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COSE DA NIENTE
di Alessandro Tempi
pubblicato il 11/05/2020
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Un libretto di Paul Bowles della collana Starstreams dell'editrice Bardo Matrix, nato negli ambienti degli espatriati occidentali giunti in Nepal sulla via della leggendaria Hippy Trail che da Istanbul arrivava fino in India. |
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Frontespizio di Next to Nothing |
Su certe cose credo di essere un buon segugio e tempo fa scaricai dalla rete la riproduzione fotografica in pdf di “Next To Nothing” un poemetto di uno dei miei autori preferiti, Paul Bowles (1), pubblicato per la prima volta a Kathmandu nel 1976. Sul momento mi limitai a prendere atto dell’esotismo della cosa - tipica del resto di un poeta cosmopolita come Bowles -, senza degnare di molta attenzione la casa editrice.
Per quello che si poteva distinguere dalla riproduzione fotografica, il libretto era frutto di una stampa alquanto artigianale su carta visibilmente prodotta a mano e altrettanto artigianalmente rilegato a filo, cucito direttamente sulla copertina.
Un’edizione molto “underground”, insomma, che ben si attagliava al personaggio, poeta, musicista, espatriato e amico dei maggiori outsider della letteratura americana e non. Solo più tardi e quasi per caso ho voluto approfondire chi o cosa ci fosse dietro il nome degli editori di questa pubblicazione: The Bardo Matrix.
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Paul Bowles a Tangeri, 1979 (foto di Birgit Stephenson) |
Bardo, come si sa, è un termine tibetano che per i buddhisti indica l’intervallo fra la morte e la rinascita. È dunque una sorta di stato intermedio che viene descritto in un’opera abbastanza nota anche in Occidente, intitolata Bardo Thodol e che fin dalla sua prima in italiano nel 1949 suona come Il libro tibetano dei morti. Che un libro di poesia apparso per la prima volta in Nepal fosse stato stampato da una casa editrice con un nome tanto suggestivo risultava affascinante, ma soprattutto coerente. Così mi sono messo sulle tracce degli editori.
The Bardo Matrix/Dreamweapon Press – questo il suo nome per intero – era una casa editrice fondata all’inizio degli anni Settanta a Kathmandu. Secondo Johan Kugelberg (2) che di queste cose se ne intende, i fondatori ne erano Angus MacLise, artista e performer statunitense noto per essere stato il primo percussionista dei Velvet Underground (3) oltre che assiduo collaboratore di La Monte Young (4) e Ira Cohen, poeta, fotografo e film-maker. Stando a Mark Liechty (5), intorno alla Bardo Matrix ruotavano anche altri personaggi che appartenevano alla comunità degli espatriati occidentali in Nepal. Bisogna ricordare che quegli erano gli anni in cui moltissimi occidentali, perlopiù giovani, giungevano in quel paese seguendo la leggendaria Hippy Trail che da Istanbul arrivava fino in India. Il Nepal in particolare suscitava grande attrattiva, presumibilmente non solo per le scenic views della catena himalayana, ma anche perché, come si evince dal libro di Charles Duchaussois (6), nelle vie del centro di Kathmandu ed in particolare sulla famigerata Freak Street lo smercio di cannabis rimase legale fino agli anni Settanta.
Non lontano da lì vi era anche la libreria Spirit Catcher, fondata in quegli stessi anni da John Chick (7) insieme – pare - ad Angus MacLise. John Chick non è un personaggio casuale, in questa storia, perché il nome della casa editrice probabilmente lo si deve a lui, che lo suggerì ai due fondatori come continuazione ideale dell’attività di un collettivo artistico (cinema d’avanguardia e psychedelic lightshow) con la stessa denominazione di cui aveva fatto parte nei primissimi anni Sessanta a Boulder, nel Colorado (8). Indubbiamente doveva far parte dello spirito del tempo - e del luogo, aggiungerei - che i confini fra un’attività ed un’altra non fossero tanto marcati. Così allo Spirit Catcher si potevano trovare poster e chincaglieria psichedelica, pubblicazioni della Bardo Matrix e perfino tascabili di seconda mano, ma vi si svolgevano anche reading di poesia e performance. Alla Bardo Matrix si stampava un po’ di tutto: pamphlet, libri e opuscoli, poster, perfino volantini e locandine di eventi ed anche un periodico denominato Ting Pa; se ne poteva stampare poche dozzine di copie o centinaia di copie, anche perché le tecniche volutamente artigianali utilizzate – stampa in rilievo, xilografia, carta e inchiostri fatti a mano - non assicuravano certo tirature industriali. Ma l’idea era quella di stampare qualcosa che fosse a buon mercato ma di aspetto gradito a tutti coloro che frequentavano Freak Street, povera ma à la page, insomma. Angus MacLise, del resto, non era nuovo a questo genere di soluzioni, che aveva cominciato a praticare negli anni Cinquanta a Parigi, quando insieme a Piero Heliczer (9) aveva dato vita alla Dead Language Press per pubblicare libri d’artista e edizioni uniche utilizzando le tecniche più inconsuete, come quella di stampare sulla corteccia d’albero.
