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Testi di Vilma Torselli su "Antithesi", giornale online di critica d'architettura.
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American Art 1961-2001 la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco alle Torri Gemelle. |
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Al Palazzo Ducale di Genova, dal 9 settembre 2021 al 20 febbraio 2022 grande mostra di Maurits Cornelis Escher. |
All'estero
Parigi, all’Espace Lafayette-Drouot "The World of Bansky”, su 1200 mq. esposte un centinaio di opere del più famoso street artist del mondo. Fino al 31 dicembre 2021.
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I Sei di Torino
di Vilma Torselli
pubblicato il 26/03/2007 |
"Naturalmente nessuno
intese il problema di stile che si era posto con la mostra dei
Sei. Questo raccolto e severo europeismo è tuttavia degno
di essere assunto dalle nuove generazioni come il motivo più
originale del loro lavoro" (Edoardo Persico) |
Edoardo Persico, avvocato mancato con interessi
umanistici, artistici e letterari, trasferitosi dalla natia
Napoli a Torino, nel 1927, fonda tra mille difficoltà
una casa editrice, conosce Lionello Venturi, storico dell'arte,
pittore, allievo di Felice Casorati, comincia ad interessarsi
seriamente al settore e finisce per divenire egli stesso, nel
1928, teorico di un gruppo di artisti che verranno definiti
i "Sei di Torino", Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola
Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio, Enrico Paulucci, che
fu il più attivo del gruppo (Persico diverrà poi
uno dei maggiori critici d'arte degli anni '30).
Il gruppo, che avrà vita breve cessando la sua attività
nel '35, dopo la prima mostra a Torino alla Galleria Guglielmi,
organizza una serie di mostre in Italia ed all'estero, a Genova,
Milano, Roma, Londra, Parigi.
Dopo la prima mostra, Persico scrive: "Naturalmente
nessuno intese il problema di stile che si era posto con la
mostra dei Sei. Questo raccolto e severo europeismo è
tuttavia degno di essere assunto dalle nuove generazioni come
il motivo più originale del loro lavoro".
Europeismo è la parola chiave nel nome della quale
i Sei prendono le distanze da ogni forma d'arte di regime,
ed anche dal tradizionalismo se inteso come celebrazione ciecamente
nazionalistica, chiusa ed esclusiva, con riferimento polemico
soprattutto a Novecento ed al suo sbandierato "ritorno
all'ordine".
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In un'ottica anticonformista, sotto la guida morale e intellettuale
di Felice Casorati, che i componenti del gruppo frequentano
e riconoscono come maestro, i Sei di Torino vogliono rintracciare
i rapporti dell'arte italiana con il resto dell'Europa. |
Senza
farsi condizionare da ottuso autarchismo, aprendosi all'internazionalismo,
riallacciandosi alla Scuola di Parigi, ai Fauves, a Modigliani,
a Manet, Picasso, Dufy, Matisse, Braque, all'Espressionismo storico di matrice tedesca, il Gruppo si muove alla ricerca di un linguaggio
libero, di ampio respiro culturale, antiaccademico, lontano
da ogni retorica ed al di fuori da ogni tipo di orientamento
politico (Persico fu molto influenzato dal pensiero di Gobetti,
di cui Casorati era amico, e di Gramsci e dal loro militante
antifascismo).
Si tratta di una presa di posizione coraggiosa, di grande
onestà intellettuale, possibile solo in una Torino antifascista che concede ampio spazio all'insegnamento di
Lionello Venturi, uno dei pochi professori che rifiutano il
giuramento imposto dal fascismo.
Grazie a lui, che per primo fa conoscere in Italia l'Impressionismo
e Cézanne, rivelando la possibilità che tra
il passato e l'arte contemporanea ci possa essere una continuità,
grazie anche ad un lungo soggiorno a Parigi, nel 1928, da
parte di Paolucci, con Chessa, Menzio e Levi, si consolida
nei componenti del gruppo un linguaggio di stile postimpressionista,
una pittura tonale di delicata valenza cromatica, solare,
dal semplificato schema compositivo e dal vivace ritmo segnico,
antimonumentale ed antieroica, talvolta intimista nell'attenzione
alla quotidianità ed al mondo degli affetti, una scelta
estetica che diviene ben presto espressione di istanze avverse
al regime, assumendo connotazione anche politica. |
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