La pittura di Tamara de Lempicka (1898-1980) riassume, riproponendoli
con una certa platealità, molti caratteri delle correnti
contemporanee, la costruzione geometrica del volume di matrice
cubista, per la verità nella sua chiave di lettura più
superficiale attraverso la lezione di André Lhote, la
mossa plasticità futurista (conobbe e frequentò
Marinetti), il decorativismo estetizzante dell'art decò,
con spunti liberty collegabili alla cartellonistica pubblicitaria,
nuova forma d'arte di inizio secolo che punta sulla gradevolezza
della comunicazione e miscela elementi classici, romantici e
surrealisti.
Pittrice di acclarate capacità tecniche, Tamara de Lempicka
stende il colore in pennellate estremamente accurate che mettono
in risalto volumi netti e levigati, forme corpose simili ad
anomale decorazioni di vivace cromatismo e di indubbia eleganza,
monumentali figure allo specchio di decadente bellezza e maestosità
classicheggiante (traccia dell'insegnamento di Maurice Denis),
seduttive nella loro leggiadria stereotipata, assorte in pose
plastiche studiatamente composte, in assoluta immobilità:
tema prediletto il ritratto, persone celebri, uomini, donne,
nudi, presenze ambigue ed inquietanti in sontuosi interni floreali.
Prima che artista, Tamara de Lempicka è un personaggio
eccentrico ed anomalo che pare uscito da un romanzo di Fitzgerald,
dannunziana (conobbe il Vate in un suo soggiorno italiano) negli
eccessi e nelle contraddizioni di una vita spesa tra grandiose
messe in scena e teatrali mondanità.
Questo ,"Autoritratto" del 1928, olio su tavola
di 35 x 26 cm, molto noto, eseguito in origine per le pagine
della rivista "Die Dame", è un'immagine-simbolo
sia dell'artista, sia del periodo storico a cui appartiene,
è un autoritratto che propone un ideale femminile bello
ed altero, icona della donna moderna padrona del suo destino,
al volante di un'auto verde, una Bugatti, marchio di fabbrica
simbolo del gusto estetico di quei tempi, oggetto-culto della
poetica futurista, simbolo-tipo della modernità, auto
che pare la de Lempicka non abbia mai avuto, ma che fa parte
dei desideri di possesso di tutta un'epoca, di un immaginario
collettivo non solo degli anni '20-'30.
Le linee del disegno sono nette e precise, l'immagine è
resa con estrema padronanza esecutiva e tuttavia senza freddezza,
il taglio scorciato crea la profondità spaziale dell'abitacolo
ed il senso del dinamismo, la donna ritratta, somigliante
piuttosto vagamente all'artista, avvolta in un mantello mosso
dal vento, guarda nel vuoto con fredda fissità, quasi
annoiata: è una pittura marcata ed aggressiva,
l'ostentazione di una personalità anticonformista,
spregiudicata e trasgressiva come in realtà fu l'autrice,
ribelle alle norme borghesi, senza pregiudizi verso atteggiamenti
saffici e comportamenti androgini in un'ambiguità sessuale
forse in parte esibita per consolidare il proprio mito.
Certo è che le sue immagini raffinate ed eccessive
sono il segno peculiare di un'epoca, dello spirito di un tempo
lussuoso e decadente, scintillante e squallido, pieno di contraddizioni,
come era lei stessa, artista per certi versi indecifrabile
che ".......par une apparente froideur, suggère
des sentiments qui généralement logent à
l'autre pole et passe de l'expression de la volupté
à celle da la chasteté". (Arséne
Alexandre)
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