"l video è per definizione uno
spazio-luogo in cui convergono, incrociandosi e mescolandosi,
arte e mezzi di comunicazione, nel contesto di una tecnologia
in continua accelerata evoluzione." (Carmine Mario
Mulière)
A partire già dagli anni '60 l'arte contemporanea
ci ha abituati a forme espressive che esondano dai confini
tradizionali e sfuggono alle classificazioni riconosciute,
generando forme ibride e nuovi linguaggi dalla reciproca contaminazione
tra creatività diverse per derivazione culturale, territorio
di appartenenza, capacità tecnologiche.
L'aspetto più generale che percorre tutta la moderna
ricerca artistica consiste nell'aspirazione ad attingere una
dimensione temporale che permetta all'opera d'arte di avere
una durata, uno sviluppo nel tempo, un'inizio ed una fine,
come la realtà, come la vita, come il destino di ognuno
di noi, cercando per questa via di stabilire un legame con
la contemporaneità basato in gran parte sul potere
comunicazionale del mezzo prescelto: è il caso dell'happening,
un'arte che accade, della body art, vera e propria rappresentazione
della vita, della land art, arte provvisoria destinata a sparire
col tempo ripristinando lo status quo ante, è il caso
della Video Art.
Si definisce così una forma d'arte diffusasi alla fine
degli anni '60, registrata su video e resa visibile e fruibile
all'osservatore attraverso uno schermo televisivo o di computer,
in quelle che Gillo Dorfles definisce "nuove dimensioni
della visualità", un concetto per la verità
già presente nella contemporanea performance, in cui
l'arte, ridotta ad evento, viene documentata nel suo accadere,
non lasciando di sé che una prova documentale, una
foto, una registrazione, un video.
Invece di tela e pennelli, la Video Art utilizza telecamere,
monitor, schermi di televisori o computer, affinando i suoi
mezzi parallelamente al rapido sviluppo della tecnologia elettronica,
giungendo negli anni '80 a vere e proprie installazioni multimediali
in cui il mezzo televisivo veicola un messaggio culturale,
diviene il medium per realizzare un'esperienza estetica in
termini nuovi, spinge ad una riconsiderazione sul ruolo di
un oggetto banale e quotidiano, presente in tutte le case,
svelandone le impensate potenzialità.
Dice Carlo Infante, esperto di nuovi media, giornalista e
consulente culturale (Progetto "Cyberia"): "la
telematica sta avviando importanti occasioni di comunicazione
"orizzontale" .......... E' forse il caso di parlare
di nuove sensibilità: altri modi di concepire l'esperienza
creativa in relazione ad una domanda culturale in trasformazione.
Le nuove sensibilità comportano però una mutazione
della stessa definizione di arte, resa sempre più ibrida
nella contaminazione tra i diversi specifici artistici, sempre
più multiculturale nella complessità dello scambio
sociale interetnico, sempre più multimediale nell'interazione
con i diversi linguaggi di comunicazione, inscritta nella
progressiva convergenza dei media."
La Video Art appare, in questo senso, una via estremamente
attuale con affascinanti possibilità di sviluppo in
un'epoca di netta prevalenza del messaggio visivo, in cui
l'homo videns sta rapidamente soppiantando l'homo sapiens,
muovendosi in un campo molto vasto, dal trattamento elettronico
dell'immagine all'elaborazione computerizzata all'interazione
con il pubblico, facendo dell'opera d'arte un racconto non
solo da narrare, ma soprattutto da vivere in una dimensione
immateriale e virtuale, immersa nel divenire del tempo.
I maggiori artisti di Video Art sono statunitensi, gli italiani
sono una minoranza e spesso realizzano all'estero i loro lavori,
come Ra Di Martino che vive e lavora a Londra o Simone Mancuso
che vive e lavora a Berlino. Tra i più noti videoartisti
ricordiamo Nam June Paik, forse l'esponente di maggior spicco,
ed anche Bill Viola, Meredith Monk, Dara Birnbaum, Kit Fitzgerald,
John Sanborn, oltre ad una nutrita serie di donne come M yriam
Bessette, Laëtitia Bourget, Ellen Fellman, Jill Nussbaum,
Sharon Paz, Anita Sarosi Claudia Westermann.
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