"Le baiser de l'Hôtel de Ville". Non mi
piaceva questa fotografia. Tutto quel nero e quel bianco,
quel grigio sfumato, erano proprio i colori che non avrei
voluto per ricordo. L'amore afferrato al volo su un marciapiede,
la gioventù insolente sullo sfondo del grigiore parigino
certamente...
.Ma c'era la sigaretta che il ragazzo
teneva nella sua mano sinistra. Non l'aveva gettata al momento
del bacio. Eppure sembrava quasi consumata. Si percepiva che
aveva in mano la situazione, che era lui che comandava. Voleva
tutto, abbracciare e fumare, provocare e sedurre. Il modo
in cui la sua sciarpa si insinuava nell'apertura della giacca
denunciava autocompiacimento ed una disinvoltura ostentata.
Era giovane. Aveva soprattutto quel modo di essere giovane
che non invidiavo, ma che mi faceva male, perché?.....
c'era Parigi, un tavolo, la sedia di un caffè, l'Hôtel
de Ville, la sagoma di una macchina. Nel rumore immaginato,
nel grigio brumoso, c'era la Francia di tutta un'epoca. Troppo.
Era troppo facile, la fotografia di Doisneau, troppo di tutto.
La si trovava ovunque. "Le baiser de l'Hôtel de
Ville"1950, neanche fosse 'L'Embarquement pour Cythère'
o 'Le Déjeuner sur l'herbe." (Philippe Delerm,
"Les amoureux de l'Hôtel de Ville", 2004,
edizioni Gallimard)
Eppure, bugiarda, falsificata, manieristica, costruita, esagerata
e melensa, "Le baiser de l'Hôtel de Ville" di Robert Doisneau è comunque e decisamente una foto perfetta, nell'equilibrio
della composizione, nella scelta grafica, nell'armonia tonale,
sul piano tecnico e su quello della sensibilità artistica.
La profondità spaziale si gioca tra il primo
piano della figura di spalle parzialmente visibile sulla sinistra
e i palazzi monumentali sullo sfondo, sfumati con effetto
flou, nella zona centrale si colloca l'azione: una folla in
movimento scorre davanti ai tavolini del bar, si intravvedono
due auto, nel baricentro il fermo immagine di una coppia di
giovani innamorati che si baciano. I passanti sono personaggi
estranei ed indifferenti che vanno per la loro strada, l'idea
del movimento è resa da alcune figure mosse e sfuocate,
centro d'interesse e tema della rappresentazione la coppia,
una massa scura definita da linee articolate, due figure leggermente
arcuate, lui curvo su di lei che si appoggia e si abbandona,
in una posa rilassata eppure dinamica.
La foto avrà una risonanza mondiale e diventerà
il simbolo dell'amore romantico perché viene presentata
come un'istantanea colta al volo, un attimo fuggente pieno
di magia catturato casualmente dall'abilità del fotografo. Sarà lo stesso autore, decenni dopo, a svelare
l'inganno: la scena era completamente costruita, nell'ambito
di un servizio fotografico commissionato da 'Life' all'agenzia
per la quale lavorava, la 'Rapho' , un reportage sugli innamorati
di Parigi. A titolo di cronaca, la coppia, qualche mese dopo,
si separò e Françoise Bornet, così si chiamava la giovane donna, conservò
la foto (la stessa messa all'asta nel 2005) come ricordo dell'idillio.
L'abile trovata di Doisneau conferma quanto sia facile attuare
l'inganno, costruendo ciò che l'esperto della casa
d'aste dell'Hotel Dassault, Grégory Leroy, presenta
così agli acquirenti:"C'est à la fois
une icône française, une icône de l'amour,
une icône de Paris (
) L'un de ces quatre ou cinq
clichés mythiques que presque tout le monde connaît".
Cartier Bresson diceva che una fotografia dovrebbe
riportare soltanto l'indicazione del luogo e della data dell'esecuzione,
senza alcun tentativo di suggerire o integrare con didascalie
scritte o verbali il messaggio puramente semiotico dell'immagine,
non necessitante di alcuna interpretazione e contestualizzazione
storico-culturale e, si potrebbe aggiungere, di alcuna puntualizzazione
sulla posa o non-posa dei protagonisti: per questa foto è accaduto l'esatto contrario e la storia costruitale attorno è del tutto insolita ed anomala.
