Mi sono casualmente imbattuta in un giornale online spagnolo, "La Ilustración Liberal - Revista española y americana", testualmente autodefinito “una revista de pensamiento político y económico dedicada a divulgar el liberalismo”: ciò che mi ha incuriosito è un articolo dal titolo “Mito y mitos de la Guerra Civil”, che riporta un intervento di Pio Moa, storico, autore del libro “Los mitos de la Guerra Civil” durante una conferenza tenutasi a Rimini il 27 agosto 2005.
Per pura coincidenza, lo stesso argomento oggetto dell’articolo mi viene segnalato con una e-mail da Gianfredo Ruggiero, presidente del Circolo Excalibur, autore di un articolo pubblicato sul giornale online VareseNews, nella sezione Lettere al Direttore, in data 26 settembre 2012 dal titolo "GUERNICA, la verità oltre il mito".
Da una ricerca ulteriore apprendo che ne hanno scritto anche Vittorio Messori, articolista del Corriere della sera (“Guernica, la verità dietro la leggenda”, 2003), Stefano Mensurati, documentatissimo autore del libro “Il bombardamento di Guernica", e che la versione dei fatti che di seguito espongo è confermata da numerosissimi siti spagnoli: insomma, confessando la mia ignoranza, pare che la notizia fosse il classico segreto di Pulcinella.
Tutte le fonti riferiscono infatti di numerose e tutt’altro che irrilevanti menzogne tramandate fino ad oggi e da più parti circa la genesi del dipinto forse più famoso di Pablo Picasso, “Guernica”, olio su tela di monumentali dimensioni (349×776 cm) oggi conservato al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid.
Secondo queste fonti, che io non sono in grado né di smentire né di confermare (*), in realtà il quadro sarebbe ‘riciclato’, dipinto dall’artista assai prima dei fatti di Guernica e da lui dedicato al torero Ioselito in occasione della morte di quest’ultimo, titolando l’opera "En muerte del torero Joselito". Solo in seguito, nel 1937, il quadro cambierà il titolo per diventare quello che conosciamo, tragica celebrazione del bombardamento tedesco nella cittadina basca di Guernica, come tale presentato all'Esposizione Universale di Parigi nell’anno seguente. Questo il primo motivo che fa gridare al falso storico e che inevitabilmente fa slittare la discussione dal piano artistico a quello politico ed al conflitto tra ideologie anti e pro franchiste.
Per i dettagli di cronaca sull’intera vicenda e sui suoi molti aspetti oscuri se non deliberatamente falsificati, rimando ai link sulle fonti, volendo invece riflettere su alcuni risvolti di carattere etico e deontologico che non cambiano il corso della storia, ma forse ridimensionano il giudizio sull’autore e sull'opera.
Nella quale, a ben guardare, dei molti riferimenti simbolici raffigurati nessuno fa esplicita allusione al paese basco, né alla morte del torero, né al luogo e al tempo di qualche episodio specifico, molti sarebbero i titoli che potrebbero attribuirsi a questo quadro che, nei suoi elementi costitutivi e descrittivi e nel loro arbitrario assemblage, è prima di tutto un manifesto contro la morte e la violenza in generale, quella di Guernica come quella di molti altri paesi.
Il linguaggio concitato e scomposto, le linee spezzate, le figure deformate, l'essenzialità cromatica, i forti contrasti tonali sono tutti elementi che denunciano il profondo coinvolgimento emotivo dell’artista, il sentire tragico di chi viene sopraffatto dal dolore per una vita privata di ogni sacralità, poco importa che tutto ciò sia innescato dalla morte di Ioselito o dal bombardamento di Guernica, in questo quadro Picasso attinge ad un discorso universale, cosmico, collettivo che tutti e tutto coinvolge: proprio questo aspetto dell’opera ne determina la modernità atemporale, la sua possibilità di rinnovare ancora oggi a chiunque guardi quel quadro lo stesso messaggio ammonitore sulla follia omicida dell'uomo.
Facendo leva su sentimenti universali senza tempo nè confini, lo sgomento attonito davanti alla morte, la suggestione del simbolismo negli elementi comuni e realistici di un luogo quotidiano esistente nell'immaginario collettivo di tutte le culture, il messaggio di questo quadro è destinato a sopravvivere, quand’anche più nessuno si ricordasse del bombardamento di Guernica, perché è diretto alle coscienze e non alla memoria.
Quanto alla strumentalizzazione politica del dipinto, è un evento che spesso si verifica, lo hanno fatto il nazismo, appropriandosi delle oniriche visioni di Arnold Böcklin, il fascismo, il franchismo, ma il tempo ha ristabilito le distanze e le corrette prospettive di lettura.
E credo che oggi a nessuno, davanti a “Guernica” in qualunque museo venga esposto, importi di sapere a quale preciso e veritiero episodio di cronaca si riferisca, quanto piuttosto di trovarvi un significato ‘oltre’, una verità che prescinde dalla storia, la verità del sentimento, della solidarietà, dell’umana ‘pietas’ davanti alle sofferenze dell’altro.
Come dire che il senso di un'immagine sta nei sentimenti che suscita in chi la guarda, qualunque sia il tema utilizzato come mezzo per veicolare il messaggio.
Questo è ciò che succede nell’arte, del resto proprio Picasso ci ha insegnato che “L'arte è la menzogna che ci permette di conoscere la verità.”
(*) vale la pena di dare menzione di un'altra, seppur poco nota, fonte di notizie sul dipinto, che, secondo un curioso personaggio a nome Umberto Joackim Barbera, sarebbe una sorta di rebus pittorico, da risolversi per tentativi, come in un gioco enigmistico: http://laveritasuguernica.blogspot.it/
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