Ovviamente ciò
non significa necessariamente che ne consumino, ma è certo che in molte epoche alcune
categorie di artisti hanno fatto ampio uso di droghe: per
esempio, la marijuana era molto diffusa nella Lousiana e in
particolare nella New Orleans degli anni '20, quando nei circoli
e nei ghetti della gente di colore stava nascendo il jazz,
ma hanno fatto uso di cannabis, traendone impulso ispirativo
per le loro opere, anche personaggi colti e famosi come Charles
Baudelaire, Theophile Gautier, artista poliedrico e visionario
cui Baudelaire dedicò "Les Fleur du mal",
il pittore Fernand Boissard ed anche Kant e Balzac (Gautier
ha lasciato un lucido racconto della sua esperienza sotto l'effetto della droga).
L'assunzione di una droga come l'LSD, per fare un altro esempio, ha in genere
la prerogativa di potenziare le capacità percettive
del soggetto, amplificando le sensazioni, permettendogli di
compiere esperienze interiori più profonde di quelle
normali e facendogli quindi acquisire delle "conoscenze",
seppure anomale ed innaturali, che arricchiranno le sue capacità
espressive, confluendo nel prodotto artistico.
"Ma - dice Fausto Petrella, psichiatria all'Università di Pavia e psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana - l'attività artistica
poi richiede un momento di formalizzazione. Quindi, se uno
è confuso, più che porcherie non riesce a
fare, dal punto di vista strettamente artistico. Non è
che la confusione sia un buon sistema. Quindi bisogna che
l'io che dipinge guardi, con tutta la sua capacità
costruttiva, all'esperienza fatta ........ La creatività
implica un certo grado di lucidità dell'io. Qualcuno
ha parlato di un io regredito, cioè di una regressione
a servizio dell'io. Cioè occorre che l'io sia in
grado di maneggiare la sua regressione. Se ne è sommerso,
ovviamente non riesce a produrre gran che."
Infatti anche Theophile Gautier, come pure Baudelaire, circa la propria personale esperienza esprimono perplessità
verso l'utilizzo di droghe per potenziare le capacità
creative, a favore di una cretività autonoma e cosciente.
Alla fine dell' '800, la droga di più largo consumo, che
costituisce un alone di perdizione suggestivo ed affascinate
per ogni artista che voglia essere tale, è l'assenzio, commercializzato con la marca di 'Pernod', molto diffuso ed abusato a cui si fanno risalire molti decessi soprattutto in Francia.
E' la droga dei bohemiens,
a basso costo, di facile reperibilità, lo status simbol dell'artista romantico ed
incompreso dalla società, trasgressivo ed oppositivo
verso i valori borghesi, è la droga di Degas, di
Manet, che dipingono celebri quadri dedicati ai bevitori
d'assenzio, come faranno anche Toulouse Lautrec, Van Gogh,
Picasso, Gauguin, è la droga di moda che diventa
una vera e propria piaga sociale non solo circoscritta all'ambiente
artistico.
Cosicché, nel 1915, l'allarme pubblico per non meglio precisati 'deliri allucinogeni' imputabili alla bevanda induce il governo a promulgare una legge che rende illegale l'uso e la produzione dell'assenzio.
All'interno del mondo dell'arte la cultura della droga
ha avuto molti profeti, molti teorici, e molti praticanti:
muore di droga Amedeo Modigliani, già minato dall'alcol
e dalla tisi, come altri artisti della Scuola di Parigi,
circolano droghe tra gli artisti della beat generation,
che si riconosce in droga, alcool, sesso, musica jazz, per
la quale luso dellalcool e della droga permette
esperienze di coscienza vicine al buddismo zen, tra gli
artisti dell'Espressionismo astratto, tra quelli dell'America
degli anni '60, pervasa dalla filosofia hippy dei figli
dei fiori ma anche dalla marijuana e dagli allucinogeni,
tra gli aderenti all'Arte Psichedelica che non hanno remore
nell'ammettere uso di droga, nell'entourage della Factory
di Andy Warhol , dove muore di droga a 27 anni Jean Michel
Basquiat, e muore di droga Frank O'Hara, uno dei primi fan
di Jackson Pollock, curatore artistico al Museum of Mordern
Art, compagno del pittore Larry Rivers.
Oggi Damien Hirst, uno tra i più trasgressivi artisti
moderni, si racconta senza pudori, parlando anche del suo
rapporto con la droga in un "Manuale per giovani
artisti" ("Larte raccontata da Damien
Hirst", di Damien Hirst e Gordon Burn).
Da tutto ciò si può rilevare come la droga,
nel campo dell'arte, venga impiegata per simulare artificialmente
alcune forme di malattia mentale (per esempio la schizofrenia),
permettendo, attraverso l'allentamento dei freni inibitori,
di giungere ad attuare legami e correlazioni libere ed illogiche tra idee anche
assai lontane tra loro, rafforzando quindi la capacità
creativa ed immaginifica dell'artista che così perviene
al pensiero "allusivo", inteso come capacità
di unire in un unico concetto contenuti distanti ed inconciliabili
per qualsiasi individuo "normale", superando per
questa via le contraddizioni rilevabili dal pensiero razionale.
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