Si definisce metastorico ciò che permane nella storia attraverso gli eventi o i cicli che di volta in volta vi si susseguono, percorrendo trasversalmente i tempi. Questo è il ruolo della pittura nella storia dell'arte? "Immune" per lo più da avanguardie, mode, modernismi o post-modernismi vari?
La pittura resterà sempre, a suo modo, "di moda". In seguito all'emancipazione dal ruolo di medium creativo per eccellenza, avvenuto nel secondo dopoguerra (anche se i prodromi si erano già verificati in ambito Dada) con i situazionisti, i nuovi realisti e il gruppo Fluxus, la pittura non ha più preteso di assurgere, con l'eccezione dei neoespressionisti, a medium "di sfondamento" avanguardistico. A differenza del video, dell'installazione, e della performance, la pittura "si è accontentata" di un basso profilo all'interno della storia dell'arte recente, emancipandosi anche dallo scomodo ruolo di araldo sensazionalistico.
Se l'astrazione pittorica riconosce il suo apogeo, nonché la sua presunta morte, nell'opera di Ad Reinhardt negli anni '60, la figurazione non ha avuto, e presumibilmente non avrà mai, un "assassino"; questo perché attingerà sempre da un mondo e da un uomo soggetti a mutamenti, e se morirà, morirà nel momento in cui non si verificheranno più mutamenti sociali, scientifici, tecnologici, antropologici ecc.
Nemmeno il più acerrimo disprezzo per la pittura, o per un certo tipo di pittura, quella eroica ad esempio, da parte dei pittori stessi (Kippenberger ne è un emblema recente) porterà a una dipartita, o comunque a un oscuramento, di questo medium artistico.
"L'impopolarità popolare" della pittura nel sistema dell'arte contemporanea è un fatto curioso, e sotto certi aspetti oscuro, ma non totalmente inspiegabile. Circoscrivendo il fenomeno al mondo occidentale, si può dedurre il primo fondamentale motivo per cui quella della pittura resta una "questione calda", anche quando si fa di tutto per osteggiarla dal contesto artistico contemporaneo: è parte integrante della memoria storica collettiva, ed è un elemento imprescindibile della primissima educazione. Se oggi, nello sdoganato e ormai ampiamente vigente relativismo creativo, si può dipingere, nonché arrivare al successo, senza conoscere i capisaldi della tradizione pittorica occidentale, non si rimane però indifferenti nel guardare un dipinto, anche di pessima fattura, per il solo motivo che si tratta di un dipinto, cosa che invece può accadere osservando, ad esempio, un'installazione. Il dipinto trascina dietro di sé "un'aura" storica che si traduce in pretesa nello spettatore; rimane qualcosa di ammaliante, che non lascia indifferenti in nessun caso i suoi fruitori, a prescindere dal livello culturale di questi.
Si tratta inoltre di un medium creativo "democratico" e vicino alla gente: se non si dipinge, di sicuro si conosce qualcuno che si cimenta in tale pratica, prescindendo, a volte totalmente, da una formazione artistica. Si inizia a dipingere anche in pensione, senza aver toccato un pennello prima, cosa che difficilmente accadrà, ad esempio, con la scultura. Questa osservazione, per nulla originale ma che non deve risultare scontata, fa riecheggiare la famosa asserzione di Duchamp "Stupido come un pittore".
Il sentito dibattito che puntualmente scatta intorno alla pittura nasce dall'impulso di sentirlo come un argomento intimo, personale, su cui, per quanto comune, si ha comunque una posizione al riguardo. Per questo motivo, anche se adombrati dalle artistar del momento, i pittori avranno sempre il loro posto riservato nella storia dell'arte. E come accade nell'ambito commerciale del sistema arte, in cui un dipinto rappresenta anche in tempo di crisi un investimento sicuro, così anche in un periodo di scarsa innovazione creativa, occuparsi di pittura è un "rifugio" sicuro anche quando la credibilità dell'arte contemporanea dà segni di cedimento come in questi ultimi anni.
La spinta innovatrice può esaurirsi in ambito performativo, installativo, video ecc. e quindi far risultare queste pratiche noiose anche se contenutisticamente inedite, ma questo difficilmente accadrà per la pittura, che avrà sempre qualcosa da dire appunto perché "parla sottovoce".
Quando allora si può parlare di pittura contemporanea? La pittura, come si è visto, è perlopiù immune alle questioni di moda e di tendenza, non ultima quella di attribuirle l'etichetta "contemporanea". La pittura elude questa categorizzazione a monte, e questo fa sì che quando ci si trova davanti a un dipinto in una mostra di arte contemporanea non ci si chieda se è legittimo che sia lì o meno. A prescindere dal contenuto e dallo stile si dà per scontato che sia legittimato a stare lì, salvo una palese inattualità formale.
Questo non vuol dire che qualsiasi tipo di pittura sia legittimata a comparire in una mostra d'arte contemporanea, ma i criteri di valutazione per un dipinto non sono gli stessi utilizzati per un altro "prodotto artistico". Se oggi è preferibile che un'opera d'arte non si limiti a un "impatto esclusivamente formale" ma susciti curiosità sulla sua realizzazione e possegga l'ambiguità tipica del prodotto artistico, un dipinto può in parte emanciparsi da questa analisi in profondità; e non per una presunta facilità di lettura di un'immagine rispetto a un "processo" creativo, ma per l'immediatezza insita nel medium.
Ciò che è metastorico ha anche la virtù di spiegare i fatti storici meglio degli eventi transitori, anche se rivoluzionari. Così la pratica pittorica può essere considerata in grado di spiegare la storia dell'arte meglio di qualsiasi avanguardia o di qualsiasi capolavoro isolato. La necessità di comunicare attraverso le immagini e in particolar modo attraverso la figura umana lo stato sociale, nonché psichico, dell'uomo è una caratteristica eterna della pittura e della storia dell'arte tutta. Il fatto che non si esaurisca mai il bacino da cui attingere immagini da ritrarre è dovuto, come già detto, all'inesauribile materiale esperienziale che la vita offre all'arte.
La pittura quindi, oltre ad avere una valenza edonistica, potrebbe possedere la chiave per meglio decifrare la storia dell'arte, compresa quella del secondo novecento e, grazie al suo ruolo metastorico, resistere "ai tempi" senza dare segnali di cedimento. |