Abolita ogni personalizzazione o
interpretazione dell'immagine, ciò che interessa
è realizzare una copia esatta dell'originale, il rapporto con la macchian fotografica, che ai suoi esordi
fu concepita come una seria minaccia all'arte figurativa,
nell'Iperrealismo perde ogni conflittualità, anzi viene
in alcuni casi riconosciuta la superiorità della macchina,
la quale produce la "vera" immagine, che il pittore
a sua volta riproduce in seconda battuta, talvolta con gli
stessi difetti e le stesse deformazioni dell'obiettivo, con
le stesse rigidità che derivano dalla mancanza dei
poteri di aggiustamento che sono propri, invece, dell'occhio
dell'uomo.
Se, paradossalmente, pare che l'esperienza non solo delle
avanguardie del '900, ma anche dell'Impressionismo ottocentesco
venga cancellata con un anancronisticio colpo di spugna,
in effetti il realismo, inteso come riproduzione fedele
della natura, non aveva mai cessato di vivere in parallelo
con le correnti moderne, basti pensare al realismo venato
di espressionismo di Renato
Guttuso, al realismo classicheggiante di Balthus, al
neo-figurativismo di Lucien
Freud, ma questo ritorno, in questo particolare periodo
storico, assume un significato chiaramente revisionista:
la sperimentazione moderna, pur con tutti i meriti che le
competono, ha fallito, è necessario ritornare alla
tradizione, alla raffigurazione, alle certezze del realismo,
anzi dell'iperrealismo, con un atteggiamento simile, fatte
le debite distinzioni, a quello dei post-modernisti europei,
i quali si rivolgono invece al classicismo per trovare riferimenti
di valore oggettivo e provato.
E' innegabile che fenomeni revisionisti come il post-modern
o liperrealismo dellAmerica nixoniana, che in
una nazione senza storia può relazionarsi solo con
il realismo di Edward
Hopper, hanno, come tutto ciò che accade, una
loro ragione di accadere: Gerhard Richter, Chuck Close,
Richard Mc Lean, Robert Bechtle, Duane Hanson, così
come Alberto Abate, Piero Pizzi Cannella, Carlo Maria Mariani e Balthus recepiscono ed esprimono inquietudini reali e
moderne per quel tempo, la sfiducia nel mito del nuovo promosso
dai movimenti avanguardisti, il desiderio di riappropriazione
di una continuità storica e culturale, la consapevolezza
che il presente non si può sottrarre allinsegnamento
del passato. La stessa Pop Art, il movimento più
dirompente degli anni 60, recupera il Dadaismo duchampiano
e dimostra con una geniale riattualizzazione del linguaggio,
che il già detto può diventare una novità
assoluta al mutare del contesto.
Va rilevato che l'Iperrealismo non possiede la carica satirica
e demistificatoria propria della Pop Art, soprattutto ai suoi esordi, ed i critici che, non
senza qualche fatica, avevano finito per accettare la Pop
Art, non accettarono invece, almeno non all'unanimità,
questa corrente.
Tuttavia essa ebbe, per il suo accattivante linguaggio di
comprensione immediata e di estrema piacevolezza formale,
ampio successo presso il pubblico ed i collezionisti, indiscussi
protagonisti del mercato dell'arte, soprattutto in America,
paese ricco ed economicamente avanzato.
La risposta più semplice per spiegare il successo
dell'Iperrealismo va probabilmente ricercata nel fascino che,
da sempre, esercita sull'uomo il trompe l'oeil, quella pittura
che riproduce la realtà in modo da indurci a confondere
il dipinto con l'oggetto reale, anche se si potrebbero fare
considerazioni più profonde su questo modo espressivo
e sul perchè si sia radicato soprattutto in America,
dove ha dato luogo a due correnti notevolmente differenziate,
sia nella tecnica esecutiva sia nella scelta dei temi, una
corrente californiana e una newyorkese.
Ciò è dovuto principalmente al fatto che la
tradizione realistica ha nel nord america significativi precedenti
storici già all'inizio del secolo, come dimostra l'opera
di Edward Hopper, e anche al fatto che il mecenatismo privato,
che ha avuto grande importanza per l'affermazione di questa
corrente, si manifesta principalmente negli USA, dove la particolare
situazione economica lo rende possibile.
Non va inoltre sottovalutata, nell'America di quel periodo,
l'importanza di un certo conservatorismo in campo politico,
di impronta nixoniana, al quale l'arte cerca in qualche modo
di sottrarsi isolandosi in un mondo chiuso, volontariamente
avulso dalla vita del paese, in un asettico virtuosismo tecnico
depurato da ogni emotività che allontana gli artisti
dai propri sentimenti personali e politici.
In sintesi si può dire che l'Iperrealismo, come altri
movimenti della seconda metà degli anni '70, rappresenti
una stasi dello sviluppo dell'arte moderna, una profonda riflessione
sulla sua condizione e sul suo stesso ruolo storico e culturale
nell'ambito degli importanti mutamenti sociali verificatisi
nel XX secolo, una presa di distanza da un movimento moderno
che, seppure attraverso una vivace dialettica stilistica sviluppatasi
a partire dall'Espressionismo Astratto, aveva finito per istituzionalizzarsi
fino a contraddire la sua stessa posizione.
I più significativi rappresentanti dell'Iperrealismo
sono Gerhard Richter, Malcom Morley, Chuck Close, Richard
McLean, Ralph Goings, Robert Bechtle, Richard Estes, per la
pittura, mentre per la scultura, nella quale spesso gli artisti
ricorrono al calco di persone reali con effetti di verismo
estremo, Duane Hanson e George Segal.
* articolo aggiornato il 27/04/2015
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