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Novecento
di Vilma Torselli
pubblicato il 25/03/2007 |
Ripristino dei legami di continuità
con la tradizione classica, ritorno all'ordine ed all'armonia
compositiva rinascimentale per reazione allo sconvolgimento
operato dalle avanguardie europee. |
Novecento è un movimento artistico degli
anni '20 che esordisce a Milano grazie all'attività del
"Gruppo dei Sette", Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville,
Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Piero Marussig, Ubaldo Oppi,
Mario Sironi, organizzati da Margherita Sarfatti, critica d'arte,
animatrice di uno dei salotti intellettuali più esclusivi
della città, teorica del movimento ed organizzatrice
della prima mostra ufficiale, nel 1926, al Palazzo della Permanente
(presenti anche i futuristi Balla, Depero, Prampolini e Russo).
Fanno seguito, l'anno dopo, a Roma, la mostra "Dieci
artisti del Novecento italiano" e poi, tra il 1926 e il
'32, varie altre mostre in tutta Europa.
L'intento di Novecento è quello di ripristinare legami di continuità
con il classicismo della tradizione europea, in chiave moderna,
anche con la riproposizione di temi classici quali il ritratto,
la natura morta ed il paesaggio, un ritorno all'ordine che aspira
a recuperare quegli ideali di armonia e compostezza formale
che i più trasgressivi movimenti avanguardisti hanno
spazzato via senza sostituirli con alternative valide e costruttive.
In particolare, come racconta la stessa Sarfatti in un suo libro
"Storia della pittura moderna ", gli artisti
del Novecento sono affascinati dal "... carattere inconfondibile
(come oggi si dice) dellarte plastica italiana nei secoli:
nel Quattrocento, nel Cinquecento, nel Seicento..... "
.
Sulla base di un progetto che ambisce a ristabilire il "primato"
dell'arte italiana, accompagnato dal miraggio o dall'illusione
di un'Italia nuova, la poetica di Novecento si lega al Rinascimento
ed alla precedente, composta e solida pittura di Giotto, cercando di
darsi un'identità attraverso il legame con le radici
culturali nostrane, nel nome di una italianità che il
regime fascista strumentalizzerà da lì a poco
a fini propagandistici determinando attorno al movimento implicazioni
ideologiche che in seguito lo penalizzeranno ingiustamente,
legandolo ad un concetto di nazionalismo deteriore.
Nel nome dei ricorsi storici che punteggiano l'avanzare della
modernità, il concetto di classicismo come sinonimo
di armonia compositiva ed equilibrio formale, di linguaggio
colto e raffinato, un po' cerebrale ed intellettualistico,
era già stato teorizzato dalla rivista 'Valori Plastici',
edita a Roma dal 1918, con la collaborazione di De Chirico,
del fratello Savinio, di Carrà, Ardengo Soffici e Giorgio
Morandi, che getta le basi della pittura metafisica. Nella sostanziale
incertezza teorica con qualche risvolto revisionista, in polemica
con le avanguardie europee, questi movimenti, tutti animati
da una sorta di tensione visionaria, si riallacciano alla
cultura figurativa del Trecento e del Quattrocento italiano,
considerata da un punto di vista esclusivamente e talvolta
vuotamente formale.
Sia per divergenze interne sia per ripetuti attacchi del regime
fascista attraverso la persona di Farinacci nei confronti
della Sarfatti, ebrea, che dovette poi riparare in Argentina
per sottrarsi alle leggi antisemite, il gruppo di Novecento
finì per sciogliersi e parecchi dei suoi componenti
furono costretti ad una lunga emarginazione.
Mario Sironi, ad esempio, è stato rivalutato solo
recentemente, dopo aver trascorso un ventennio dolente e sofferto,
quello del '40-60, un periodo delicato della storia d'Italia,
in cui alla convinta fiducia nelle possibilità di progresso
socio-economico per il paese si sostituiscono dapprima gli
orrori della guerra, poi le miserie del dopoguerra. Ciò determina
nella coscienza collettiva e nell'animo dell'artista una delusione
profonda ed una dolorosa lecerazione tra passato e presente,
tra ideali eroici e crisi esistenziale, devastanti in un uomo
che aveva aderito al fascismo in assoluta buona fede e con
una certa ingenuità politica perchè ne condivideva
i principi, pur conservando autonomia di pensiero e di espressione.
Sironi va fra l'altro ricordato come autore di un Manifesto della pittura murale, pubblicato nel dicembre 1933 e sottoscritto da Carrà, Campigli, Funi, condiviso da Cagli, nel quale viene lanciato un nuovo stile "antico e allo stesso tempo nuovissimo" che, agli occhi dei contemporanei, legherà indelebilmante il suo nome a quello del fascismo, con pesanti conseguenze alla fine del regime.
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Fu una solitaria vecchiaia, quella di Sironi, (morto nel '61)
isolato dalla critica e dal mondo intellettuale con una ingiusta congiura del silenzio: è solo degli
anni '50 l'inizio di un'analisi critica più rigorosa
ed obiettiva sulla sua opera e la sua definitiva riabilitazione
che scinde giustamente la vicenda politica da quella artistica,
addivenendo ad una valutazione complessiva ed equanime della
sua produzione in questo periodo, densa di complessi significati,
frutto di una sofferta ricerca introspettiva, ricca di novità
dei contenuti nelle grandi composizioni che gli sono tipiche,
percorse da inedite sfumature liriche. |
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