Creare un’immagine liberamente, esprimere “la propria arte”, quindi scegliere liberamente un soggetto e raffigurarlo è senz’altro diverso dal realizzare un lavoro commissionato.
Il bello di illustrare libri e soprattutto copertine è proprio questo, non cadere nel tuo soggetto preferito, ma avere a disposizione non soltanto un tema, ma un romanzo. L’input può quindi essere semplicemente un estratto, una parte più o meno estesa unita da un breve riassunto, ma la lettura completa del romanzo permette sicuramente un’assimilazione migliore. Ci sono approcci molto diversi nel rappresentare un’illustrazione di copertina (o scegliere un’immagine tra tante), qualcuno addirittura sostiene che sia meglio non conoscere il testo.
Questo ovviamente non è il nostro approccio. Per noi illustrare un testo significa rappresentarlo in qualche modo, e anche fedelmente, seppur passando dalla lente sensibile dell’illustratore.
Quel che ci affascina nel linguaggio visivo è proprio la soggettività, ovvero la meravigliosa varietà di percezione di un contenuto visivo da parte di diversi osservatori. Quello che si chiede quindi di solito a un illustratore nello scegliere e realizzare un soggetto di copertina è di invogliare il maggior numero di possibili lettori ad avvicinarsi al libro: a scegliere quel libro tra tanti.
E qui si tratta di conoscere un meccanismo, avvicinarsi a un “prodotto”, il libro, cercare di arrivare a un risultato convincente sia per noi che per l’editore. L’errore peggiore secondo noi è quando consapevoli di questo meccanismo si arriva a “forzarlo”: è questo il caso in cui un committente tenta di elaborare presunte strategie chiedendo di realizzare l’immagine in un certo modo (ben preciso e vincolante da una parte, confusionario e lontano dall’obiettivo in realtà voluto dall’altra), convinto che così attirerà quantità di acquirenti.
Il principale parametro dev’essere di tipo qualitativo, non quantitativo (sebbene è indubbio che l’editore deve far funzionare la propria attività e quindi vendere i propri libri). Per il resto crediamo che ogni illustratore possa avere un approccio diverso, e un proprio personale processo creativo.
In questo ci siamo trovati perfettamente in linea con Edizioni XII (e i suoi collaboratori) che ci ha dato una grande soddisfazione.
Intendiamo che si tratta di esaltare le qualità già intrinseche di una cosa, ovvero del romanzo, sia quando si tratta di realizzare la copertina, sia quando si tratta di doverlo pubblicizzare. In questo senso oltre che nell’ambito editoriale abbiamo lavorato anche in ambito pubblicitario, sia realizzando illustrazioni che progetti grafici coordinati, ma ad oggi l’editoria rimane il nostro settore prediletto, un po’ perché ci piace leggere, un po’ perché siamo più inclini a tutto ciò che è letteratura, immaginario, e racconto rispetto a qualcosa di più strettamente legato al mercato e al prodotto per così dire di “consumo”.
La copertina, che è il primo impatto, l’aspetto con cui il libro si presenta al lettore, potrebbe essere inteso come il contenitore in cui sta l’oggetto.
Bellissimi gli antichi libri di decenni fa che si possono trovare sulle bancarelle antiquarie, nei negozi dell’usato, fino alle pergamene… Rovinate, macchiate. A volte la copertina è letteralmente a pezzi! A noi piace tutto ciò che mostra l’usura del tempo e ciò che in effetti è durato nel tempo (come le preistoriche incisioni rupestri).
Persino le parole sono sbiadite. Ma il libro sopravvive. Il romanzo, o il saggio, il contenuto.
Allora verrebbe da chiedersi, perché investire tempo e denaro in una copertina se tanto sarà la prima cosa a rovinarsi?
Esistono lumache con e senza il guscio, ma un guscio ben fatto e robusto è sempre un ottimo riparo.
Una casa del libro, dove le parole si svegliano la mattina e si assopiscono la sera quando accompagnano il lettore verso i sogni (o gli incubi…) fino a che non chiude gli occhi. Ed ecco la copertina mostrarsi.
La copertina può anche essere la coperta che scalda il libro, ma trasparente, non deve nasconderlo o forzarne il senso. Chiaramente non è necessario essere didascalici, e non si tratta di rivelare il libro, come una prefazione troppo dettagliata ed eccessiva potrebbe fare, e anche qui ci troviamo d’accordo con Edizioni XII sul giusto equilibrio di “introduzione al testo” e “curiosità” per il mistero non ancora svelato. Noi parliamo in merito alla parte visiva, ma crediamo corrisponda anche sul piano testuale. È proprio questa corrispondenza che ci interessa, e che contraddistingue il lavoro visivo editoriale, o per esempio il fumetto, e tutto l’ambito di contaminazione di linguaggi che include testi e immagini. Ci ha fatto molto piacere quando durante alcune presentazioni alcuni lettori ci hanno fatto notare di essere rimasti sorpresi dalle corrispondenze e dei rimandi simbolici o narrativi tra i singoli racconti e le loro illustrazioni, comprensibili/decifrabili solo dopo aver letto. Nel caso di Archetipi per esempio, della collana Camera Oscura di Edizioni XII, anche la giornalista Antonella Beccaria durante una presentazione ha notato questo aspetto e la struttura a “mappa” delle immagini, come un percorso nel quale il lettore può ritrovarsi. Non in tutti i lavori manteniamo questa struttura a “mappa”, spesso ci piace variare, ma questo approccio ci è piuttosto familiare e ci sembrava particolarmente adatto per quel libro.
