| Il Gruppo 70 nasce nel 1963 a Firenze, preceduto 
                  da due importanti convegni al Forte di Belvedere, Arte 
                  e Comunicazione e Arte e tecnologia, che ne 
                  anticipano le linee direttive, e raggruppa musicisti, poeti 
                  ed artisti davanguardia nel nome di una nuova forma espressiva 
                  che prende il nome di poesia visiva: ne sono i fondatori Eugenio 
                  Miccini, che ha alle spalle studi filosofici e teologici (sua 
                  l'invenzione del termine "poesia visiva"), Giuseppe 
                  Chiari e Lamberto Pignotti, semiologo e teorico della pubblicità, 
                  mentre nel campo più specificatamente letterario i nomi 
                  principali sono quelli di Anceschi, Battisti, Bortolotto, Gillo 
                  Dorfles, Umberto Eco, Scalia, Roman Vlad. Lo spirito del gruppo è marcatamete interdisciplinare, 
                    volto a potenziare il linguaggio artistico attraverso il sinergismo 
                    di diversi codici espressivi per raggiungere la stessa immediatezza 
                    ed efficacia comunicativa della lingua parlata e della moderna 
                    pubblicità.La poesia visiva sperimenta la possibilità di instaurare 
                    rapporti tra la cultura e la comunicazione di massa attraverso 
                    una sintesi, in forma di collage, fra parola ed immagine, 
                    fra scrittura e pittura, che acquisiscono così nuovi 
                    significati simbolici, codificando un nuovo sistema complesso 
                    ed eterogeneo, sia logico-verbale che iconico, derivato dall'intreccio 
                    di vari sub-sistemi e veicolato da "un condotto comunicativo 
                    ipostatico rispetto ai valori ideolessicali degli ingredienti, 
                    e deviante rispetto alle suture della loro coesione"(Luigi 
                    Ballerini).
 La contaminazione lessicale tra scrittura ed immagine, l'interscambio 
                    tra grafia e grafismo, già presente nelle tavole parolibere 
                    del Futurismo, trasforma la parola in segno visivo, immagine, 
                    colore, luce e superficie, permettendo ai due linguaggi, la 
                    letteratura e la pittura, di potenziarsi reciprocamente e 
                    facendo sì che la poesia venga fruita come un quadro 
                    e viceversa, secondo un'idea di arte totale presente in molti 
                    movimenti degli anni '60/'70 (Fluxus, Arte sinestetica ecc.)
 Come la Pop Art, seppure con una posizione più marcatamente 
                    concettuale ed ideologica in opposizione al sistema, il movimento 
                    si pone in posizione critica nei confronti della massificazione 
                    culturale operata dai media, con l'intenzione di attivare 
                    anche nel pubblico la stessa capacità di critica su 
                    una comunicazione usurata, convenzionale e banalizzata. Nella pittura, che ricorre anche alla trasformazione ed alla 
                    deformazione tipografica dei caratteri alfabetici per risultati 
                    grafici puramente visivi, la tecnica preferenzialmente usata 
                    è il collage, che unisce ritagli soprattutto fotografici 
                    sia di scritti che di immagini, ricomposti in composizioni 
                    complesse, sovrapposte, nelle quali immagine e parola, pur 
                    trasmettendo messaggi indipendenti o contradditori tra loro, 
                    formano alla fine un'opera unitaria ed indipendente costruita 
                    su più livelli di informazione, che punta il suo significato 
                    sul processo narrativo e trasformativo dei singoli elementi, 
                    lasciando molto spazio all'immaginazione ed alla sensibilità 
                    interpretativa dell'osservatore.
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