Nel 1976 Paul Bowles scrisse “Next To Nothing” e lo inviò a Ira Cohen (10) perché fosse pubblicato nella collana Starstreams della Bardo Matrix. E così avvenne. Ne scaturì un opuscolo di 38 pagine stampato in 500 copie numerate su carta di riso nepalese e corredato da illustrazioni a cui lavorarono ben sei artisti, tutti del giro della Bardo Matrix (11). Come forse suggeriva il titolo (12), il poemetto Next To Nothing fu più dimessamente ripubblicato nel 1981 nella raccolta Collected Poems dalla Black Sparrow Press. Angus MacLise era già morto da due anni e Ira Cohen già ritornato a New York. Kathmandu non era già più quella di prima.
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Quarta di copertina di Next to Nothing |
1) Paul Bowles (1910-1999) fu uno scrittore e musicista americano noto in Italia per essere l’autore del romanzo Il Tè nel deserto (1949), dal quale Bernardo Bertolucci trasse nel 1990 il suo omonimo film. Ma la sua vita di scrittore si è spesso intersecata con quella dei maggiori esponenti della Beat Generation e della cultura Underground.
2) Johan Kugelberg, svedese trapiantato negli Stati Uniti, è una vera autorità nel campo della documentazione e dell’archivistica contemporanea. Dopo aver lavorato nell’industria discografia, ha fondato il centro di documentazione Boo-Hooray per la raccolta, la conservazione e la collocazione di materiale documentario e archivistico relativo ad avanguardie e controculture musicali e artistiche del dopoguerra. Oltre che consulente di case d’asta come Christie e Phillips de Pury, Kugelberg svolge attività didattica presso prestigiose università americane e canadesi.
3) Velvet Undergroung furono il mitico quartetto rock degli anni Sessanta, da cui iniziarono le carriere di Lou Reed e John Cale.
4) La Monte Young (1935-) è un compositore, musicista e artista statunitense. Dopo una prima esperienza nel Movimento Fluxus all’inizio degli anni Sessanta, viene generalmente ricordato per essere stato il primo compositore minimalista.
5) Mark Liechty, Far Out: Countercultural Seekers and the Tourist Encounter in Nepal, University of Chicago Press, 2017.
6) Charles Duchaussois, Flash ou le Grand Voyage, Fayard, 1971 (trad. it. SEI, Torino, 1972).
7) John Chick (1944-2013) dopo aver lavorato negli anni Sessanta nell’ambito della grafica e dell’editoria psichedelica con Chet Helms, il leggendario promotore della controcultura di San Francisco, nel 1969 si trasferì a Kathmandu, dove aprì non solo la libreria Spirit Catcher, ma anche il Rose Mushroom Nightclub, destinati a diventare centri di attrazione dei giovani hippy occidentali.
8) https://www.sea-urchin.net/audio-video/sloow-tapes/john-chick-hippie-histories/.
9) Piero Heliczer (1937-1993) è stato un poeta, film-maker e editore attivo sulla scena underground a New York (dove fu un frequentatore della Factory di Andy Warhol), Parigi, Amsterdam e Londra. Era nato a Roma, ma nel primo dopoguerra si era trasferito negli Stati Uniti. Alle superiori era stato compagno di scuola di Angus MacLise.
10) La storia di come andò, raccontata dal punto di vista di Ira Cohen, può essere letta a questo indirizzo web: http://www.bigbridge.org/issue5/irabook.htm
11) Oggi il poemetto può essere scaricato a questo indirizzo web: http://cuneiformpress.com/wp-content/uploads/2014/08/Next-to-Nothing-Complete.pdf.
12) L’espressione next to nothing significa in italiano poco o niente.
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