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Ferdinand de Saussure e il valore del segno
di Clario Griguzzo
pubblicato il 24/11/2012 |
‘illimitatezza segnica’ come catalizzatore del distacco dell’arte contemporanea dal tessuto culturale comune. |
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Martin Creed, Work No. 88 (1994) |
Saussure (1) ha definito il segno linguistico un'entità essenzialmente arbitraria. Ciò che nel segno è forma eidetica, il concetto a cui rimanda (il significato), non ha nessun legame originario e naturale con la forma concreta, l’espressione destinata a rendere l’idea comunicabile (significante). Né tantomeno il significato dell'espressione è collegato al trascendente o al naturale, ma, così come l’espressione visibile o udibile che la rappresenta, ha un valore puramente convenzionale (storico) e utilitaristico (sociale). Questa “doppia arbitrarietà” fa sì che nulla di originariamente metafisico o naturale sia inerente al segno e, quindi, ciò che determina il suo utilizzo è esclusivamente il suo valore (2) immanente, mondano. Il segno è dunque un prodotto sociale, per nulla legato al trascendente appunto perché arbitrario. |
Il legame che unisce il significante al significato è arbitrario, o ancora, poiché intendiamo con segno il totale risultante dall'associazione di un significante a un significato, possiamo dire più semplicemente: il segno linguistico è arbitrario.(3) |
Saussure ebbe invece riserve riguardo al simbolo, definendolo qualcosa che non è mai totalmente slegato da un significato metaforico o naturale (4). Ma il segno della lingua parlata e scritta ha peculiarità specifiche nel contesto semiologico. |
Le altre istituzioni umane – i costumi, le leggi, ecc. - sono tutte basate, in gradi diversi, sui rapporti naturali delle cose: vi è in esse una congruenza necessaria tra i mezzi impiegati e i fini da perseguire.
Perfino la moda che fissa il nostro abbigliamento non è interamente arbitraria: non ci si può allontanare oltre un certo limite dalle condizioni dettate dal corpo umano.(5) |
Quindi ciò che bisognerà analizzare del segno linguistico, e del suo sistema di riferimento, la lingua, sarà unicamente il suo legame all'elaborazione psichica, e sopratutto funzionale (pratica), di questa determinata comunità, tralasciando aspetti trascendentali e naturalistici, men che mai universali. |
Essa (la lingua) è al tempo stesso un prodotto sociale della facoltà del linguaggio ed un insieme di convenzioni necessarie, adottate dal corpo sociale per consentire l'esercizio di questa facoltà negli individui.(6) |
Inoltre, per Saussure, il senso e l’utilità di un segno non vanno ricercate nella sua specifica singolarità, analizzandolo isolatamente. Un segno preso solo in sé stesso non serve a nulla e, essendo un'entità puramente negativa, non ha significato o valore sostanziale. Ciò che fa sì che il segno acquisisca valore, e quindi, utilità sociale, è solo il rapporto contrastivo con gli altri segni (7).
Sia dal lato psichico - eidetico, quindi individuale, che da quello espressivo - materiale, quindi collettivo, il valore del segno è condizionato preliminarmente dalla struttura generale che sottende alla lingua (8), che rende il segno arbitrario ma anche funzionale alla comprensione e alla comunicazione tra individui. Se si rifiutasse lo specchio visibile di questa struttura, il contratto sociale, un qualsiasi segno sarebbe inutilizzabile nella comunicazione. Il segno non può quindi svincolarsi da questo insieme di convenzioni, spontanee ma adattantesi alla struttura, se vuole significare qualcosa. |
L'arbitrarietà del segno ci fa capire meglio perché soltanto il fatto sociale può creare un sistema linguistico. La collettività è necessaria per stabilire dei valori la cui unica ragione d'essere è nell'uso e nel consenso generale; l'individuo da solo è incapace di fissarne alcuno.(9) |
L’iniziativa individuale nella creazione di un segno non è per questo totalmente preclusa, anzi è la causa prima del vocabolario comune, ma ogni “nuovo” segno deve venire compreso e accettato dalla comunità, e inserito, di conseguenza, nel tessuto linguistico già esistente, pena l’inutilità semantica dello stesso.
Il segno, quindi, pur essendo ontologicamente privo di valore, ha un valore immanente al contesto in cui viene utilizzato. E se proprio qualcosa di universale deve essere rintracciato nel sistema linguistico, sarà il sistema stesso, inalienabile dalla sua struttura, questa sì, trascendente.
Si può trattare il segno artistico, e il sistema in cui è inserito (il linguaggio dell’arte), prendendo come riferimento le teorie linguistiche di Saussure?
