"Vorrei saper proclamare la dolcezza
di fissare sulla tela le anime estatiche e ferme, le cose
immobili e mute, gli sguardi lunghi, i pensieri profondi e
limpidi, la vita di gioia e non di vertigine, la vita di dolore
e non di affanno". (Felice Casorati)
Felice Casorati (1883-1963) è uno dei più completi artisti
del '900 italiano, nel senso che esprime in modo esemplare
ed ad altissimo livello le più significative istanze
di quel periodo, attraversando varie fasi poetiche in chiave
simbolista, neoclassica, novecentista, metafisica, movimenti
interpretati alla luce di quella che si può considerare
la cifra stilistica più rilevante del suo linguaggio:
una rigorosa, intellettuale attenzione alla struttura compositiva con una costante preoccupazione d'ordine e di armonia dei
valori plastici, segnici, cromatici.
Casorati, pur partecipando alle mostre del "Novecento",
di cui fu animatrice Margherita Sarfatti, mantenne sempre
una sua indipendenza, volgendo la sua ricerca alla definizione
di un concetto di forma essenziale, sulle tracce del '400
italiano e soprattutto della pittura di Piero della Francesca,
nelle atmosfere immobili e rarefatte di uno spazio geometricamente
e matematicamente concepito: ne deriva un sostanziale "antirealismo
figurativo" nel quale oggetti e personaggi vengono
trattati nello stesso modo, con la stessa eleganza geometrica
straniante in contesti silenziosi e vagamente onirici.
Quella di Casorati è infatti una pittura cerebrale,
dove la raffinatezza formale accentua il tono enigmatico
e misterioso degli insiemi, frutto di una sintesi mirabile
tra l'iniziale tendenza simbolista del primo decennio del
'900, improntata alla sofisticata pittura di Gustav Klimt,
ed il realismo degli anni venti, il "Realismo
magico", lo stesso di de Chirico, Menzio, Chessa,
Guidi, Donghi, Trombadori, che vuole recuperare i valori
tradizionali di un classicismo spazzato via dalle frange
più rivoluzionarie delle avanguardie.
Molte le donne rappresentate nelle tele di Casorati, donne
severe e composte, ieratiche, raffinate, donne in attesa,
malinconiche, rigorosamente racchiuse in una struttura compositiva
ben definita che ne blocca i gesti in una immobilità
precaria ed istantenea: come queste "Donne chine sulle
carte da gioco", del 1954, un olio su tela, 59,5 x
93 cm, dove la linea di contorno decisa definisce una curvatura
innaturale dei corpi a cui fa da contappunto quella delle
carte, dettata da una severa esigenza formale di ordine
geometrico cui forse non è estraneo lo studio di
Cezanne, in un interno domestico di semplicità assoluta,
in una dimensione che nulla ha di giocoso, ma semmai ha
l'immobilità silenziosa dell'eternità.
Paradossalmente, il centro del quadro è lo spazio
vuoto tra le donne curve e l'arco delle carte spiegate sul
tavolo, le figure e le carte hanno lo stesso ruolo, sono
in stretta correlazione, sono forme che interagiscono in
un luogo irreale, un luogo della mente, quello che l'artista
assegna alla sua rappresentazione, il luogo dell'esistenza
metafisica nel quale non ci sono gerarchie tra animato ed
inanimato e tutto si incastra magicamente secondo un'ordinata
perfezione.
La magia e la modernità di Casorati stanno proprio
qui, nella contemplazione di scene semplici e di oggetti
umili visti attraverso una tensione interiore, un'acutezza
intellettuale, una lucidità mentale che si traducono
in controllatissimo rigore compositivo e sottili equilibri
dell'insieme in grado di trasfigurare le immagini in archetipi di un'esistenza sospesa, in bilico tra realtà e finzione,
tra vita e sogno, tra inquietudine esistenziale ed impeccabile
razionalità.
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