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Testi di Vilma Torselli su "Antithesi", giornale online di critica d'architettura.
Il più letto in Artonweb: fotografia |
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FOCUS ON |
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Libri
American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
Musei
Milano, apre il Museo delle Illusioni, con incredibili installazioni, illusioni visive, giochi e rompicapi. |
Concorsi
Concorso artistico Lucca Biennale Cartasia 2022, tema conduttore di questa edizione “The white page” (pagina bianca), le infinite possibilità per gli artisti di raccontarsi tramite le opere in carta.
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Premi
I vincitori del Premio Pritzker per l'architettura 2021 sono Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal: talento, visione e impegno per migliorare la vita delle persone. |
In Italia
Al Palazzo Ducale di Genova, dal 9 settembre 2021 al 20 febbraio 2022 grande mostra di Maurits Cornelis Escher. |
All'estero
Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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| Time
capsule di Vilma Torselli pubblicato il 24/3/2006 | "You
should try to keep track of it, but if you can't and you lose it, that's fine,
because it's one less thing to think about, another load off your mind."
(Andy Warhol ) |
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Andy Warhol comincia a raccogliere
fin da bambino, con ossessiva metodicità, in piccole
scatole di cartone marrone tutte uguali che alla fine della
sua vita supereranno le seicento unità, gli oggetti più
disparati che gli passano per le mani (foto, ritagli, cartoline,
articoli di giornale, racconti sulla sua infanzia a Pittsburgh,
manifesti, pezzi di pellicola, fatture), legati a momenti della
sua esistenza in apparenza non necessariamente di particolare
significato.
In queste scatole, che egli chiama time capsule,
non sono tanto gli oggetti che vuol custodire e preservare intrappolandoli
diligentemente entro le pareti di cartone, quanto il tempo stesso
della loro esistenza, la durata di un effimero arco temporale,
un attimo irripetibile bloccato e congelato in un insignificante
frammento di materia.
Piccolo museo antropologico metodicamente
organizzato e mensilmente completato, catalogato ed archiviato
(sul significato antropologico del materiale si sono espressi
anche Jim Richardson, curatore del Museo di storia naturale
di Carnegie, e John W. Smith, responsabile del Museo Andy Warhol
di Pittsburgh ), la time capsule è il personale tentativo
di bloccare la memoria per l'eternità, di fare ordine
nello scorrere caotico del tempo della propria vita, di imbrigliare
in una cronologia documentata un minuzioso racconto autobiografico
fermandone e concretizzandone le emozioni. In seguito, Warhol
attingerà a questi cassetti della memoria per trovare
spunti ed ispirazioni per la sua arte, che, fedele a questa
ossessione giovanile, resterà sempre legata ad una più
o meno radicale feticizzazione dell'oggetto comune, di ciò
che, apparentemente insignificante, egli giudica soggettivamente
degno di essere rappresentato (anche se la soggettività,
nella sua successiva attività artistica, sarà
costantemente, puntigliosamente e vanamente negata). |
Definite
umoristicamente dai suoi amici "Andy's stuff", versione miniaturizzata
e modernizzata della Wunderkammer di un curioso viaggiatore del tempo,
le time capsules , mentre svelano le radici ispirative di una delle personalità
più enigmatiche dell'arte del secolo scorso, al tempo stesso ci confermano
quanto poco sapevamo di lui quando era in vita e quanto dobbiamo ancora scoprire
dopo la sua morte, forse proprio aprendo quelle scatole e, in una sorta di comunicazione
medianica, mettendoci in contatto attraverso gli oggetti con la sua complessità
interiore.
Tutto ciò induce ad una inedita chiave di lettura dell'opera
e della personalità di Warhol, facendo emergere radicali contraddizioni
in un artista universalmente noto come demistificatore del concetto di arte in
quanto processo produttivo di oggetti 'artistici', per lui identificabili tout
court nell'oggetto d'uso comune già pronto (o ready-made), ulteriormente
degradato nella sua valenza iconica dalla ripetitività seriale utilizzata
proprio per togliere di mezzo ogni residuo di unicità dell'opera e quindi
di intervento personale di un artefice. La contraddizione è confermata
dal fatto che per tutta la vita Warhol fu appassionato ricercatore e collezionista di oggetti d'arte, nelle aste internazionali, presso gli antiquari, nei mercati
delle pulci di tutto il mondo, inseguendo i propri sogni negli oggetti cercati
e trovati con appassionata tenacia, senza tuttavia disdegnare di assecondare la
pragmaticità che ne ha fatto l'inventore del marketing d'arte, per sua
stessa affermazione "always looking for that five-dollar object that's
really worth millions." La provocatoria rappresentazione di prodotti
di consumo proposti senza elaborazione, come la famosa lattina di Campbell's
Soup, in immagini volutamente prive di uno stile personale e volontariamente
ancorate al puro e semplice significato oggettuale, pare infatti in contrasto
con il contenuto emozionale che Warhol sembra attribuire all'oggetto banale amorevolmente
custodito nelle sue time capsules e caricato di significati psicologici,
quand'anche strettamente individuali. E proprio la soggettività sembra
l'unico criterio di giudizio per differenziare ciò che va preservato, all'interno
di una scatola di cartone o dentro una cornice, da ciò che va scartato
come residuo inutile ed obsoleto del consumismo.
Ernst Hans Gombrich afferma
"
.. L'opera d'arte significa dunque ciò che significa per
noi, non c'è altro criterio.": non sapremo mai cosa significarono
per Warhol le sue seicento time capsules, ma possiamo ipotizzare che forse, per
lui, fossero quelle le vere opere d'arte di tutta la sua carriera.
Se pensiamo quanti legami rimandino Warhol a Marcel Duchamp,
indiscusso padre spirituale della Pop
Art, è facile il richiamo alla "Boite en
valise" dell'artista francese. Si tratta di un personale museo portatile in cui Duchamp raduna la versione microriprodotta delle sue opere
più significative, spesso accompagnate da foto e disegni
esplicativi, fra le quali una miniatura del "Grand
Verre", gigantesca installazione frutto di dieci
anni di lavoro, per renderle
facilmente trasportabili.
La boite è infatti un raffinato contenitore da viaggio,
prezioso oggetto-valigia in certe versioni fabbricato da una ditta leader
del settore come la Louis Vuitton, prodotto e venduto in edizione
limitata (c'è più di un richiamo anche tra lo
spirito commerciale ed il fiuto per gli affari di Warhol e
quello di Duchamp!).
Partendo da direzioni opposte nel loro significato
concettuale, la boite, sintesi conclusiva di un percorso artistico compiuto e sintetizzato
nelle sue tappe cruciali, e la time capsule, incunabolo di un linguaggio ancora
inesistente, sono entrambe manifestazioni di un'intima necessità di possesso,
inteso come mezzo per esorcizzare la morte, che rappresenta l'ultimo distacco,
quello definitivo, dalle cose e dalla vita. Nelle scatole di Andy resta
ciò che lui ha voluto tramandarci, forse inconsciamente, come la più
significativa traccia di sé, accuratamente sigillata e datata in ordinati,
anonimi contenitori di cartone usciti dal buio del ripostiglio del suo studio
per finire al museo di Pittsburgh e mettere in scena, postuma, la più strabiliante
decontestualizzazione di tutta la sua carriera.
E' questa la vera Pop
Art
link:
Time capsule
Trent'anni dalla morte di Andy Warhol
Pop Art
Andy Warhol e i ritratti di Marilyn
Andy Warhol, "Elvis I and II"
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