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Per una rilettura Femminista del Reina Sofía.
Feminismo: una mirada feminista sobre las avanguardias
di Katia Almerini
pubblicato il 15/09/2010
Un nuovo itinerario di lettura della collezione Museo Reina Sofía di Madrid attraverso la lente femminista.

Il Museo Reina Sofía di Madrid propone un nuovo itinerario: la rilettura della sua collezione attraverso la lente femminista.
Il percorso in oggetto si snoda come un “mea culpa” toccando i grandi maestri dell’arte contemporanea appartenenti alle avanguardie e con coraggio si concentra sui geni intoccabili dell’arte spagnola: primi tra tutti Picasso e Dalì, ai quali si contesta la loro visione della donna  proprio lungo le sale in cui è conservato il massimo capolavoro del museo e uno dei simboli dell’arte contemporanea,  “Guernica”.
Questo progetto non è un’esposizione di opere, né sono presenti pannelli esplicativi, semplicemente si offre la possibilità di incontrare e comprendere l’arte in una maniera nuova, cercando di rendere giustizia alla visione della donna che vive nelle rappresentazioni del museo spagnolo (così come nel resto dei grandi musei del mondo) quasi sempre solo come feticcio, musa ispiratrice o madre sofferente.
Gli stereotipi maschilisti decadono facendo emergere le contraddizioni esistenti nelle sale espositive, è il caso della sala 201 che tratta il rapporto Arte/Guerra Civile attraverso la propaganda, le testimonianze fotografiche e le famose pitture di Picasso sull’argomento. Il volantino che guida questo progetto di rilettura femminista non fa altro che sottolineare ciò che sempre, nel museo, è sotto gli occhi dei visitatori, ossia che l’immagine della donna proposta da Picasso è una donna passiva, madre piangente, un’immagine idealizzata da un fare patriarcale che non corrisponde alla realtà, riportata invece dalle fotografie. La sezione storica ci mostra infatti, le fotografie della Guerra Civile, dove le donne sono lavoratrici, portano abiti maschili e sono anche donne soldato (bisogna ricordare che in Spagna la Guerra Civile fu un momento di forte emancipazione femminile).
L’attacco alla donna, visibile nei manifesti di propaganda, può essere inteso proprio come una reazione al movimento femminista attivo in Spagna dall’inizio dagli anni ’20  (si ricorda che con la Seconda Repubblica le donne potevano votare dal 1932, avevano accesso per legge a ogni tipo di attività pubblica e era previsto per ambo i sessi la possibilità di divorziare).
Il maschilismo generalizzato dell’arte contemporanea spagnola è visibile anche nei vari artisti esposti al museo come: Gutiérrez Solana che rappresenta le donne nude, accanto a manichini e persino dentro a vetrine e bacheche, prive di possibilità di movimento, di aria e di parola come in “Las vetrines” (1910); Roberto Fernandez Balbuena che rappresenta la donna unicamente come fantasia erotica con il corpo in attesa di soddisfare il piacere maschile in “Nude” (1932)  e soprattutto il Movimento Surrealista che ispirandosi a Freud rappresenta una donna senza autonomia, una muñeca (bambola) nelle opere di Danis Bellon, Oscar Domínguez, Salvador Dalí, miscelando erotismo e violenza repressa. Anche alcuni numeri della rivista surrealista “Minotaure”, ci mostrano lo svilimento del corpo femminile, esprimendo una violenza sadica e patologica contro la donna ai limiti della sopportazione (corpi di donne spezzati accanto a testi intellettuali, donne chiuse dentro vetrine e corpi nudi martoriati e mutilati).
L’unico artista che trasgredisce, rappresentando la donna al di fuori degli stereotipi maschilisti è Ángeles Santos. Nelle tele dell’artista spagnolo le donne sono attive, leggono, fumano, si ritrovano  in circoli femminili senza il bisogno di essere nude e il loro corpo è libero da strutture costrittive come nell’opera visionaria “Un mundo” (1929), dove salgono le scale verso mete indefinite e volano libere nello spazio colorato.
Il progetto sottolinea allo stesso tempo la grave mancanza di artiste nella collezione permanente ad eccezione di María Blanchard, Sonia Delauny , Loïe Fuller .

L’idea di rileggere la propria storia attraverso un’autocritica femminista a costo di disturbare l’aura di sacralità che circonda alcuni artisti è un atto ammirevole e coraggioso, per dare inizio a una presa di coscienza del pubblico di massa dei vari stereotipi maschilisti secolari che hanno in parte costituito la tanto ammirata arte contemporanea.
La realizzazione invece, fatta unicamente di un volantino che ai più passa inosservato, senza un rimando effettivo alle sale espositive e per nulla pubblicizzato lascia i visitatori perplessi e insoddisfatti.
Possiamo solo sperare che sia un piccolo passo avanti verso un progetto di una portata più ampia.

Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía
Santa Isabel, 52
28012 Madrid
www.museoreinasofia.es


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di Pietro Pagliardini


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