Fino al 5 gennaio è possibile visitare l’esposizione “Macchiaioli. Realismo impressionista” alla Fundación Mapfre di Madrid.
La proposta di considerare i Macchiaioli come il movimento impressionista d’Italia, è partita dal Museo d’Orsay di Parigi che ha organizzato l’esposizione “I Macchiaioli 1850-1874. Impressionisti italiani?”, visibile fino al luglio scorso. Il titolo, scelto per riqualificare il movimento attraverso il paragone con i colleghi francesi, risulta invece inappropriato perché subordinato ad una logica di arte gerarchica, ormai superata.
I Macchiaioli possono essere considerati un importante movimento artistico con una propria specificità che non ha bisogno di essere omologata ad esperienze straniere, anche se è indubbio che ci siano state influenze e contatti con i pittori francesi, come è sempre avvenuto in tutte le epoche.
In mostra si possono vedere le opere più famose di Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Giuseppe Abbati, Silvestro Lega, Giovanni Boldini, Federico Zandomeneghi, Odoardo Borrani etc., tutte provenienti delle principali collezioni italiane.
Il percorso, suddiviso in sale tematiche, parte dalle origini del movimento, dove si può percepire ancora il legame con l’immaginario romantico italiano e segue, nella sala successiva, con le iconografie più tipiche che rappresentano: il lavoro negli spazi aperti, il paesaggio agreste toscano, attimi di vita quotidiana.
Gli artisti che si incontravano al Caffè Michelangelo a Firenze, ribelli rispetto all’Accademia, lasciarono scuole e atelier per sperimentare una nuova maniera di concepire e fare pittura, en plein air utilizzando in alcuni casi, l’ausilio della nascente fotografia.
Questa attenzione al dato reale, li portò a concentrarsi sullo studio del colore, dando grande importanza alla luce, che è la vera protagonista delle opere. Allo stesso tempo, rivoluzionarono la tecnica pittorica attraverso una stesura a macchia, peculiarità che li rende pionieri di una premodernità italiana e li mette in relazione con gli artisti francesi che, negli stessi anni, lavoravano in maniera simile.
Nonostante il titolo possa far pensare a una lettura forzata del movimento, bisogna comunque sottolineare elementi curatoriali interessanti come la volontà di rimarcare la specificità del movimento e quindi anche il proprio background artistico e intellettuale italiano.
Basti pensare a Beato Angelico e Piero della Francesca, la cui eredità si ritrova soprattutto nelle composizioni e nelle prospettive di interni.
Nella sala dedicata all’unità d’Italia, si propone uno spaccato interessante del periodo risorgimentale di cui i Macchiaioli sono stati “reporter”.
Il gruppo di artisti infatti descrisse in maniera appassionata le lotte di indipendenza contro gli austriaci e la nascita di una volontà patriottica simboleggiata dal fiorire di bandiere italiane (cucite e nascoste nelle case o sbandierate nei momenti di guerriglia urbana).
Un’ultima sala è dedicata all’immaginario intimo, occupato dalla rassicurante e tipica figura femminile nel focolare domestico.
Nelle altre sale sono numerose le opere che ritraggono le donne in spazi aperti (soprattutto campi di lavoro) o in momenti di relax borghesi ma quando sono ritratte come protagoniste, appaiono spesso in spazi chiusi, casalinghi nonostante, allo stesso tempo, venga loro conferito un ruolo necessario per la fondazione di un’ Italia utopica (in 26 aprile 1859 a Firenze di Odoardo Borrani una donna cuce, con pazienza e concentrazione una grande bandiera tricolore). |