Al GAM di Torino, per la prima volta in Italia in una mostra dal titolo "Roy Lichtenstein. Opera prima", sono esposti 235 lavori di Roy Lichtenstein che hanno come fulcro tematico le 'Prime Idee', le primigenie fonti ispirative della sua opera, disegni su carta e dipinti di grande formato eseguiti in un arco temporale che va dai primi anni '40 al 1997, anno della morte, integrati da una documentazione fotografica che lo ritrae al lavoro.
La mostra a cura di Danilo Eccher, direttore del GAM, è stata realizzata in collaborazione con l’Estate e la Roy Lichtenstein Foundation e grazie ai prestiti di musei internazionali quali la National Gallery di Washington, il Museum of Modern Art e il Whitney Museum di New York, l’Art Institute di Chicago, oltre a collezioni pubbliche e private europee e italiane.
Per la verità, già cinquant'anni fa, nel 1964, Torino ha ospitato una mostra dedicata a
Lichtenstein, tuttavia quella attuale presenta caratteri di indiscussa originalità perché propone l'aspetto meno noto della sua produzione, dove ancora non compare la tipica veste tipografica con puntinatura ad effetto pointillisme: vengono infatti esposti soprattutto disegni, molti inediti o provenienti dalla collezione personale dell'autore, fra i quali un famoso 'Mikey Mouse' eseguito a china nel 1958, anticipazione della futura produzione ispirata al mondo dei fumetti.
La mostra rappresenta quindi un'occasione unica per capire le origini e l'evoluzione del linguaggio di questo artista che solo attorno agli anni '60 si orienta verso le tipiche immagini ingrandite e dilatate che esprimono, con gli stessi mezzi della grafica pubblicitaria e della stampa di bassa qualità, la banalizzazione operata dall'informazione di massa sulla realtà.
Lo stesso Lichtenstein dichiarava: "..... ho dipinto fumetti e puntini per soli due anni. Possibile che nessuno si sia mai accorto che ho fatto altro?", e questa mostra vuol dimostrare proprio la varietà e la vastità degli interessi culturali di un artista che si è interessato, oltre che all'arte visiva, anche al design, alla musica, specie al jazz, allo studio delle avanguardie europee.
Pur collocandosi nell'ambito della Pop Art, Lichtenstein non è, in realtà, artista autenticamente popolare, il suo metodo di lavoro è molto è sofisticato e minuzioso, il procedimento grafico prevede una elaborata esecuzione specialistica, il rapporto con le sue stesse teorie sull'arte è costante e quasi ossessivo, le sue opere, come ben si osserva in quelle di grande formato, hanno un'aulicità e una solennità che le avvicinano alla monumentalità classica di un Seurat, di un Poussin.
Tutto ciò denuncia in Lichtenstein la costante tensione verso un risultato estetico formalmente elaborato, frutto della contaminazione tra la cultura popolare ed il linguaggio pittorico di un intellettuale colto e raffinato: il risultato si concretizza in immagini ironiche, colorate, espressive di un mondo spensieratamente consumistico ed entusiasticamente moderno che ci dimostrano, in linea con la filosofia pop, come ogni cosa possa divenire arte, anche l'immagine di un "fumetto", quando estrapolata dal proprio contesto e diventata autonoma.
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