Un'altra incoerenza inspiegabile sta nel fatto che la foto di
Doisneau. dopo una deludente prima tiratura del 1950 di una sola decina di esemplari, viene battuta ad una cifra da record (184.960 euro
nel 2005) quando già il mistero della falsa istantanea
è stato svelato, sia dall'autore che dalla Bornet,
evidentemente lo scalpore che la circonda ne ha ormai consolidato
la leggenda: Hervé Poulain, il commissario dell'asta
proclama: "Cette photo appartient au siècle.
La présence pendant la vente de 'l'amoureuse de l'Hotel
de Ville' a participé à l'alchimie et la magie
autour des objets qui font les records".
Nel giro di soli tre minuti, la foto viene aggiudicata ad un facoltoso svizzero rimasto anonimo per la cifra record di 184.960 euro, nè vanno trascurati i proventi derivanti da due milioni e mezzo di cartoline e 500.000 poster, mentre una delle rare stampe originali (18x24,6 cm), autenticata sul retro da Robert Doisneau che l'aveva donata alla protagonista dello scatto Françoise Bornet, è stata battuta all'asta nel 2005 su una base di partenza di 15.000/20.000 euro.
Nonostante la sua indiscutibile bellezza, l'immagine pare
debitrice della sua fama al solo fatto di essere 'rubata',
senza intenzione da parte dei soggetti di esibirsi, né
da parte del fotografo di cercare l'angolazione migliore:
è stato il caso, un fortunato 'qui e ora' a bloccare
l'attimo fuggente, "l'instant décisif"
di Cartier-Bresson e a compiere il sortilegio
circondando di un'aureola di fascino questo scatto, un fermo
immagine del tempo.
Perché fermare il tempo è da sempre il sogno
irraggiungibile dell'uomo, per arrestare l'inesorabile degrado
delle umane cose, riscattare la loro caducità, renderle
immortali ed esorcizzare così la paura della morte,
ciò che solo un dio può fare, o un uomo simile
a un dio, o un fotografo particolarmente dotato.
Ma mentre ai tempi di Doisneau l'inganno era raro e totalmente
affidato alla menzogna della parola, oggi la credibilità
dell'istantanea, come della fotografia in generale, è
seriamente minata dalla facilità delle manipolazioni
permesse dalla tecnica digitale ed affidate, nella misura
e nella qualità, alla coscienza morale e alla sensibilità
estetica di professionisti che spesso sono ostaggio delle
leggi di mercato, delle richieste dei committenti, della loro
stessa vanità professionale lusingata da un buon risultato,
seppure ottenuto in laboratorio.
Programmi di utilizzo relativamente facile, come Photoshop,
realizzato dall'americana Adobe in origine per rielaborare
le immagini ad uso pubblicitario e compensarne le perdite
di qualità, sono comunemente utilizzati per l'elaborazione
di ogni fotografia digitale, magari con l'alibi della rivendicazione
della natura artistica della fotografia, linguaggio visivo
paritario alla pittura che come la pittura può accogliere
apporti soggettivi nel nome della sua duplice natura di creazione
artistica e prodotto tecnico.
Il parallelo tra pittura e fotografia trova nell'artista impressionista
un atteggiamento analogo a quello del fotografo di scatti
'rubati', entrambi in gara col tempo, l'uno per finire di
dipingere en plain air il suo quadro prima che il mutare
della luce e dell'incidenza dei raggi del sole gli modifichino
sotto il pennello le ombre e i colori, l'altro per cogliere
al volo sensazioni ed emozioni che rapidamente svaniscono
o cambiano.
Monet dipinge ossessivamente decine di volte, a tutte le ore
del giorno, le ninfee del suo laghetto di Giverny, la facciata
della cattedrale di Rouen, i covoni di paglia dei campi della
Normandia sperando di riuscire a contrarre/annullare il tempo
e cogliere una realtà atemporale e senza storia nella
quale gli oggetti si dissolvono nella luce.
L'istantanea compie lo stesso tentativo, immobilizzando in
un'immagine statica il movimento di un attimo dell'eterno
panta rei che è la vita, perché "stare
immobili è fermare il tempo".
Astratta dalla sua storia, devitalizzata e sterilizzata per
farne la testimonianza eterna di ciò che per sua natura
è caduco e passeggero, l'istantanea, paradossalmente
lungi dall'essere specchio della realtà, diviene così
fuga dal reale, dal tempo e dallo spazio, nell'aspirazione
a conciliare l'attimo con l'eternità, fermando il divenire
che è il senso più profondo dell'essere uomini.
Leggi anche "Le realtà bugiarde della
fotografia"
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