"La pace sembra di rado regnare su questo
mondo angosciato da ombre e parvenze". (Georges Rouault)
Georges Rouault (1871-1958) è un artista particolare, spirito libero
controcorrente, presente in molti movimenti avanguardisti ma
non classificabile in nessuno di essi, se non genericamente
nella Scuola di Parigi, sostanzialmente un isolato eppure molto
aperto ai rapporti con gli intellettuali del suo tempo (il filosofo
Jacques Maritain, lo scrittore Léon Bloy), dotato di
grande vivacità intellettuale, una curiosità onnivora,
una umanità profonda ed un senso religioso drammatico
e sofferto.
Il suo linguaggio è sicuramente radicato nel realismo
ottocentesco, sempre inequivocabilmente figurativo, certamente fauve nell'uso del colore denso, vigoroso, spesso (con i Fauves espone al Salon dAutumne del 1905), dichiaratamente
espressionista nella carica emotiva che trasuda dalle sue
tele.
Concorrono alla definizione del suo originale linguaggio espressivo le sue esperienze di apprendista nella bottega di un restauratore di vetrate ed i suoi studi come allievo
di Gustave Moreau
all'Ecole de beaux-arts di Parigi, dove la particolare predilezione da parte del maestro, che gli permette di accedere alla sua biblioteca, lo incoraggia a dedicarsi alla pittura.
Rouault arriva al sentimento religioso attraverso un doloroso
percorso personale tra la violenza, il degrado morale, l'ingiustizia
sociale, la corruzione, le miserie della vita degli uomini
su questa terra, immergendosi nella sofferenza dell'umanità,
facendola propria come ha fatto Cristo, come lui pronto ad
andare fino in fondo, con fede autentica, intensa, tanto che
comunemente Rouault è definito, per il '900, il maggior
pittore di arte sacra, alla quale si dedicò totalmente
dopo il 1940.
Tutta la sua opera, dai cicli pittorici dedicati a giudici,
prostitute e clowns (il tema del circo è uno dei più
ricorrenti in Rouault), alle straordinarie incisioni che ne
fanno uno dei massimi incisori del nostro tempo, perennemente
insoddisfatto tanto da elaborare per anni il suo lavoro, denuncia
una vera e propria vocazione alla drammaticità, ad
una meditazione lucida e disincantata sulla condizione umana,
che si fa tragica in concomitanza con lo scoppio della guerra,
intrisa di religiosità come speranza di riscatto, come
possibilità ultima di trascendenza.
Il volto e la figura del Cristo diventano progressivamente
il tema esclusivo dell'opera di Rouault, Gesù, nel
quale la sofferenza umana si coniuga con la spiritualità
divina, Gesù, l'unico che può capire, per averla
sperimentata su di sè, la dolorosa condizione dell'essere
uomo, l'unico che, in quanto figlio di Dio, può avere
la certezza di un riscatto finale, della possibilità
di affrancarsi dalla sofferenza proprio espiando attraverso
di essa.
Rouault vuole credere, non da mistico, non da santo, ma da
uomo, non vuole una religione consolatoria, spiritualistica,
sovrannaturale, vuole una fede terrestre, potente come un
lampo, che sgorga dalle lacrime e dal sangue.
In questa "La Sacra Sindone", 1933, olio su tela
di 91x65 cm, un volto di Cristo, uno dei tanti che scardinano
i canoni dell'iconografia sacra tradizionale, si legge chiaramente
il suo linguaggio formale, la volontaria rinuncia alla ricerca
del "bello", il segno forte, arcaico, bizantino,
il contrasto cromatico netto, la necessità di definire
la forma con un limite deciso, un marcato contorno nero che
afferma perentoriamente il tema, il Cristo e la sua magnetica
presenza.
Si tratta di una Sindone, attualmente conservata a Parigi,
al Musée Nationale d'Art Moderne, in cui il volto,
dai tratti fermi e marcati, emerge con forza ed evidenza dal
sudario, che si identifica nella tela stessa, incorniciato
da capelli e barba neri, a staccare bene i lineamenti dallo
sfondo, mentre sulla sommità del capo brevi tratteggi
gialli simboleggiano raggi di luce che emanano dalla figura
divina.
In una sintesi rude, essenziale, scarna, moderna ed antica
insieme, dove il semplificato realismo non arriva mai al grottesco,
si leggono la disperazione, la forza morale e la certezza
di trascendenza dell'umanità tutta: è un patto
antico che l'uomo del medioevo ha rinnovato con il suo Dio
e che oggi un'umanità reietta, osservata senza orpelli,
con partecipe pietà, chiede di rispettare.
* articolo aggiornato il 22/03/2013
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