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Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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Piero Dorazio, "Ex Imes"
di Vilma Torselli
pubblicato il 12/05/2007 |
Varietà compositiva
ed intrinseco ordine geometrico, scansione ritmica di una partitura
musicale nella pittura di artista che ha avuto influenza determinante
nell'affermazione del linguaggio astratto in Italia. |
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Piero Dorazio (1927-2005) è una figura centrale per
ciò che riguarda lo sviluppo dell'Astrattismo in Italia
nel periodo postbellico (1945), epoca in cui più intensi
si fanno i rapporti con il resto dell'Europa ed anche con l'America
del nord, favorendo contaminazioni culturali particolarmente
stimolanti e produttive.
La partecipazione di Dorazio a questo clima di fermento artistico
è molto significativa, soggiorna a Parigi, ad Harvard,
a Berlino, in Svizzera (dove stabilisce un proficuo legame con
Jean Arp da cui deriverà la spinta definitiva verso il
linguaggio astratto), insegna presso l'Università di
Pennsylvania, consolidando la sua fama di artista internazionale
cittadino del mondo, per recuperare poi le sue radici italiane
stabilendosi a Todi e dedicandosi alla sua attività artistica
ed all'insegnamento.
Questa breve premessa di carattere biografico serve a meglio
far capire l'ampiezza di respiro che caratterizza il linguaggio
di questo artista controcorrente, che si oppone con forza alla
dilagante tendenza tachista tipica della sua epoca specialmente
in Europa.
Nel 1947, assieme a Carla Accardi, Ugo Attardi, Pietro Consagra,
Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato,
che con lui costituiscono il "Gruppo Forma" o "Forma
1", Dorazio firma un manifesto programmatico pubblicato
sulla rivista "Forma. Mensile di Arti figurative",
per un'arte astratta che, in quel periodo di neorealismo o realismo
sociale talvolta retorico saldamente figurativo, viene condannata
ed osteggiata dalle forze politiche, nonostante la dichiarazione
iniziale del manifesto che tende a conciliare marxismo ed astrattismo
e probabilmente a parare una polemica annunciata.
Messo da parte il tradizionale concetto di linea e di colore
come mezzo espressivo della soggettività emotiva (o di
"fatti umani attraverso deformazioni, psicologismi e altre
trovate"), mettendo a fuoco una progressiva obbiettivazione
del fare artistico, in parallelo al consolidamento della propria
identità poetica, secondo l'idea che la "materia
configurata" abbia in sé una sua efficace espressività
("La forma è mezzo e fine") e chiamando alla
partecipazione attiva il fruitore dell'opera, la pittura di
Dorazio invia una serie di stimolazioni percettive basate su
microstrutture intrinseche, su immagini ambigue suscitatrici
di processi formativi in cui lo spettatore è coinvolto
in maniera determinante.
L'amore per la tela di grandi dimensioni, che gli permette una
versione gestuale della pennellata, distesa in vivaci ritmi
cromatici modulati dalla luce, denunciano il rapporto con l'astrattismo
e l'informale della pittura dell'America degli anni '50 (dove
Dorazio conosce attraverso Roberto Matta importanti rappresentanti
di quell'intensa stagione artistica), evolvendo poi le sue costruzioni
compositive di ispirazione rigorosamente geometrica verso una trama
a fitto reticolo lineare e strutture dalla ritmica più
distesa, grandi bande verticali dai colori accesi, con la ricerca
di effetti spaziali ed ottici che possono farlo rientrare in
un grande gruppo etrogeneo di artisti internazionali genericamente
definibili spazialisti ( Fontana, Rothko, Newmann, Castellani e altri).
Questo "Ex Imes", 2000, un olio su tela di 65 x
170 cm, alla Galerie Valentien, Stuttgart, riassume le caratteristiche
salienti del linguaggio di Dorazio nella scansione ritmica
delle bande colorate sovrapposte ed intersecantesi in una
mossa varietà compositiva in cui è tuttavia
presente un rigoroso ordine intrinsec. La luce innesca
un movimento verso destra che guida l'occhio dell'osservatore
secondo una precisa tensione dinamica, citazione optical che
ci riconduce alla Op Art, ma pur nella grande varietà
delle modulazioni, non viene mai meno il senso strutturale
dell'insieme governato da una ordinata partitura "musicale".
Non è una novità la commistione tra arte visiva
e musica (pensiamo a Kandinskij, Mondrian, Malevic, Pollock,
Rauschenberg, alle sperimentazioni di John Cage), ma l'interesse
di Dorazio per la musica, in particolare per il jazz, a partire
fin dagli anni della contestazione giovanile, è per
l'Italia uno degli esempi più emblematici di come due
forme espressive diverse, pur conservando precise ed autonome
connotazioni, possano instaurare un dialogo proficuo sulla
base di una fondamentale affinità, ai fini di una reciproca
innovazione linguistica.
* articolo aggiornato il 12/05/2013
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