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Roberto Matarazzo
Intervista
pubblicato il 03/08/2006
Roberto Matarazzo non ama raccontare di sé, preferisce parlare con i suoi fogli colorati, frutto dell'elaborazione ad impronta intellettuale di una cultura eterogenea e non solo visiva, proveniente da disparati territori culturali, nella quale gioca un ruolo fondamentale la sua origine formativa di architetto e ricercatore.


Algebrico


Alba del giorno prima della notte di Finnegans Wake


Serata al chiar di Luna contro il chiar di Luna


L'amica di Patrasso


Formazione di universi nell'oceano


Le amiche di Trieste


Le amiche di Dublino


L'Artista estravaganate con cappello amletico

Egli stesso racconta di come "le strutture disciplinari e del pensiero si materializzano in poetiche e progressive proposte di fogli colorati stesi nei tempi creativi", ben individuando la caratteristica principale del suo operare artistico in una sintesi spontanea e felice tra arte e scienza, tra libera creatività ed intelletto, tra cuore e cervello.

Artonweb: Nello scorrere le titolazioni dei tuoi "fogli colorati" viene, direi quasi spontaneo, chiederti quali siano i tuoi riferimenti di formazione?

Roberto Matarazzo: Da buon autodidatta, sebbene abbia frequentato piuttosto seriamente la facoltà di Architettura in Napoli, direi che mi affascina moltissimo il mondo legato alle curiosità verso l'insieme delle attività umane senza pregiudizi di sorta.

Artonweb: Un esempio?

Roberto Matarazzo: Da artista da giovane, parafrasando il Dedalus di James Joyce, rimasi intrigato dalla leggenda che aleggiava presso l'Università Partenopea intorno alla figura del Prof. Renato Caccioppoli, ricercatore di nuovi spazî algebrico-scientifici, ma che non sapeva bene se divenire un matematico, un musicista, un intellettuale organico comunista o quant'altro! In realtà era tutto questo e molto di più pagando, con l'alcoolismo e conseguente suicidio, scelte di vita difficili, complesse. In omaggio alla Sua figura ho delineato "Algebrico" , con compartecipazione emotiva.

Artonweb: Prima accennavi al tuo essere autodidatta, ma legato al mondo universitario: puoi precisare?

Roberto Matarazzo
: Certo: lessi prima il Dedalus poi l'Ulisse di Joyce ricevendone suggestioni fatte di sensi e stimoli al capire l'articolazione profonda del Sapere; in altri termini tutte le opere paradigmatiche dell'ingegno umano si prestano a chiavi di lettura diverse ma una di tali chiavi, per l'opera Joyciana, resta l'apertura verso le Discipline le più disparate, le Culture le più diverse, le Religioni e la messa in discussione dei presupposti medesimi della Religione, il senso Vichiano della Storia. Tutto questo lo introiettai facendolo mio e, forse per gratitudine, decisi di trasporre l'opera del Nostro in fogli colorati. E c'è sempre una "Alba del giorno prima della notte di Finnegans Wake" in me presente prima di elaborare un qualsiasi dipinto.
Poi studiai i testi teorici riconducibili all'ala Goethiana della Bauhaus, Paul Klee, Johannes Itten, Wassilli Kandiskj, e, se vuoi, estendendoli alla rivoluzione tonale prodotta in seno alla ricerca musicale della Scuola Viennese: non faccio e non sono un critico d'arte e/o un musicologo ma, come vedi, è in questi riferimenti fuori Scuola che ho cercato possibile Scuola di rimando! Mi chiedo in quale Ateneo si possa studiare Joyce, Vico, Goethe e poi i tre fondanti dell'Arte Moderna, ascoltando pezzi atonali in buona compagnia di estravaganti ricercatori scientifici se non in un proprio bizzarro percorso formativo. Ti pongo (mi pongo) una domanda: la "Torre del Fuoco" di J. Itten non appare mai nei testi storiografici canonici eppure resta tra le massime meraviglie del secolo breve, ci sarà un pure un perché enigmatico, ti (mi) sembra?

Artonweb: Si avverte, osservando il tuo lavoro, che ti senti legato alle Avanguardie Storiche: in che modo?

