"L'era moderna potrebbe essere definita
come il periodo della scoperta dell'io. L'era postmoderna nella
quale viviamo può essere intesa come un periodo transitorio
di disintegrazione dell'io. Forse l'era postumana che comincia
a intravedersi all'orizzonte sarà caratterizzata dalla
ricostituzione dell'io". (Jeffrey Deitch, Losanna 1992)
Post-Human, termine ampio, che non si riferisce
solo alle arti visive, ma ad una vera e propria filosofia,
indica un nuovo modo di leggere il mondo alla luce della fine
dell'umanesimo ed all'alba di una nuova era in cui le biotecnologie e la manipolazione genetica stanno trasformando l'uomo in
un oggetto modificabile, smontabile e riassemblabile: l'essere
biologico, divenuto uomo bionico, può infatti oggi
essere visto attraverso varie chiavi di lettura, secondo un
nuovo concetto di umanità risultante dall'ibridazione
con forme altre da sè, contaminata nelle sue caratteristiche
essenziali dal contagio con il non-umano.
Questo nuovo metodo di approccio alla realtà, questa
mutata visione del mondo ha un suo testo programmatico, "The
Posthuman Manifesto", estratto da un libro di Robert Pepperell,
"Lo Stato Di Posthuman: La coscienza oltre il cervello",
un'indagine "all'estremità dell'uomo" che
rivoluziona le cognizioni tradizionali sullo stato umano,
sulla filosofia umanistica, sulla coscienza e sul senso estetico.
Per ciò che riguarda l'arte, il termine Post-Human
è stato coniato nel 1992 dal gallerista-critico americano
Jeffrey Deitch in occasione di un suo allestimento espositivo
vertente proprio sul tema dello spostamento dal reale alla
sua manipolazione, della trasformazione da naturale ad artificiale
della cultura contemporanea, non solo visiva, ma estetica
in generale ed anche letteraria, soprattutto fantascientifica.
Tra gli antesignani, personaggi trasgressivi oggi famosi,
inquadrabili in questa corrente cito Jeff Koons e le sue stranianti
opere scultoree e Matthew Barney che realizza foto, disegni,
installazioni e sculture, ma soprattutto filmati nei quali
è protagonista il corpo, specialmente il suo.
Oggi, a distanza di più di venti anni da quella storica
mostra, esiste una generazione di artisti (Franz Ackermann,
Amy Adler, Doug Aitken, Vanessa Beecroft, Gregory Crewdson,
John Currin, Cai Guo-Qiang, Olafur Eliasson, Pierre Huyghe,
Kurt Kauper e molti altri) che realizzano mondi estetici in
cui realtà e finzione, artificiale e reale sono separati
da un confine sempre più sottile, fino a confondersi
in una totale perdita di identità in cui è sempre
più difficile distinguere l'organico dal postorganico,
l'originale dal clonato.
Per l'artista post-human, l'opera si identifica in una procedura
ricostruttiva del corpo, alterato nella sua identità
biologica in un processo di bio-diversificazione tra arte,
scienza e tecnologia, che ha come fine una mutazione genetica,
un nuovo corpo, una nuova personalità, una nuova psicologia,
talvolta attraverso autoaggressive trasformazioni somatiche,
a metà tra performance, body art e chirurgia plastica:
il corpo naturale, anacronisticamente superato ed inadatto
al mondo tecnologico in cui si colloca, si adegua artificializzandosi
in una esasperata ricerca di identifcazione con una realtà
nuova.
Per questa via l'arte visiva diventa un prodotto concettuale
di cui nulla resta come "oggetto" artistico, che
non si può conservare come proprietà individuale,
che non si può esporre in un museo, che non ha una
connotazione definitiva e stabile, che non si riallaccia a
nessuna tradizione culturale o biologica.
Al di là delle sue innegabili e plateali forzature,
delle sue istrioniche provocazioni, Post-Human è anche
il tentativo di un avvio di dialogo tra arte e scienza, seppure
in termini apocalittici ed in alcuni casi dichiaratamente
truci ed inquietanti, per una mutazione (mostruosa?) della
specie, ma anche delle emozioni e delle fantasie dell'uomo,
senza limiti né confini, espressione più vera
della libertà dell'anima, che il moderno mondo artificiale
potrebbe anche assecondare e potenziare.
link: Silvio Tomasoni.Il fascino del male
Francesco Mai |