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Mec Art
di Vilma Torselli
pubblicato il 2/04/2007
Dall'elaborazione meccanica di immagini fotografiche, un'immagine di sintesi nuova ed autonoma.
Il termine Mec Art viene coniato probabilmente da Pierre Restany, già mentore del Nouveau Réalisme, per indicare un gruppo di artisti di derivazione New Dada e di matrice nouveaurealista, che si interessano all'elaborazione di immagini fotografiche per ricavarne meccanicamente (da cui Mec) un'immagine di sintesi del tutto nuova ed autonoma: è in sostanza una forma espressiva basata soprattutto sul riporto fotografico e sui mezzi meccanici di riproduzione delle immagini, che utilizza per lo più immagini prelevate dalla stampa popolare in genere.

Gli animatori del movimento sono soprattutto due italiani, Mimmo Rotella e Gianni Bertini.
Mimmo Rotella
Il termine Mec Art viene coniato probabilmente da Pierre Restany, già mentore del Nouveau Réalisme, per indicare un gruppo di artisti di derivazione New Dada e di matrice nouveaurealista, che si interessano all'elaborazione di immagini fotografiche per ricavarne meccanicamente (da cui Mec) un'immagine di sintesi del tutto nuova ed autonoma: è in sostanza una forma espressiva basata soprattutto sul riporto fotografico e sui mezzi meccanici di riproduzione delle immagini, che utilizza per lo più immagini prelevate dalla stampa popolare in genere.

Gli animatori del movimento sono soprattutto due italiani, Mimmo Rotella e Gianni Bertini.
E' Rotella che, a Parigi, in un incontro con il critico d’arte Otto Hahn e il pittore Alain Jacquet, definisce teoricamente la poetica della Mec Art, della quale verrà steso un manifesto nel 1965.
Negli anni '60 Mimmo Rotella era già un personaggio di spicco nell'ambito del Nouveau Réalisme, e portava avanti le sue ricerche in tale area, realizzando i collages e i decollages, mettendo in atto un suo "sovralinguaggio della sfigurazione" nell'assemblaggio di frammenti lacerati di manifesti pubblicitari: riducendo progressivamente il suo intervento sulla materia, seguendo nuove sperimentazioni, Rotella arriva alla Mec Art ed alla trascrizione meccanica dell'immagine con la serie degli "artypos", prove di stampa tipografiche, fogli di manifesti macchiati, usati solitamente per l'avvio delle macchine stampatrici, con immagini di prova sovrapposte e campionature di colori, il tutto scelto ed incollato casualmente sulla tela o riportato su supporti di plastica rigidi.
In confronto al Nouveau Réalisme, con il quale ha in comune l'impiego di materiali "poveri", di uso comune, prelevati dalla realtà quotidiana, la Mec Art si caratterizza per un maggior spazio lasciato all'azione puramente meccanica dei mezzi utilizzati per la realizzazione, nell'ottica di una maggior spersonalizzazione del prodotto finale.

C'è forse il tentativo di mettersi a confronto ed in concorrenza diretta con la Pop Art americana, che contemporaneamente, grazie alla disponibilità di ingenti capitali ed ad un efficace marketing, monopolizzava il mercato mondiale dell'arte, c'e forse la volontà di prendere le distanze da quei residui di emotività di ricordo New Dada che il Nouveau Réalisme aveva conservato sotto forma di critica sociale, implicante una qualche diretta partecipazione soggettiva dell'artista nell'opera prodotta: tant'è che la Mec Art non ha le caratteristiche per divenire un movimento di particolare significato autonomo e resta circoscritta al gruppo fondatore, senza un seguito significativo.

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