Roberto Matarazzo: Ti racconto un piccolo aneddoto: a cavallo della Laurea, per un impiccio burocratico, dovetti ricorrere alla Presidenza di Facoltà tenuta dal Prof. Carlo Cocchia, grande vecchio dagli occhi scintillanti, pregni di intelligenza, dal sorriso leale e corretto; mi risolse il problema (stupido) senza battere ciglio ma iniziammo a parlare e nel parlare mi narrò dei suoi trascorsi giovanili negli ambienti del Futurismo Marinettiano, contiguo al Fascismo ma non confuso con esso, anzi aperto alle tematiche Rivoluzionarie Sovietiche seppure con ambiguità di fondo peraltro oggetto di studi storiografici.

Ne ho ricavato una impressione profonda che mi ha e mi aiuta al saper percepire gli epifenomeni della Storia delle idee con apertura critica scevra da pregiudizi: in fondo, a dispetto della grettezza culturale del fascismo, F. T. Marinetti fu tra i pochi intellettuali italiani (se ne rese conto A. Gramsci) dotato di cultura cosmopolita e sensibilità creativa tale da essere tutt'oggi grosso punto di riferimento per chi si occupa del fare artistico. Quel colloquio mi è rimasto sedimentato nella coscienza, ne ho fatto il "Serata al chiar di Luna contro il chiar di Luna. C. Cocchia", ironico omaggio a quelle serate Lunari napoletane tenute da Cangiullo e la cerchia dell'Avanguardia neo Futurista tese a rigettare le "canzonette napoletane" e la cultura tradizionale ma, come raccontava sorridendo C. Cocchia, al chiar di Luna.
Come noti i miei legami con le Avanguardie Futuriste italo-sovietiche e con la Bauhaus restano maledettamente complesse con in più la circostanza che adoro il mondo posto (avanzo l'idea che in realtà l'uno sfuma nell'altro da sempre) fuori dalle Avanguardie quale il Classico ed il Neoclassico. Rimasi stupefatto dalla "Venere degli stracci" fatta da M. Pistoletto, artista dell'arte povera, all'interno di Villa Pignatelli, ovvero puro Neoclassicismo da manuale reinterpretato e rivissuto da Artista colto e sensibile secondo modalità di rispetto assoluto degli spazî tettonici ma con linguaggio raffinato e dirompente.

A.: Parli di "sfumature convergenti" tra linguaggi ad identificarsi quali, per esemplificare, dalle Avanguardie alle Tradizioni Classiche e/o Neoclassiche, dalla cultura Umanistica al Sapere Scientifico, puoi essere più esplicito?

R.M.: Sto lavorando da tempo su un tema, meglio su di un atteggiamento, affascinante che ho identificato nel Cosmopolitismo delle idee, teso a superare, di fatto, i ghetti riscontrabili tra le tradizioni legate al Nuovo rispetto al Vecchio, ammesso che sia possibile stabilire quale sia la linea di confine che divide la visione d'avanguardia rispetto al classico, e tra la scissione, non so se solo italiana e/o europea, dovuta ad una lezione idealistico/crociana, tra materie umanistiche e discipline scientifiche, il tutto trovandolo assurdamente inconcludente! Mi è piaciuto moltissimo un passo di un libro scritto da un bravissimo ricercatore americano, Lee Smoolin, che sostiene: "…Quando penso al centro di ricerca di cui ho il privilegio di far parte, e vedo che venticinque persone, provenienti da diciotto paesi diversi, lavorano insieme a uno scopo comune, spero proprio che quello che vedo sia una visione della futura società umana. E dunque … l'idea di concepire l'universo come un qualcosa di analogo ad una comunità è una di quelle idee che devono prima o poi emergere e devono almeno essere messe alla prova nello sviluppo parallelo dei progetti della scienza e della democrazia…". Non ho parole a fronte di tanta intelligenza costruttiva fatta di superamento di lingue, razze, religioni, colori del pigmento, il tutto per amore verso la scienza o amore verso l'amore? Nel leggere questo testo della Einaudi, ho colto un lato ironico dello Scienziato di profonda empatia verso le cose di cui parla, con capacità estrema di dubitare, di proporre tesi e contro_tesi, insomma di essere Uomo altamente creativo permeato di umanità. Ho elaborato questo mio "L'Amica di Patrasso" , nudo femminile dai tratti classico/espressionistici, proprio per sottolineare la contiguità esistente tra il mondo greco_antico e la contemporaneità dell'avanguardia figurativa.
In "Formazione di Universi nell'oceano di Higgs" ho delineato possibili uteri cosmici, sorta di buchi neri delle origini, in cui nascono, sotto l'effetto fecondante di fasci luminescenti i rosso_giallo_blu, le esplosioni del Tempo generante tutto ciò che il nostro e Universi altri contiene, contengono, nella immensità degli spazî oceanici teorizzati da Higgs. Lo desunsi leggendo il testo di Lee Smoolin ed altri sull'argomento cosmologico. Ovviamente letto da profano ma con la fantasia del curioso.