A proposito dell'applicabilità o meno del modello strutturalistico ad altri campi della cultura scrisse: |
Il problema linguistico è anzitutto semiologico [...] Se si vuol capire la vera natura della lingua, bisogna afferrarla anzitutto in ciò che essa ha di comune con tutti gli altri sistemi del medesimo ordine; […] Per questa via non soltanto si chiarirà il problema linguistico, ma noi pensiamo che considerando i riti, i costumi ecc. Come segni, tali fatti appariranno in un'altra luce, e si sentirà allora il bisogno di raggrupparli nella semiologia e di spiegarli con le leggi di questa scienza.(10) |
Anche se non si può troppo rigidamente applicare al linguaggio dell'arte la struttura di Saussure, visto che non tutti i segni artistici, soprattutto quelli simbolici e tradizionali, sono arbitrari, e che il rapporto/contrasto tra loro conta relativamente, si possono però considerare l’importanza delle differenze di segno e la loro ricaduta sul valore semantico dell'opera all'interno del sistema. Senza tralasciare l’importanza della qualità di tali differenze.
Avventurandoci nel generale, l’immanenza del sistema di valori (al di là di ogni metafisica) e il suo carattere prevalentemente sociale non impedisce all’esistenza di produrre senso e significati, che, anche se principalmente orientati all’ordine funzionale, non rimangono inerenti esclusivamente a tale sfera. La “collocazione” del soggetto in un meccanismo ordinato da leggi (spontanee) e da convenzioni (non scritte), anche se sostanzialmente arbitrario, rende possibili distinzioni non particolaristiche ma sistemiche, favorenti, sempre per contrasto, un ruolo determinato all’interno del sistema; da qui la possibilità di una più funzionale comunicazione interpersonale, che, pur non essendo universale, ha valore per tutti i soggetti che fanno parte di questo specifico “sistema” (le lingue nel caso segno linguistico) (11).
La deriva nell’individualismo equivale alla creatività slegata della lingua “comune” tramandata dall’arte; creatività che si caratterizza solo per un pressoché assente valore semantico (se non per l’autore), e di conseguenza inutile socialmente, soprattutto sotto l'aspetto culturale.
Una visione strutturale del linguaggio artistico non esclude ovviamente qualsiasi espressione concernente l’esperienza psichica individuale, ma, come per la lingua comune, incentiva ed esige la collocazione della stessa in un contesto intelligibile per la collettività, quindi all’interno di un sistema semantico sostanzialmente accettato all’unisono, ma non per questo impenetrabile. Contesto in cui qualsiasi segno, nuovo o meno che sia, possa essere accettato e compreso prescindendo dal particolarismo dell’autore. Per questo motivo, pur astraendo dal valore oggettivo e trascendente dell’arte, l’inserimento di questo segno in un territorio comune, limitato ma non limitante, risulta importante per generare valore e utilità culturale (e sociale).
Un contesto in cui qualsiasi segno particolare viene accettato prescindendo dalla sua utilità sociale e culturale è pura indistinzione, e causa di una proliferazione di segni individualistici impossibili da collocare in un tessuto significante. Il linguaggio dell'arte così (dis)organizzato sarebbe solamente un ricettacolo di espressioni senza significato comune. E ciò non comporterebbe altro che lo sfaldarsi del sistema nella direzione di una deriva caratterizzata da una informità di segno dilagante.
Ma non si può nemmeno negare che la “lingua” dell'arte sia ben più incontrollabile, per sua stessa natura, di quella parlata e scritta. La proliferazione di segni particolaristici che destabilizza un sistema di segni ereditato (la storicità dell'arte) è una delle caratteristiche più proprie all’arte contemporanea e forse la sua più essenziale funzione (quando non addirittura la creazione ex-novo di sistemi di segni a loro volta particolaristici). Questo processo è reso inevitabile, e anzi favorito, da una struttura dissolta che si rinnova ad libitum grazie all’indistizione del segno. Il risultato è che quel che si è guadagnato in “illimitatezza segnica” lo si è perso in valore e coesione sociale, e da qui l’effetto più evidente è l'allontanamento dell’arte contemporanea dal tessuto culturale comune. |
Note:
1. Ferdinand de Saussure (Ginevra, 1857 – Vufflen, 1913) è considerato il padre della linguistica moderna, e più specificamente della linguistica strutturale. Inizialmente si dedicò a studi di chimica e fisica presso l'università di Ginevra per poi volgersi alla filosofia e, soprattutto, alla linguistica. Nel 1876 si iscrive alla Société de linguistique di Parigi da poco fondata, e nello stesso anno si trasferisce a Lipsia per compiere gli studi in linguistica. Prima di recarsi in Germania pubblica, giovanissimo, il suo primo lavoro presso la Société, Mémorie sur le système primitif des voyelles dans les langues indo-européennes, diventando in breve tempo già molto conosciuto e discusso in ambito accademico. In questa precoce pubblicazione risiedono già, in nuce, molti dei celebri principi Saussuriani in materia linguistica. È da questa pubblicazione che Saussure avvia una ricostruzione generale dell'apparato linguistico fin dalle fondamenta, ponendosi problemi riguardanti la forma e non la sostanza del fatto linguistico, così da analizzare le unità linguistiche non nella loro singolarità ma nella loro funzionalità strutturale, asserendo che il valore di un'entità linguistica è essenzialmente relazionale e oppositivo, e non individuabile prescindendo da un sistema generale di valori.
