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Piero Dorazio, "Ex Imes"
di Vilma Torselli
pubblicato il 12/05/2007
Varietà compositiva ed intrinseco ordine geometrico, scansione ritmica di una partitura musicale nella pittura di artista che ha avuto influenza determinante nell'affermazione del linguaggio astratto in Italia.
Piero Dorazio (1927-2005) è una figura centrale per ciò che riguarda lo sviluppo dell'Astrattismo in Italia nel periodo postbellico (1945), epoca in cui più intensi si fanno i rapporti con il resto dell'Europa ed anche con l'America del nord, favorendo contaminazioni culturali particolarmente stimolanti e produttive.

La partecipazione di Dorazio a questo clima di fermento artistico è molto significativa, soggiorna a Parigi, ad Harvard, a Berlino, in Svizzera (dove stabilisce un proficuo legame con Jean Arp da cui deriverà la spinta definitiva verso il linguaggio astratto), insegna presso l'Università di Pennsylvania, consolidando la sua fama di artista internazionale cittadino del mondo, per recuperare poi le sue radici italiane stabilendosi a Todi e dedicandosi alla sua attività artistica ed all'insegnamento.
Questa breve premessa di carattere biografico serve a meglio far capire l'ampiezza di respiro che caratterizza il linguaggio di questo artista controcorrente, che si oppone con forza alla dilagante tendenza tachista tipica della sua epoca specialmente in Europa.

Nel 1947, assieme a Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra, Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato, che con lui costituiscono il "Gruppo Forma" o "Forma 1", Dorazio firma un manifesto programmatico pubblicato sulla rivista "Forma. Mensile di Arti figurative", per un'arte astratta che, in quel periodo di neorealismo o realismo sociale talvolta retorico saldamente figurativo, viene condannata ed osteggiata dalle forze politiche, nonostante la dichiarazione iniziale del manifesto che tende a conciliare marxismo ed astrattismo e probabilmente a parare una polemica annunciata.

Messo da parte il tradizionale concetto di linea e di colore come mezzo espressivo della soggettività emotiva (o di "fatti umani attraverso deformazioni, psicologismi e altre trovate"), mettendo a fuoco una progressiva obbiettivazione del fare artistico, in parallelo al consolidamento della propria identità poetica, secondo l'idea che la "materia configurata" abbia in sé una sua efficace espressività ("La forma è mezzo e fine") e chiamando alla partecipazione attiva il fruitore dell'opera, la pittura di Dorazio invia una serie di stimolazioni percettive basate su microstrutture intrinseche, su immagini ambigue suscitatrici di processi formativi in cui lo spettatore è coinvolto in maniera determinante.

L'amore per la tela di grandi dimensioni, che gli permette una versione gestuale della pennellata, distesa in vivaci ritmi cromatici modulati dalla luce, denunciano il rapporto con l'astrattismo e l'informale della pittura dell'America degli anni '50 (dove Dorazio conosce attraverso Roberto Matta importanti rappresentanti di quell'intensa stagione artistica), evolvendo poi le sue costruzioni compositive di ispirazione rigorosamente geometrica verso una trama a fitto reticolo lineare e strutture dalla ritmica più distesa, grandi bande verticali dai colori accesi, con la ricerca di effetti spaziali ed ottici che possono farlo rientrare in un grande gruppo etrogeneo di artisti internazionali genericamente definibili spazialisti ( Fontana, Rothko, Newmann, Castellani e altri).

Questo "Ex Imes", 2000, un olio su tela di 65 x 170 cm, alla Galerie Valentien, Stuttgart, riassume le caratteristiche salienti del linguaggio di Dorazio nella scansione ritmica delle bande colorate sovrapposte ed intersecantesi in una mossa varietà compositiva in cui è tuttavia presente un rigoroso ordine intrinsec. La luce innesca un movimento verso destra che guida l'occhio dell'osservatore secondo una precisa tensione dinamica, citazione optical che ci riconduce alla Op Art, ma pur nella grande varietà delle modulazioni, non viene mai meno il senso strutturale dell'insieme governato da una ordinata partitura "musicale".

Non è una novità la commistione tra arte visiva e musica (pensiamo a Kandinskij, Mondrian, Malevic, Pollock, Rauschenberg, alle sperimentazioni di John Cage), ma l'interesse di Dorazio per la musica, in particolare per il jazz, a partire fin dagli anni della contestazione giovanile, è per l'Italia uno degli esempi più emblematici di come due forme espressive diverse, pur conservando precise ed autonome connotazioni, possano instaurare un dialogo proficuo sulla base di una fondamentale affinità, ai fini di una reciproca innovazione linguistica.

* articolo aggiornato il 12/05/2013


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