La Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo propone, negli spazi della Villa dei Capolavori, una grande una retrospettiva a cura di Walter Guadagnini e Stefano Roffi dedicata a Roy Lichtenstein (1923-1997) con un’ottantina di opere dell’artista pop forse più raffinato del gruppo, e di alcuni compagni di avventura che, all’inizio degli anni ’60, diedero vita al movimento più autenticamente americano di tutta la storia dell’arte moderna, la Pop Art: sono Andy Warhol di cui è esposto il ciclo “Flowers”, James Rosenquist, Mel Ramos, Robert Indiana di cui è presente “FOUR” e una scultura della serie “LOVE”, ed altri artisti pop in mostra a Parma grazie ai prestiti di grandi musei internazionali, di gallerie e di collezioni private.
La mostra è integrata anche da una ricca documentazione fotografica ad opera dei fotografi italiani Ugo Mulas e Aurelio Amendola dai quali Lichtenstein accettò di farsi ritrarre nel suo studio, a conferma di un certo legame con il vecchio continente testimoniato anche dalla rivisitazione in chiave citazionista compiuta da Lichtenstein di antiche iconografie e dipinti riprodotti proprio attorno agli anni ’60 negli stili delle avanguardie europee quali il cubismo, il futurismo, l’espressionismo, o in quello di grandi protagonisti del ‘900 come Picasso, Mondrian, Cezanne , Dalì.
In mostra alcuni capolavori prodotti da Lichtenstein dall’inizio del 1960 quali “Little Aloha” e “VIIP!” entrambi del ’62, “Ball of Twine” del 1963, oltre ad una serie di opere grafiche, tra le quali “Crying Girl” del 1963 , “Sweet Dreams, Baby!” del 1965, "Girl with Tear", del 1977.
Da quegli anni Lichtenstein comincia a riferirsi come fonte pressoché unica delle sue creazioni al mondo dei fumetti, utilizzandone le immagini ingrandite e dilatate ad esprimere, con gli stessi mezzi della grafica pubblicitaria, la banalizzazione operata dall'informazione di massa sulla realtà.
Lichtenstein trae, sì, ispirazione e materiale dalla cultura popolare, ma ne seleziona gli elementi estrapolati dal loro contesto con raffinata e sottile attenzione, revisionando le sue fonti per un esito del tutto diverso da quello originale, affermando che "spesso questa differenza non è grande, ma resta essenziale".
Infatti rivisita i cartoon, i comics e il messaggio pubblicitario, prodotti che più popolari non si può, nei termini di una solennità classicheggiante per la monumentalità di certe opere di grande dimensione e per la generale sofisticatezza del procedimento esecutivo che partiva dallo studio al microscopio dell'immagine di una comic strip poi ingrandita e riportata sulla tela con un procedimento grafico integrato dal successivo lavoro pittorico vero e proprio, una procedura elaborata e complicata degna di un intellettuale colto e raffinato, sempre attento al contenuto artistico del risultato finale e in rapporto quasi ossessivo con le sue stesse teorie sull'arte, la genesi artistica e le tecniche esecutive.
La puntinatura tipografica ad effetto pointillisme per cui Lichtenstein è da tutti conosciuto non è solo un espediente formale, ma il mezzo con cui porre l'osservatore davanti alla necessità di interrogarsi a fronte di una rappresentazione radicalmente mutata rispetto ai codici convenzionali.
In questo senso, la sua fama gli andava stretta, se egli stesso dichiarava: "In quasi mezzo secolo di carriera ho dipinto fumetti e puntini per soli due anni. Possibile che nessuno si sia mai accorto che ho fatto altro?”, quasi a rimarcare, per chi non l’avesse capito, l’ironia lucida e intelligente del suo linguaggio fortemente personale, smarcandosi dalle accuse di essere un artista ripetitivo e prevalentemente commerciale.
Verso gli anni '70, Lichtenstein realizzerà una serie d’immagini basate esclusivamente sullo specchio, sperimentando nuove tecniche pittoriche e di riproduzione, introducento il tema del "riflesso" come mezzo per passare dall'immagine riflessa alla riflessione sulla propria identità di artista in un enigmatico gioco di rimandi tra la realtà e l'immagine di essa.
Non solo fumetti e puntini, appunto……. |