A.: Nel tuo (sottilmente ironico) parlare di "utero cosmico" mi sembra percepire un amore profondo verso il femminino e ciò che sottende o sbaglio?

R.M.: No, non sbagli affatto, hai colto benissimo un ulteriore lato del "cosmopolitismo delle idee"!!
All'inizio di questa intervista ti ho accennato a Dedalo, l'artista da giovane, scritto da J. Joyce; lui, Dedalo, in età in cui è importante compiere scelte di vita, lascia il cattolicesimo bigotto e controriformista e sceglie la ragazza, la Donna, in pagine di rarissima prosa poetica che tradiscono non tanto la sensualità attrattiva e/o meramente fisiologica del ragazzo verso Lei ma la fascinazione e la seduzione del mondo creativo al femminile, dalla grazia, dall'eleganza proprie della femminilità.
Ho moltissima considerazione nei riguardi della Donna creativa, densa di perspicacia e di quel tocco in più nell'operare ingegnoso attorno all'oggetto a farsi, che mi ha condotto ad omaggiarla nel mio "Le Amiche di Trieste" e nel "Le Amiche di Dublino" , ambedue concepiti quale segno di ammirazione profonda verso la "testa pensante" della Donna colta, sempre pronta a lusingare, ad avvincere con tutta la carica intellettiva di cui è estremamente capace.

A.: Ultima domanda: cosa è per te la creatività e il successivo plasmare opere?

R.M.: Ritengo che la personalità creativa, non solo in ambito artistico, rappresenti un atteggiamento intimo oltre le capacità tecniche in senso stretto, più un sistema di pensiero atto al percepire classi di epifenomeni esterni al proprio io profondo e da restituire sotto forma di creature artistiche che non meri prodotti oggettuali tanto perfetti quanto noiosi: basta visitare una qualsiasi Chiesa italiana per rendersi conto di quante opere di maniera, accademicamente perfette, ci siano nel nostro patrimonio culturale ma poi ritrovi un Luca Giordano, magari con un (voluto) errore prospettico e cambia tutto! Un po' come Ingres o El Greco che, in barba alle regole canoniche, falsarono la rappresentazione del corpo umano per reinterpretarlo con raffinatissima capacità espressiva. J. Itten sostiene che esistano Leggi compositive estremamente rigorose, i colori e le forme vadano saggiamente e razionalmente adoperate dall'artista per tutte le proprie creazioni però, poi, fa una lettura iconologica/iconografica della "Parabola dei ciechi" di Brueghel, ora presso la Pinacoteca di Capodimonte a Napoli (un viaggio a Napoli e solo per vedere quest'opera lo consiglierei a tutti!!), per rilevare che, alla fine, tutto il castello di razionalità costruttiva dell'opera casca a fronte del cuore: si crea con esso, con il cuore. Ovviamente ho semplificato molto ciò che è inafferrabile nel fare artistico ma davvero basta soffermarsi sullo sguardo immaginifico dei ciechi di Brueghel per capirne la complessità operativa.
In ultima analisi l'artista, per me, appare quale "L'Artista estravagante con cappello amletico", capace del saper percepire sinesteticamente le cose altre e nel saperle trasporre in Fogli Colorati nei tempi propri della creatività.

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