Si laurea nel 1880 all'università di Lipsia per poi proseguire gli studi a Parigi, ricongiungendosi così all'ambiente della Société. Qui l'affermazione di Saussure è rapida, e già nel 1881, all'età di 24 anni, diventa docente di linguistica storica e comparata presso l'Ecole de Hautes Etudes. Accanto all'attività universitaria proseguì il suo impegno nel collocare l'analisi linguistica entro problemi di carattere generale. Nel 1882 viene nominato segretario aggiunto della Société e allo stesso tempo si dedica alla redazione delle Mémoires della società. Qui è anche dove si forma più compiutamente lo stile della scuola Saussoriana.
Dopo gli anni di Parigi tornò a Ginevra nel 1891 per insegnarvi, in una cattedra istituita appositamente per lui, linguistica. Dal 1906 la Facoltà di lettere e scienze sociali di Ginevra gli affida l'insegnamento di linguistica generale. È dalle lezioni di questi celebri corsi, tre per l'esattezza, che si ricaverà il materiale per la stesura del Corso di linguistica generale, da Saussure iniziato ma mai concluso, e pubblicato solo postumo, nel 1922, da tre suoi allievi: Sechehaye e Bally, tra i fondatori della scuola linguistica di Ginevra, e il russo Karcevskij. È in questi corsi che affiorano compiutamente coppie di definizioni diventate poi celebri non solo in linguistica, tra le quali sistema e struttura, arbitrarietà e valore del segno, identità e differenza, sincronia e diacronia, che anzi influenzarono importanti teorie strutturalistiche nei più disparati settori della cultura novecentesca. Nel 1912 è costretto a sospendere l'insegnamento a causa dell'aggravarsi delle condizioni di salute. Saussure muore a Vufflens-le-Château nel 1913. I suoi contributi, su tutte la tesi dell'universalità della struttura del linguaggio, rimangono tra i lasciti più importanti della linguistica alla cultura contemporanea. Bibliografia essenziale (pubblicazioni in italiano): Corso di linguistica generale, Laterza, Bari, 1967.
2. Dove per valore del segno Saussure intende il valore relativo, ed esclusivamente in termini di differenza: differenza tra un segno e un altro e di un segno con la totalità dei segni presenti nella lingua.
3. F. De Saussure, Corso di linguistica generale, Laterza, Bari, 1967, pp. 85-86
4. «Il simbolo ha per carattere di non essere mai completamente arbitrario: non è vuoto, implica un rudimento di legame naturale tra il significante e il significato. Il simbolo della giustizia, la bilancia, non potrebbe essere sostituito da qualsiasi altra cosa, per esempio da un carro.», Ivi, pp. 86-87
5. Ivi, p. 94
6. Ivi, p. 19 (parentesi mie)
7. Per spiegare il concetto di “rapporto oppositivo” Saussure utilizzò come metafora il gioco degli scacchi: «Una partita a scacchi è come una realizzazione artificiale di ciò che la lingua ci presenta in forma naturale […] il valore rispettivo dei pezzi dipende dalla loro posizione sulla scacchiera, allo stesso modo nella lingua ogni termine ha il suo valore per l'opposizione con tutti gli altri termini
.», Ivi, pp. 107-108
8. La struttura è il fondamento astratto di ogni sistema linguistico (la lingua), invisibile ma determinante. Quindi i rapporti tra entità segniche sono strutturali a priori, entità che nel loro utilizzo pratico, i segni, non possono prescindere da questa collocazione sistemica, seppur questa possa essere differente, in civiltà e tempi diversi.
9. Ivi, p. 138
10. Ivi, p. 27
11. «Di regola, noi non parliamo per segni isolati, ma per gruppi di segni, mediante masse organizzate che sono esse stesse segni.
Nella lingua, tutto si risolve in differenze, ma tutto si risolve altresì in raggruppamenti.», Ivi, p. 155 |
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