Che le dinamiche del mondo dell’arte siano in continua evoluzione non è una novità, ma è davvero sorprendente una tendenza profilatasi negli ultimi anni: quella che vede un cambiamento significativo nel ruolo delle case d’asta.
Il mondo dell’arte, specie quella contemporanea, si regge oggi su un sistema che assembla soggetti, competenze e funzioni altamente specializzate entro un contesto globalizzato caratterizzato dalla massiccia presenza e dalla continua evoluzione delle tecnologie di supporto, comportando tutto ciò la corsa continua verso l'innovazione e il perfezionamento dei meccanismi tradizionali.
Principali motori del mercato dell’arte, oggi, in linea con le mutate dinamiche di marketing, le case d’asta hanno assunto anche la funzione di veri e propri divulgatori di tendenze, concedendo agli artisti i cui pezzi vengono messi all’incanto, non solo una vetrina per vendere, ma anche uno spazio privilegiato e adeguato per esprimersi, sia che si tratti di nomi già noti, sia che si tratti di figure emergenti.
A questa nuova visione del ruolo della casa d’aste si deve il lancio e il crescente successo di un’artista come Maria Lai, grazie alla iniziative a lei dedicate e curate da Minerva Auction, una casa d’aste giovane e dinamica supportata da un’equipe di esperti del mondo delle aste e del mercato che perseguono l’idea di una struttura non solo commerciale, ma anche culturale.
La casa d’aste diviene così uno spazio polivalente modernamente inteso, luogo di aggregazione per chi condivide comuni interessi, galleria d’arte per esposizioni gratuite delle opere prima di ogni asta, mediatore culturale potenzialmente in grado anche di qualificare la vita relazionale del contesto socio-urbanistico in cui si colloca.
Tra le artiste che hanno lasciato una profonda impronta nell’ambito dell’arte moderna e contemporanea, complice un carattere riservato, l’attaccamento alla sua Sardegna, l’opposizione nei confronti di un’arte che sia legata soltanto a preoccupazioni di carattere economico e la sua umiltà (“Giocavo con grande serietà, a un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte” ha affermato), l’artista sarda Maria Lai, nata ad Ulassai nel 1919 e morta a Cardedu nell’aprile 2013, sebbene sia divenuta nota anche oltreoceano, ha inizialmente stentato a farsi conoscere nel contesto italiano.
Ripercorrerne l’opera equivale a seguire le tappe di un lungo e tormentato percorso che è l’elaborazione della solitudine in cui la confina la sua salute troppo cagionevole, del disagio dell’inserimento scolastico e del dolore scaturito dalla perdita precoce dei suoi fratelli.
La Lai si accosta inizialmente al disegno, che insegna anche per un certo tempo in una scuola elementare, mostrando poi una predilezione per la scultura, grazie ai suoi maestri Angelo Prini e Marino Mazzacurati prima, Arturo Martini e Alberto Viani poi, all’Accademia delle Belle Arti di Venezia.
La ricerca di Maria Lai raggiunge la sua maturità a Roma, durante quei suoi 10 anni di silenzio artistico.
Mentre soggiorna nella Capitale, infatti, grazie al suo dirimpettaio, lo scrittore Giuseppe Dessì, Maria riscopre le leggende della sua terra, conquistando finalmente la chiave di volta della sua arte: l’ermeneutica del futuro attraverso il confronto con il passato.
Negli anni ’80, allora, la Lai che ha fatto pieno il suo bagaglio di suggestioni dettate dall’Arte Povera e dall’informale, riparte dal pane e dai telai della sua Sardegna, per poi approdare alla poesia del suoi Libri Cuciti.
Da questo momento in poi, l’America la acclama come una delle principali artiste del secolo scorso e lei risponde continuando a innovare ancora, con le sue operazioni sul territorio.
Nel tentativo di fare della sua opera un’esperienza più che un oggetto, la Lai dà vita a Legarsi alla Montagna: operazione che si ispira a una leggenda di Ulassai e che viene qui realizzata.
Maria Lai, lega tutte le porte, i palazzi e le vie di Ulassai, servendosi di circa 27 km di nastro in stoffa celeste: un’operazione che dura tre giorni e si compie all’insegna della cooperazione.
Dopo aver tagliato e distribuito le stoffe, infatti, tutta la cittadinanza viene invitata a partecipare: donne, bambini, anziani e pastori, nessuno escluso.
È questo, come inizialmente solo da pochi viene compreso, uno spartiacque creato nell’arte contemporanea: si tratta infatti del primo caso in cui l'artista e l'opera d'arte si fondono con la figura dello spettatore, facendo di quest'ultimo il principale artefice dell'installazione. |