L’ospitalità alberghiera
si coniuga con l’arte e il connubio dà alla luce
l’hotel-installazione, succede a Pesaro, dove a giugno
è nato l’Alexander
Museum Palace Hotel, uno splendido complesso di proprietà
del conte Alessandro-Ferruccio Marcucci Pinoli di Valfesina.
Nomi come Arnaldo Pomodoro, Enzo Cucchi, Mimmo Paladino, Sandro
Chia, tanto per citarne solo alcuni, hanno dato il loro sostanziale
contributo per la realizzazione di questa performance permanente,
nove piani di arte contemporanea, non espressa nella sua fissità
ma coinvolta in un gioco dinamico di incontri, confronti,
mostre e corsi che faranno dell’Alexander anche un laboratorio
di sperimentazione delle nuove forme espressive della pittura,
della scultura, della videoarte e di quant’altra creatività
l’ingegno umano possa concepire.
Antonio Ricci ha dipinto una delle 63 stanze
dell'Hotel con una grande composizione policroma che invade
tutte le superfici disponibili, dal titolo "Tra passato
e presente" che si colloca nel filone più
tipico della vena ispirativa di questo pittore di forte sensibilità
plastica, amante dei colori densi e decisi caratterizzati
dalle prevalenze cromatiche dei blu, dei verdi, dei gialli
acidi: con questa sua pittura figurativa e simbolica al tempo
stesso Antonio Ricci spalanca orizzonti su insospettati spazi
interiori, si affaccia su inediti scorci della memoria, rivelandone
il potenziale creativo in narrazioni complesse, dense di emozioni,
dove i rimandi temporali si sovrappongono e si confondono
in un eterno presente o forse in un passato che tenacemente
vuol continuare a vivere, nella mente e nel ricordo.
Ed è un passato al quale Ricci guarda con l’occhio
disincantato di un figlio di questo tempo immemore, con la
consapevolezza di averlo ormai perduto per sempre, derivando
da ciò il pessimismo controllato, senza enfasi, ma
non per questo meno profondo, che attraversa tutta la sua
opera e si palesa in un continuo confronto antitetico tra
ieri e oggi.
Entro questi due parametri in rapporto dialettico si snoda
il gioco simbolico dell’opera di Antonio Ricci, quel
suo essere uomo semplice, aderente alla terra, attaccato alle
sue radici, ed al tempo stesso poeta surreale, dalla vena
creativa inquieta e riflessiva, esuberante e tuttavia controllata,
sia nel segno che negli accostamenti cromatici. |