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James Ensor, "L'entrata di Cristo a Bruxelles"
di Vilma Torselli
pubblicato il 11/05/2007
Il capolavoro in una grande metafora dell'esistenza, in chiave parodistica, beffarda satira della società borghese, della vita, della morte, della fede e dell'ipocrisia, parafrasi dell'assurdità e dell'ambiguità della condizione umana.
James Ensor (1860-1949) è un pittore caratterizzato da una pungente carica satirica, amaro, dissacrante, dal simbolismo acceso e fantastico con chiare sfumature di grottesco, per una esasperata visione del mondo che da lì a poco prenderà il nome di Espressionismo e scovolgerà per sempre il modo di fare arte: come Vincent Van Gogh, Edward Munch ed in parte Paul Gauguin, Ensor infatti apre la via alla più grande rivoluzione stilistica del '900, tracciando la strada dell'arte moderna.
Come per Munch e soprattutto Gauguin, l'opera di Ensor è percorsa da una tensione allucinatoria che rende il suo mondo poetico ironico e surreale e che a lui, olandese da parte di madre, arriva dai conterranei Bosch e Brugel, una vena surreale, una costante dell'arte di quei paesi se pensiamo ad altri due grandi olandesi, Magritte e Delvaux, che gli permette di attuare una sintesi del tutto personale tra sanguigne pulsioni espressioniste e fantastiche divagazioni immaginatorie.

Personaggio umanamente complesso e al di fuori della norma, Ensor venne ricompreso nella lista dei dieci 'grandi maestri' stesa da Hans Prinzhorn, psichiatra, a cui si deve "L'attività plastica nei malati di mente" (1922), raccolta di opere di personaggi psicotici dove viene tracciata la relazione tra l'attività artistica e la componente schizofrenica della personalità di alcuni grandi artisti della modernità.
Scrive: Prinzhorn ”Ci troviamo di fronte ad un fatto sorprendente: l'affinità tra il sentimento del mondo schizofrenico e quello che si manifesta nell'arte contemporanea può essere descritto con gli stessi termini...se si osservano attentamente le forme d'espressione del nostro tempo, si riscontra ovunque, nelle arti plastiche come nei vari generi letterari, una serie di tendenze, che troverebbero soddisfazione solo presso un vero schizofrenico(...). Sentiamo ovunque un gusto istintivo per la particolarità che conosciamo bene negli schizofrenici ...."
Prinzhorn era particolarmente interessato all'arte espressionista, nella quale è presente la tendenza al gioco, l'elaborazione ornamentale e la capacità di strutturazione ordinata dell'immagine, caratteristiche tutte presenti nell'opera di Ensor, nel quale tuttavia le interferenze schizofreniche di tendenza all'isolamento e all'autismo sono decisamente sfumate.

"L'entrata di Cristo a Bruxelles", del 1888-89, un olio su tela, 258 x 431 cm, oggi al Musée Royal des Beaux-Arts di Anversa, è tra i più famosi dipinti di Ensor e forse il suo capolavoro, una grande scena di massa dall'imponenza barocca, enfaticamente celebrativa se non fosse per l'ironica decontestualizzazione dell'evento-tema, il Cristo che entra in città acclamato dalla folla.
La trasposizione temporale colloca il fatto all'epoca moderna, in una città brulicante di folla, alla presenza di una banda di militari in divisa, in mezzo ad una eterogenea moltitudine di figure-fantoccio mascherate (la maschera, elemento surreale per eccellenza, ricorre spesso nei dipinti di Ensor), pupazzi inespressivi gelidamente ed ambiguamente sorridenti, mentre gli striscioni con le scritte ed i cartelli colorati conferiscono all'insieme l'atmosfera di una moderna manifestazione di piazza.
Al centro della grande tela, la figura del Cristo avanza cavalcando un asino, il capo circondato da una anacronistica aureola, poco divinamente sommerso da una folla chiassosa e scomposta, cosicchè, privato di ogni carisma, frustrato da una folla beffarda e irridente, seppellito dal grottesco corteo, il simbolo della fede cristiana perde ogni valore ideologico per divenire pretesto di una critica della società moderna ridotta ad una congrega di fantocci urlanti e indifferenti, personaggi caricaturali volutamente volgari.
A questo aspetto si rifarà, qualche decennio più tardi, la Nuova Oggettività, la "Neue Sachlichkeit" di marca espressionista, così come la ritroviamo nelle opere di Otto Dix e nel suo realismo "acido e sgorbiante" che esaspera il grottesco fino all'orrido, con minor ironia di Ensor e maggior sofferenza emotiva.

L'impostazione prospettica del dipinto secondo un punto di vista centrale focalizza l'attenzione sul Cristo che avanza, mentre due blocchi laterali di figure in primo piano incanalano la processione entro una profondità spaziale affollata ma ben chiaramente strutturata, il disegno è intenzionalmente grossolano, affidato a linee spezzate di grande potere emotivo, con deformazioni di stampo espressionista (di cui si ricorda certo Paul Klee), autonome rispetto al colore, con una loro precisa valenza segnica (Ensor fu anche abilissimo incisore), mentre il colore, che gioca un ruolo determinante in dialogo paritario con il segno, violento ed acceso nel trionfo dei rossi stesi in pennellate brevi e nervose, anticipa la corrente fauve nel libero antinaturalismo e nelle controllate dissonanze.

Una grande metafora dell'esistenza, in chiave parodistica, una beffarda satira della società borghese, della vita, della morte, della fede e dell'ipocrisia, una parafrasi dell'assurdità e dell'ambiguità della condizione umana espresse con un'enfasi tragica in cui l'ironia, feroce ed impietosa, ed il filtro del simbolismo non riescono a governare una componente di angoscia ansiosa che intride tutta l'opera e la mette in risonanza con le nostre più oscure e rimosse paure interiori.

*articolo aggiornato il 23/4/2012

link:
Arte, creatività, follia.


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