Per noi illustrare una copertina è introdurre, quindi non inventare o aggiungere idee, ma sfruttare al meglio quelle che il testo ci suggerisce e che più ci ispirano. Ogni libro è pieno di stimoli visivi, e soprattutto un buon libro attiva il pensiero creativo, l’immaginazione, che in effetti non nasce mai da nulla.
Ecco perché non ci interessa fare un “bel disegno”, una “bella illustrazione”, ma nemmeno necessariamente un’“opera d’arte”, ci piace fare quello che per noi è nelle corde del libro, dell’illustrazione editoriale per come noi la vediamo, e ovviamente a volte l’immagine ricercata non emerge subito, così si va avanti finché il risultato non ci soddisfa. Questo anche per quanto riguarda le illustrazioni interne.
Se come già accennato sopra può capitare di ricevere una richiesta dal committente contro il suo stesso interesse, ovvero di realizzare un’immagine che secondo noi non è nelle corde del libro, anche l’autore stesso a volte può cadere in questo tranello.
Chi meglio può conoscere il testo se non l’autore?
Questo è indubbio, ma non comporta che l’autore sappia come realizzare un’immagine in modo efficace. Occorre in questo senso, oltre a una base di fiducia reciproca, capire quali sono i concetti che all’autore stanno più a cuore, o passaggi del testo che reputa particolarmente significativi o eloquenti, se necessario può guidare l’illustratore verso un soggetto efficace indicandogli soggetti, documenti o concetti legati al libro. Molto spesso facciamo anche un lavoro di ricerca per capire meglio alcuni riferimenti del testo, e se utile, una ricerca iconografica, per esempio quando ci siamo trovati ad affrontare il tema delle maschere veneziane, piuttosto che il Risorgimento Italiano, o per illustrare articoli di riviste.
In alcuni casi è utile interfacciarci quindi con l’autore, altre volte è sufficiente leggere il testo.
Spesso è più facile trovarsi in sintonia senza doversi spiegare troppo a parole e piuttosto sottoporre una bozza, far vedere direttamente l’immagine piuttosto che cercare di “spiegarla”.
Riguardo al nostro approccio verso l’“estetica”, crediamo che in realtà esista una conoscenza sensibile e intuitiva che va oltre il ragionamento razionale, e la percezione visiva è uno dei sensi che tende ad attivarla.
Oggi, senza conoscerne la storia, vengono comunemente percepite come “banali decorazioni” iscrizioni di migliaia di anni fa che si è scoperto attraverso studi comparati essere sistemi di comunicazione, simboli. Un esempio è quello degli ideogrammi asiatici, che per un occidentale che non ne conosce il significato appaiono bellissimi segni grafici. Nulla di male, a noi per primi è sempre piaciuto tutto ciò che è segno anche senza poterlo “decodificare”, dall’incisione rupestre, alle antiche iscrizioni fino agli ideogrammi tuttora in uso, alle incisioni ottocentesche, ai dipinti dell’arte fiamminga, al simbolismo, alla fotografia contemporanea che amplifica la nostra percezione, conoscenza e immaginazione di forme esistenti.
Ovvero la gradevolezza e armonia visiva di tali segni sono un tutt’uno con il loro significato, per cui non c’è netta demarcazione tra ciò che è bello e ciò che ha significato. Così come spesso molte cose definite decorative hanno in realtà un richiamo verso qualcosa, per esempio simbolico.
Quindi l’importante per noi è che l’immagine si leghi bene con il testo, pur mantenendo le nostre predilezioni e influenze, per esempio la tendenza a cercare i punti di vista interiori rispetto a quelli esterni (come le emozioni dei personaggi), e un linguaggio espressivo che fa del visivo il collante tra la realtà esterna e la percezione che se ne ha. Dal momento che siamo vivi tutto ciò che vediamo ha un’espressione, sensibile a ciò che accade intorno.
L’illustrazione presa a parte, slegata dal libro può piacere o non piacere, come tutto ciò che cade sotto la lente soggettiva del gusto (anch’esso soggetto a continui cambiamenti sia personali che collettivi), ma questo non ha a che vedere con il lavoro dell’illustrare.
Come già detto altrove la copertina non deve coprire il libro, deve scoprire quello che c’è dentro, in modo che il lettore possa intuire qualcosa e incuriosirsi. Una sorta di “naturalismo” letterario e visivo in cui parole ed immagini non fanno altro che esprimersi.
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