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Testi di Vilma Torselli su "Antithesi", giornale online di critica d'architettura.
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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
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Milano, apre il Museo delle Illusioni, con incredibili installazioni, illusioni visive, giochi e rompicapi. |
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I vincitori del Premio Pritzker per l'architettura 2021 sono Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal: talento, visione e impegno per migliorare la vita delle persone. |
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Al Palazzo Ducale di Genova, dal 9 settembre 2021 al 20 febbraio 2022 grande mostra di Maurits Cornelis Escher. |
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Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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Il "Museo obbligatorio"
di Vilma Torselli
pubblicato il 19/07/2008 |
"Un giorno,
viaggiando in metropolitana, ho visto un pannello nero vuoto
dove doveva andare un messaggio pubblicitario. Ho capito subito
che quello era lo spazio più appropriato per disegnare.
Sono risalito in strada fino ad una cartoleria ed ho comprato
una confezione di gessetti bianchi, sono tornato in metropolitana
ed ho fatto un disegno su quel pannello....." (Keith
Haring) |
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Da recenti studi
compiuti da un gruppo di sociologi incaricati di analizzare
la realtà della metropolitana di Parigi, sembra giunto
il momento di revisionare il vecchio concetto di metropolitana
come disumanizzante buco nero, non luogo dell’indifferenza,
della incomunicabilità e dell'anonimato, a favore del
concetto di luogo di flusso, antropogenetico di una specie
umana di recente creazione, in continua ridefinizione e adattamento,
mutevole a seconda delle città, delle localizzazioni,
dei giorni della settimana e persino delle ore del giorno.
La metropolitana pare insomma essere diventata nell’immaginario
collettivo il luogo di tutti gli incontri possibili, dei fantasmi
e delle fantasie di un’umanità in viaggio per
la quale "La situazione di mobilità non è
una parentesi, un tempo vuoto: è un momento della vita
sociale, la cui natura non è stata molto studiata". (Paribulle)
Già Giuseppe de Rita, segretario generale del Censis,
nei primi anni 2000 ha individuato nei "flussi"
la realtà più significativa della nuova metropoli,
sede di una "società frammentata, molecolare,
dispersa", dove le infrastrutture generano momenti
casuali e flessibili di aggregazione e disaggregazione di
più individui, complementando ed in parte modificando
l’idea di Marc Augé che ravvisa queste strutture
di nuova tipologia come non-luoghi antropologici nei quali
si coagula una nuova umanità composta da individui
"simili ma soli", anonimi gli uni per gli
altri, non-luoghi come nuovi territori dello spazio pubblico
caratterizzati dal fatto di "non fornire identità,
di non essere storici, di non essere relazionali". |
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Comunque si voglia intenderli
o definirli, si tratta di spazi ad alto vuoto contenutistico,
in cui lo "spaesamento" indotto dalla non-identità
può essere vantaggiosamente colmato dall'attribuzione
di una funzione educativa e sociale che abbia come scopo di
familiarizzare i fruitori con linguaggi di comunicazione di
impatto immediato in grado di arrivare anche al passante più
frettoloso e distratto, come ad esempio quello dell’arte
visiva, inserendoli nei luoghi della vita come eventi quotidiani
alla portata di tutti.
Questa "strategia commerciale del visivo",
per usare un'espressione di Elio Grazioli ("Arte
e pubblicità", Mondadori, 2001) è
un procedimento che la pubblicità ha da tempo formulato
ed utilizzato e che l’arte mostra di poter vantaggiosamente
replicare, servendosi sempre più spesso degli elementi
messi a disposizione dalla pubblicità e utilizzando
i modelli pubblicitari, di grande efficacia comunicativa,
per veicolare contenuti e messaggi artistici: come dire che
vendere un prodotto o vendere cultura non sembrano oggi due
cose troppo differenti.
Rispetto al resto d’Europa, in Italia questo tipo di
approccio tendente a stabilire una più stretta relazione
tra vita ed arte, estrapolando quest’ultima dai luoghi
tradizionalmente deputati ad ospitarla, gallerie e musei,
è relativamente recente.
Una delle iniziative più interessanti in questa direzione
riguarda Napoli, dove, a partire dal 2001, sono state aperte
alcune stazioni della nuova metropolitana, complessa rete
sotterranea in un'area di sottosuolo tra le più trafficate
del mondo, opera di grande impegno tecnico e specialistico,
ora emblematica anche per un innovativo concetto estetico
e funzionale alla base di un progetto globale di riqualificazione
tendente a fare proprio della metropolitana un museo d'arte
moderna e contemporanea.
L'esempio di Napoli è particolarmente significativo
in un'epoca nella quale gli sforzi di progettisti ed urbanisti
si indirizzano con inedito interesse verso la definizione
concettuale, strutturale ed architettonica dei non-luoghi,
tali essendo i percorsi obbligati lungo i quali si concretizza
l'occasione di esporre alla vista di spettatori di varia cultura
ed estrazione, senza celebrativismi ed enfatizzazioni, ciò
che non fa parte della loro quotidianità ma che, giorno
dopo giorno, può entrare a far parte della loro sfera
psicologica e percettiva.
La realizzazione delle stazioni è stata affidata a
grandi nomi dell'architettura italiana (fra i quali Gae Aulenti
e Alessandro Mendini), mentre le opere esposte negli spazi
appositamente allestiti in ogni stazione, a parte quella che
accede direttamente al Museo Archeologico, appartengono a
vari artisti contemporanei, Albanese, Cucchi, Del Pezzo, Brisani,
Paladino, Rotella, Alfano, De Maria, Sol LeWitt, Pistoletto,
Longobardi ed altri ancora, una schiera eterogenea in grado
di fornire un panorama completo delle varie tendenze e dei
vari linguaggi dell'arte oggi.
Achille Bonito Oliva, coordinatore artistico del progetto
'Stazioni dell'Arte', parla di questo intervento come di un
“museo obbligatorio”, nel quale il pubblico
entra senza timore reverenziale e quasi suo malgrado, superando
nell’incontro casuale con opere “acchiappa-sguardi”
la difficoltà di decodificazione che l’arte moderna
spesso interpone tra sé e l’osservatore, scoraggiando
ogni tentativo di approccio non mediato da interpretazioni
esterne ed estranee (del critico, dell’artista, del divulgatore
ecc.).
Frammisto agli accadimenti della vita, suoni, luci ed interferenze
varie, il linguaggio artistico ne assume i caratteri di normalità,
quotidianità e semplicità.
Questo esempio di sintesi tra arte, urbanistica e architettura può costituire, in un paese come l’Italia notoriamente
refrattario alle ibridazioni disciplinari, un forte segnale
nella direzione dell'interdisciplinarità, dell'integrazione
dei linguaggi e, in senso generale, di un pluralismo culturale
adeguato ai problemi delle nuove realtà sociali e alla
complessa antropologia urbana delle nostre città: forse
è proprio l'arte, a maggior ragione se opportunamente
integrata nello spazio della vita, il mezzo per rapportarsi
con il divenire del mondo e del tessuto sociale, per superare
le difficoltà dell'individuo a definire una realtà
in cui prevale l'indefinitezza, relazionandosi con essa.
link:
L’inconscio collettivo di NewYork viaggia in metropolitana, di Stefano Baratti
Immagini dell’arte
in metropolitana nel mondo
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