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Georges Rouault, "La Sacra Sindone"
di Vilma Torselli
pubblicato il 11/05/2007
Sentimento religioso e partecipe pietà per gli uomini della terra in un artista che vuole credere alla possibilità di riscatto dalla sofferenza.
"La pace sembra di rado regnare su questo mondo angosciato da ombre e parvenze". (Georges Rouault)

Georges Rouault (1871-1958) è un artista particolare, spirito libero controcorrente, presente in molti movimenti avanguardisti ma non classificabile in nessuno di essi, se non genericamente nella Scuola di Parigi, sostanzialmente un isolato eppure molto aperto ai rapporti con gli intellettuali del suo tempo (il filosofo Jacques Maritain, lo scrittore Léon Bloy), dotato di grande vivacità intellettuale, una curiosità onnivora, una umanità profonda ed un senso religioso drammatico e sofferto.

Il suo linguaggio è sicuramente radicato nel realismo ottocentesco, sempre inequivocabilmente figurativo, certamente fauve nell'uso del colore denso, vigoroso, spesso (con i Fauves espone al Salon d’Autumne del 1905), dichiaratamente espressionista nella carica emotiva che trasuda dalle sue tele.
Concorrono alla definizione del suo originale linguaggio espressivo le sue esperienze di apprendista nella bottega di un restauratore di vetrate ed i suoi studi come allievo di Gustave Moreau all'Ecole de beaux-arts di Parigi, dove la particolare predilezione da parte del maestro, che gli permette di accedere alla sua biblioteca, lo incoraggia a dedicarsi alla pittura.

Rouault arriva al sentimento religioso attraverso un doloroso percorso personale tra la violenza, il degrado morale, l'ingiustizia sociale, la corruzione, le miserie della vita degli uomini su questa terra, immergendosi nella sofferenza dell'umanità, facendola propria come ha fatto Cristo, come lui pronto ad andare fino in fondo, con fede autentica, intensa, tanto che comunemente Rouault è definito, per il '900, il maggior pittore di arte sacra, alla quale si dedicò totalmente dopo il 1940.

Tutta la sua opera, dai cicli pittorici dedicati a giudici, prostitute e clowns (il tema del circo è uno dei più ricorrenti in Rouault), alle straordinarie incisioni che ne fanno uno dei massimi incisori del nostro tempo, perennemente insoddisfatto tanto da elaborare per anni il suo lavoro, denuncia una vera e propria vocazione alla drammaticità, ad una meditazione lucida e disincantata sulla condizione umana, che si fa tragica in concomitanza con lo scoppio della guerra, intrisa di religiosità come speranza di riscatto, come possibilità ultima di trascendenza.
Il volto e la figura del Cristo diventano progressivamente il tema esclusivo dell'opera di Rouault, Gesù, nel quale la sofferenza umana si coniuga con la spiritualità divina, Gesù, l'unico che può capire, per averla sperimentata su di sè, la dolorosa condizione dell'essere uomo, l'unico che, in quanto figlio di Dio, può avere la certezza di un riscatto finale, della possibilità di affrancarsi dalla sofferenza proprio espiando attraverso di essa.
Rouault vuole credere, non da mistico, non da santo, ma da uomo, non vuole una religione consolatoria, spiritualistica, sovrannaturale, vuole una fede terrestre, potente come un lampo, che sgorga dalle lacrime e dal sangue.

In questa "La Sacra Sindone", 1933, olio su tela di 91x65 cm, un volto di Cristo, uno dei tanti che scardinano i canoni dell'iconografia sacra tradizionale, si legge chiaramente il suo linguaggio formale, la volontaria rinuncia alla ricerca del "bello", il segno forte, arcaico, bizantino, il contrasto cromatico netto, la necessità di definire la forma con un limite deciso, un marcato contorno nero che afferma perentoriamente il tema, il Cristo e la sua magnetica presenza.
Si tratta di una Sindone, attualmente conservata a Parigi, al Musée Nationale d'Art Moderne, in cui il volto, dai tratti fermi e marcati, emerge con forza ed evidenza dal sudario, che si identifica nella tela stessa, incorniciato da capelli e barba neri, a staccare bene i lineamenti dallo sfondo, mentre sulla sommità del capo brevi tratteggi gialli simboleggiano raggi di luce che emanano dalla figura divina.

In una sintesi rude, essenziale, scarna, moderna ed antica insieme, dove il semplificato realismo non arriva mai al grottesco, si leggono la disperazione, la forza morale e la certezza di trascendenza dell'umanità tutta: è un patto antico che l'uomo del medioevo ha rinnovato con il suo Dio e che oggi un'umanità reietta, osservata senza orpelli, con partecipe pietà, chiede di rispettare.

* articolo aggiornato il 22/03/2013


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