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Testi di Vilma Torselli su "Antithesi", giornale online di critica d'architettura.
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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
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Milano, apre il Museo delle Illusioni, con incredibili installazioni, illusioni visive, giochi e rompicapi. |
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All'estero
Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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Milano, MILANO POP Pop Art e dintorni nella Milano degli anni '60/'70
di Vilma Torselli
pubblicato il 03/03/2019
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In mostra il pop italiano, punti di contatto e differenze profonde con la matrice pop americana. |
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Giangiacomo Spadari, "Metropolitana", 1973
acrilico su tela, cm 100x100
ph. Bruno Bani |
Nello spazio espositivo di Palazzo Lombardia che ospita la sede regionale, si svolge la mostra "MILANO POP. Pop Art e dintorni nella Milano degli anni '60/'70”, collettiva a cura di Elena Pontiggia.
Protagonisti i maggiori artisti pop degli anni d’oro di un movimento che, partendo dall’America, ha pesantemente coinvolto tutto il mondo dell’arte europea mettendo in atto una oculata e lungimirante strategia politica, mediatica e finanziaria da parte di un paese in cui l'aspetto economico e commerciale di ogni fenomeno di costume o di cultura ha sempre avuto un ruolo preponderante.
Se la critica più accreditata, specialmente nella persona del critico Harold Rosenberg, almeno inizialmente accoglie con poco entusiasmo la Pop Art, ben presto il supporto che l'America fornisce ai suoi artisti è totale e capillare, dai direttori dei maggiori musei d'arte moderna al gallerista italo-americano Leo Castelli, proprietario con la moglie Ileana Sonnabend di una catena di prestigiose gallerie in America ed in Europa che si fanno garanti di un'efficace attività propagandistica e divulgativa.
Grazie a ciò, una nazione giovane e ricca è stata in grado di coinvolgere indiscriminatamente artisti, critici, galleristi, collezionisti, pubblico, dando inizio ad uno dei più importanti imperialismi culturali che mai abbiano dominato il mondo dell'arte, facendo dell'America la culla di ogni nuovo movimento artistico importante che fosse nato in futuro (Concettualismo, minimal art, body art, land art ecc.). Per consolidare questo primato, la rassegna "The Responsive Eye" del '65, organizzata dal MOMA di New York, lancia sul fronte internazionale anche l'optical art, peraltro già apparsa in Europa con assai meno scalpore (e, come sempre, meno dispiegamento di risorse).
Anno fatidico da cui tutto discende è ufficialmente il 1964, quando alla Biennale di Venezia il Gran Premio viene assegnato al padre spirituale della Pop Art, Robert Rauschenberg, primo statunitense a ricevere un riconoscimento così prestigioso nel sacrario della cultura visiva europea.
La Pop Art, già anticipata con una collettiva a New York del 1962, "The New Realistsal", rappresenta un fenomeno tipicamente americano, seppure di indiscutibile matrice europea che, grazie alla grande disponibilità dei mezzi economici messi in campo, neutralizza sia la nascente Popular Art inglese sia il Nouveau Réalisme italo-francese, parenti poveri della grande famiglia new dada.
Con l'Espressionismo Astratto prima e con la Pop Art poi l'America finisce così per avere finalmente un'arte nazionale che la rappresenta, liberata dall'influenza culturale della vecchia Europa, quantomeno è questa l'immagine che vuol dare di sé al resto del mondo imponendo l'american life in tutte le versioni possibili.
In realtà già negli anni ’40 la cultura europea aveva piantato radici oltreoceano grazie ad un gruppo di artisti, soprattutto surrealisti, in fuga dalle leggi razziail promulgate nell'Europa hitleriana, che in America avevano trovato rifugio ed accoglienza contribuendo allo sviluppo della cultura visiva di quel paese in un clima culturale aperto e disponibile a contaminazioni di ogni tipo.
Quindi il pop si presenta in Europa sostanzialmente come un fenomeno di ritorno che, poggiato su una solida e millenaria tradizione culturale quale quella italiana, è in grado di conservare una autonomia espressiva e linguistica del tutto peculiare, distinta da tutti gli aspetti che il pop assumerà in Europa (come del resto avverrà in Inghilterra, dove artisti come Richard Hamilton guardano alla Pop Art con un certo distacco tutto europeo, senza alcun tentativo di identificazione.)
Sono esposte circa 50 opere tra le più significative degli anni ’60/’70 dei principali protagonisti del movimento, specie dell’area milanese, Valerio Adami, Enrico Baj, Lucio Del Pezzo, Umberto Mariani, Silvio Pasotti, Sergio Sarri, Giangiacomo Spadari, Tino Stefanoni, Emilio Tadini, Mario Schifano, Mimmo Rotella e molti altri.
A completamento della mostra, un video-documentario fornisce interessanti informazioni su quegli anni attraverso testimonianze dirette e interviste esclusive agli artisti e alla curatrice.
Di particolare interesse l’evento collaterale “CINEMA POP”, dove una trentina di lavori di Sergio Sarri e Giangiacomo Spadari, importanti protagonisti della componente milanese del gruppo, permettono di evidenziare, rispetto agli altri aderenti, una comune e particolare attenzione “alle modalità espressive del cinema come spunto pittorico”, come osserva la curatrice Elena Pontiggia. |
Milano, via Galvani 27
SPAZIO ESPOSITIVO DI PALAZZO LOMBARDIA
"MILANO POP Pop Art e dintorni nella Milano degli anni '60/'70"
dal 4 aprile al 29 maggio 2019 |
link:
La mostra
La politica culturale americana
il metodo americano |
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