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Testi e commenti di Vilma Torselli su Antithesi, giornale di critica d'architettura. Il più letto in Artonweb: fotografia
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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle.
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Fotografia: quale verità?
di Vilma Torselli
pubblicato il 10/01/2007
"La fotografia è il nostro esorcismo. La società primitiva aveva le sue maschere, la società borghese i suoi specchi, noi abbiamo le nostre immagini. Crediamo di costringere il mondo con la tecnica. Ma attraverso la tecnica è il mondo che s'impone a noi, e l'effetto sorpresa di questo capovolgimento è davvero considerevole..... "
"...... Crediamo di fotografare una determinata scena per semplice piacere - ma in effetti è lei che vuole essere fotografata. Non siamo altro che la comparsa della sua messinscena. Il soggetto non è che l'agente dell'ironica apparizione delle cose. L'immagine è il medium per eccellenza di quell'enorme pubblicità che si fa il mondo, che si fanno gli oggetti - costringendo la nostra immaginazione a cancellarsi, le nostre passioni a travestirsi, rompendo lo specchio che tendevamo loro, del resto ipocritamente, per captarli."
(Jean Baudrillard).
La fotografia è l'unico "linguaggio" di valenza universale, compreso in ogni parte del mondo da tutti gli individui appartenenti alle più diverse culture ed è un mezzo straordinario per assicurare la "presenza" in un luogo, rappresentando l'occhio attraverso il quale "noi diventiamo testimoni oculari dell'umanità e della disumanità degli uomini".(Helmut Gernsheim, "Creative Photography", 1962).
La fotografia nasce come tecnica e strumento per una riproduzione oggettiva della realtà, come mezzo per registrarla e produrre una prova documentale di tutto ciò che è visibile, dimostrazione concreta della vera esistenza di ciò che è riprodotto, dell'indubbio e reale accadimento di un evento, della genuina credibilità di una testimonianza.
In verità si potrebbe molto discutere sulla (presunta) oggettività-realtà dell'immagine fotografica, dal momento che la riproduzione dell'immagine di qualunque cosa finisce per privarla di caratteristiche intrinseche ed indispensabili alla sua stessa essenza, il peso, l'odore, la profondità, il tempo, la sonorità …… e mentre dematerializza, disincarna, virtualizza il soggetto fotografato, lo rende privo di senso e perciò simulacro di una oggettività pura che non esiste.

Tuttavia il concetto di fotografia=realtà oggettiva è rimasto saldo ed immutato per anni, ed è ancora oggi talmente strutturato nel nostro patrimonio culturale che siamo portati a ritenere vera qualunque immagine del mondo fotografato, anche se ormai tutti sanno che con il computer e con le tecnologie digitali si può manipolare più o meno tutto, facendo così decadere sia la veridicità dell'immagine fotografica, in quanto risultato di una serie di operazioni artificialmente influenti sull'esito finale, sia la sua caratteristica di prodotto "d'autore", in quanto non necessariamente attribuibile ad un'unica persona (esiste lo specialista che scatta, quello che elabora, quello che ritocca ecc....).
In epoca cibernetica, in cui le nostre capacità percettive si stanno rapidamente modificando per adeguarsi ad un nuovo concetto di realtà a fruizione eminentemente visiva, è d'obbligo dubitare di ciò che si vede, è fondamentale essere consapevoli che la realtà può essere manipolata, alterata, artificializzata, è indispensabile dotarsi di un nuovo atteggiamento mentale anche acutamente critico nei confronti dei mezzi digitali e sapere che le immagini che ci vengono quotidianamente sottoposte non sono necessariamente coerenti con la realtà, non sono scontatamente vere, ma spesso radicalmente ed intenzionalmente alterate.

Alla luce della facilità con cui il mezzo digitale permette la manipolazione dell'immagine di un mondo che, per ragioni varie e complesse, tende verso una progressiva perdita dei contatti con la realtà fisica, perdita che le tecnologie digitali assecondano quando non incentivano, si impone per quanti si occupano di immagine la definizione di un codice comportamentale e deontologico, nel nome di un'esigenza di carattere morale verso la quale si sta attuando oggi una progressiva e spontanea sensibilizzazione. Infatti alcune agenzie che si occupano di reportages fotografici con intenti soprattutto informativi e documentaristici, come ad esempio la Associated Press che interessa circa 1500 giornali di tutto il mondo, si sono dotate di un codice etico scritto che assicura la genuinità delle immagini fornite, in nessun modo alterate se non per migliorarne alcuni parametri tecnici (contrasto, luminosità, ecc....): "The content of a photograph will NEVER be changed or manipulated in any way".

