"La formidabile novità dei quadri-
specchio di Pistoletto è proprio quella di aver creato
una giusta relazione tra passato e presente, ovvero di aver
inventato una specie di metafora dell'essenza stessa del processo
riproduttivo della pittura con mezzi anche tecnologici assolutamente
moderni" (Monferrini, 1990) .
Michelangelo Pistoletto (1933) è annovarato tra i fondatori
del movimento Arte Povera, ma è certamente riduttivo
limitarci a vederlo in questa veste perchè la sua inesauribile
vena creativa lo spinge contemporaneamente verso originali esplorazioni
personali, verso la ricerca multidisciplinare, verso nuove forme
espressive quali la Land Art e l'installazione, verso la scultura,
una scultura "povera" nella qualità dei materiali
e monumentale nella declamazione della forma, in una caleidoscopica
attività artistica che si apre sempre di più al
mondo universalmente inteso, affermando l'indissolubilità
del binomio arte-vita, una costante di tutta l'opera di questo
artista generoso e curioso.
Agli inizi degli anni '60 il suo linguaggio figurativo si
volge a quella che sarà una delle sue più interessanti
produzioni sia personali che dell'intero periodo della storia
dell'arte moderna italiana, i quadri specchianti, in cui la
figura, ripresa fotograficamente, viene ritagliata e applicata
su lastre dacciaio riflettenti.
A tal proposito l'artista dichiara: "cercando una forma
che avesse le stesse qualità dellimmagine nello
specchio , ho trovato che la cosa più vicina era la
foto. Attraverso questa soluzione il quadro coinvolgeva direttamente
lo spettatore introducendolo nel quadro che diventava anche
il suo ritratto".
La ricerca concettuale si concentra sul tema dello specchio come straordinario catturatore di immagini, supporto del ritratto
ma anche luogo di contatto con l'osservatore che, riflettendosi,
entra nell'opera, ne fa parte, la crea e la modifica interattivamente:
"Si è trattato del primo approdo ad una dimensione
nuova del tempo nello spazio e dello spettatore nel quadro
- dice Pistoletto - lo spettatore e la vita che si svolgono
di fronte allopera vengono inglobati nello spazio virtuale
dellopera stessa".
L'opera si apre dunque all'ambiente esterno, si allarga fino
a contenerne tutte le possibili prospettive, altrettante opere
nell'opera, tutte diverse, ciascuna con la stessa irripetibilità
di ogni singolo momento creativo, il tempo perde ogni valore
storico per divenire un tempo universale dove il presente,
l'immagine riflessa, si trasforma incessantemente nel passato,
quando esce dal campo visivo e scompare, e nel futuro, perchè
lo specchio è sempre pronto ad accogliere altre immagini,
altre vite, altre realtà.
Così si rende concretamente possibile una integrazione
totale in cui l'arte diviene "responsabile di una nuova
filosofia basata sull'incontro dei poli opposti, come l'assoluto
e il relativo; ...... essa deve rendere evidente la possibilità
di determinare i valori d'un vasto equilibrio. Coinvolge l'estetica
e l'etica comune .........".
E' un'arte ridotta
ai suoi valori essenziali, in questo senso è "povera",
uno schermo in cui va in scena la vita, in cui l'oggetto riflesso,
frammento di un tutto, diviene soggetto dell'opera, in cui
è possibile contenere il mondo intero, la totalità
del mondo fisico ed anche la metafora di quello metafisico,
nell'infinita serie delle possibili duplicazioni in una sorta
di moltiplicazione genetica dell'immagine: così "come gli
individui provengono da una moltiplicazione di un'entità
unitaria, il lavoro sullo specchio intende dimostrare come
lo stesso principio e lo stesso processo siano validi anche
per l'arte".
Vi sono, nello specchio, una serie di significati latenti
che aspettano di essere rivelati per concretizzarsi in immagini
momentanee e precarie, un flusso mutevole come la vita, impossibile
da rappresentarsi in modo statico e definitivo, lo specchio
è una soglia, uno stargate tra passato e futuro, è
un punto di convergenza di molteplici diversità ed
è anche un oggetto misterioso e magico che rappresenta
la possibilità di vedersi dall'esterno e di acquisire
una nuova consapevolezza di sè, perchè se non
ci guardiamo allo specchio nulla possiamo dire di noi.
Sta qui il fascino più sottile dei quadri specchianti
di Michelangelo Pistoletto, come questo "Ritratto di
Ernesto Esposito" del 1987-88, nella coincidenza fra
oggetto e soggetto della rappresentazione, dove il ritratto e l'autoritratto finalmente si fondono e lo specchio diventa
lo stagno di Narciso in cui l'osservatore si affaccia sul
proprio inconscio.
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