A cinquant’anni dalla scomparsa di Antonio Ligabue, la comunità di Gualtieri, città della bassa reggiana dove l'artista ha trascorso 40 anni della sua vita, ha sentito la necessità morale di preservarne e diffonderne la memoria ed ha costituito la Fondazione Museo Antonio Ligabue, a cui si deve, come prima iniziativa dalla sua istituzione, l'organizzazione di una grande antologica in corso fino a novembre. Intanto, è già in fase avanzata di studio il progetto per un programma di esposizioni sia in Italia che all'estero che siano occasione per diffondere una corretta lettura critica dell'opera di questo artista per certi versi ancora incompreso: afferma infatti Sandro Parmiggiani, che con Sergio Negri ha curato l'organizzazione della mostra: "le ragioni dell’esperienza esistenziale sono sembrate inesorabilmente prevalenti rispetto a quelle artistiche. Ci si è dunque proposti di fare il percorso inverso: non dalla vita all’opera, ma dall’opera alla vita".
Viene revisionata quindi la chiave naïf spesso utilizzata per la lettura più facile e banale di una pittura in realtà selvaggia, aggressiva, violenta, istintiva e patologica, espressa da una personalità borderline forse psicotica, forse nevrotica, che ha trovato nella follia la condizione non sufficiente ma forse necessaria per la libera espressione della propria creatività artistica.
A Palazzo Bentivoglio, nel Salone dei Giganti e nelle Sale dell’Eneide e di Giove la mostra espone 180 opere dell'artista, tra cui 85 dipinti, 15 disegni, 10 incisioni, oltre a varie sculture in bronzo e terracotta.
A cura dell'architetto Mario Botta l’allestimento espositivo del Salone dei Giganti, una "meraviglia architettonica" come lui stesso dichiara, scelta come punto focale, come "cuore stesso dell’antologica dell’artista selvaggio e primitivo, vissuto nei decenni scorsi ai margini di questa città, che ora viene riconosciuto per la profondità del suo essere e per la sapienza del suo fare”.
Le opere, suddivise in tre periodi cronologici dal 1928 al 1962, comprendono i massimi capolavori di Ligabue, "Tigre con serpente, gazzella e scheletro", "Leopardo che assale un cigno", "Tigre reale" "Autoritratto con pianoforte e torre", "Autoritratto con berretto da motociclista", "Autoritratto con berretto da fantino" , "Carrozze con postiglione", "Lotta di galli" e molti altri, alcuni dei quali inediti: la mostra mette anche in evidenza il legame empatico con questa terra, antica e contadina, nella quale affonda le radici la vena ispirativa di un artista spesso, anche per la drammatica coincidenza della loro personale, sofferta vicenda umana, avvicinato a van Ghog del quale, per definizione di Vittorio Sgarbi, appare quasi una variante "padana".
Anche la città di Parma, fino al 30 ottobre 2015 presso la Galleria Centro Steccata, rende omaggio a Ligabue con la mostra “Antonio Ligabue e Pietro Ghizzardi tra genio e follia”, ponendo particolare attenzione alla sua produzione scultorea e grafica presentando 34 sculture realizzate tra il 1935 e il 1958 e 20 incisioni (puntesecche) realizzate tra gli anni ‘50 e ’60.
Questa importante raccolta di bronzi, nota come “Il Bestiario di Ligabue scultore” perché composta prevalentemente da figura di animali, straordinario corpus pressoché completo della sua opera scultorea, può essere oggi mostrata al pubblico grazie alla ricerca di Ennio Lodi, tra i primi estimatori dell’artista.
Già conclusa nel luglio scorso a Palazzo Sarriod de La Tour a Costigliole Saluzzo (CN), la mostra "Antonio Ligabue e i candidi visionarii" a cura di Nicola Mazzeo e Ivana Mulatero, realizzata in collaborazione con la Casa Museo Antonio Ligabue e la Casa Museo Rovesti di Gualtieri, la Casa Museo Pietro Ghizzardi di Boretto e numerose collezioni private. |