Parlando di rivoluzione digitale è certamente riduttivo limitarsi soltanto al campo tecnologico, perchè essa sta configurando un nuovo modello sociale derivato da quello che Philippe Queau chiama "cyber-bang", in cui il virtuale prenderà sempre più il posto della realtà, sostituendo ad un universo reale ed imperfetto un modello ideale, perfetto, depurato e "pulito", processo già in atto, secondo Jean Baudrillard, egli stesso fotografo con più o meno palesi finalità artistiche, che denuncia: "Il virtuale ha ucciso la realtà. Senza lasciare tracce".
In effetti, il discorso sul trattamento digitale dell'immagine ci pone davanti ad una realtà del tutto nuova, per la quale non ci sono esperienze precedenti su cui parametrarsi, e ci obbliga innanzitutto a sottoporre a nuova riflessione critica il concetto stesso di fotografia, ancora anacronisticamente e tradizionalmente concepita, secondo la nostra cultura occidentale che si riallaccia al figurativismo rinascimentale, in funzione del concetto della verosimiglianza, risultato di un particolare procedimento fotochimico che congela, preservandolo per i posteri, un frammento di realtà con il massimo del verismo.

Seppure superata nei fatti, è ancora largamente diffusa questa concezione limitativa, in realtà più variegata di quanto possa sembrare, perchè se Roland Barthes scrive:"Più che le altre arti, la fotografia fornisce una presenza immediata del mondo ... Spesso è stato detto che sono i pittori ad avere inventato la fotografia ... Io dico di no: sono stati i chimici ...." , deponendo per la prevalenza dell'aspetto tecnologico, è tuttavia indubbio che anche nella realizzazione di una fotografia tradizionale, intendendo con ciò non digitale, intervengono una serie di scelte soggettive su varie opzioni (luce, inquadratura, contrasto ecc...) che prevedono la presenza di un autore, l'intervento dell'umano intelletto e, seppure in termini diversi ed in misura certamente minore, l'attuazione di una qualche manipolazione (per esempio in fase di stampa) suggerita dalla valutazione personale del fotografo.
E' sempre esistito, quindi, un margine di intervento entro il quale il fotografo poteva personalizzare il risultato ed è anche questo che, in passato, ha fatto la differenza, ma oggi i mezzi digitali rendono la possibilità di manipolazione tanto ampia da giungere ad un prodotto che ha ben poco dell'originale, che può essere anche migliore, ma irrimediabilmente diverso da esso: viene a mancare la presunzione di veridicità, e bisognerà farsi consapevoli che ormai non basta più aprire gli occhi e vedere un'immagine, bisogna saperla guardare anche criticamente, esercitando volontariamente l'atto della visione, all'interno di un percorso di apprendimento finalizzato allo sviluppo delle nostre capacità visuo-cognitive.

Scrive il neurobiologo Semir Zeki, teorico di una nuova scienza detta neuroestetica, che indaga la base neurologica dell'esperienza estetica e studia i processi attraverso i quali il cervello umano esplica le sue capacità percettive, applicate nello stesso modo sia all'osservazione dell'arte visiva che all'indagine della realtà.: "Negli ultimi due decenni la neurologia ha compiuto scoperte stupefacenti sul sistema visivo cerebrale. Ora non è più possibile separare il processo della visione da quello della comprensione, come un tempo facevano i neurologi", massima oggi, davanti alle trappole visive che la digitalizzazione delle immagini frappone tra i nostri occhi e il reale aspetto del mondo che ci circonda, un mondo in cui il messaggio veicolato dall'immagine fotografica fluttua sempre più ambiguamente tra la manipolazione e la mistificazione, spostando il problema etico dal contenuto dell'immagine alla sua rappresentazione.

link:
Le realtà bugiarde della fotografia
La soggettività dell'obiettività


DE ARCHITECTURA
di Pietro Pagliardini


blog di Efrem Raimondi


blog di Nicola Perchiazzi
 







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Lucian Freud,
"Reflection" (self portrait)

 

 
 

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