Grande mostra monografica a cura di Francesco Stocchi e Rem Koolhaas, in collaborazione con 'Estate of Sol LeWitt', resa possibile grazie ai prestiti di prestigiose istituzioni pubbliche come il Whitney Museum, in occasione dei 10 anni decorsi dalla morte di Solomon 'Sol' LeWitt, avvenuta a New York nel 2007.
Molte e fondamentali le opere esposte, 16 sculture (da Complex Form a Hanging Structures), fotografie (Autobiography) e 7 dei celebri Wall Drawings, in gran parte ideati da LeWitt durante i soggiorni italiani nella sua casa di Spoleto, a coprire tutto l'arco temporale del suo iter artistico.
Filo conduttore della mostra il rapporto di LeWitt con l’architettura, il che giustifica l'esordio di Rem Koolhaas per la prima volta in veste di curatore di una mostra d'arte, che dice: "Non c’è molta differenza tra essere progettista, curatore, artista o fashion designer. L’importante è riuscire, con gli strumenti a disposizione, a dare una dimensione nuova, diversa, speciale a quello che si realizza."
In questo caso nessuno è più adatto di lui, in quanto architetto, già direttore della Biennale d’architettura di Venezia del 2014, vincitore del Premio Pritzker del 2000, per fornirci una nuova chiave di lettura dell'opera di LeWitt in rapporto alle strutture architettoniche che hanno accolto le sue opere.
Abolita ogni sudditanza nel nome di una sostanziale parità delle varie categorie artistiche, Koolhaas ribalta il concetto di pittura decorativa di superfici murarie a beneficio di una visione unitaria tra arte ed architettura in cui il dipinto non si sovrappone alla parete, ma la trasforma in un'opera site specific indivisibile dal supporto in una simbiosi linguistica totale per un nuovo approccio alla psicologia della visione nella quale la percezione diviene un fenomeno fluido in un indistinto continuum spazio-temporale.
E' quanto lo stesso Koolhaas dichiara individuando il fulcro del lavoro di LeWitt "Non tanto nell’idea di un’opera che rimane immobile nel tempo, quanto in una percezione variabile, differente da persona a persona. I suoi lavori non subiscono così il peso del tempo e nemmeno quello della nostalgia". Ciò perché, in perfetta sintonia con le parole dello stesso LeWitt, "L'opera è una manifestazione di un'idea. È un'idea, non un oggetto."
Artista concettuale (fu co-fondatore del movimento, fondamentale il suo scritto "Paragraphs on Conceptual Art") con significativi rapporti con Ecart e con Fluxus, LeWitt struttura l'idea di un'arte che sia prima di tutto progettuale, che sia concretizzazione di un'idea indipendentemente dall'esecutore materiale chiamato a realizzarla, proprio come fa un architetto-progettista con le sue opere, tenendo presente, come ammonisce LeWitt, che "Idee banali non possono essere salvate da una bella realizzazione."
Pur essendo la realizzazione del tutto secondaria rispetto all'idea, è necessario che vengano rispettate le istruzioni lasciate dall'artista (e gestite da Estate of Sol LeWitt), il metodo esecutivo, le regole e le intenzioni, delegando all'individualità dell'esecutore la dose di soggettivismo, il margine di libertà o di imprecisione tipici di ogni creazione artistica, così come è libero e spesso casuale il nesso tra l'opera e l'ambiente in cui si colloca, in questo caso un antico palazzo quattrocentesco in mattoni nel centro di Milano, riadattato allo scopo espositivo nel 1991 da Gae Aulenti. |