebra la morte del Cristo, non la
sua resurrezione, manca il consolatorio messaggio cristiano,
manca la speranza della rinascita, mancano le certezze della
vita eterna, è un dramma che si consuma in silenzio,
amplificando la sofferenza individuale e trasformandola in
tragedia cosmica.
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