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Il Gruppo degli otto
di Vilma Torselli
pubblicato il 28/03/2007 |
Un gruppo di artisti di indirizzo astratto, per un'arte slegata
sia dalla figurazione che dall'astrazione postcubista, alla
ricerca di un linguaggio pittorico comune.
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Ennio Morlotti, "Sterpi in inverno" |
Il critico d'arte Lionello Venturi, nel 1952
dà l'impulso alla formazione di un gruppo artistico che
verrà nominato "Gruppo degli otto", costituito
da Birolli, Corpora, Morlotti, Santomaso, Turcato, Vedova, Afro
e Moreni.
Si tratta di artisti con un comune indirizzo astratto,
per un'arte slegata sia dalla figurazione vera e propria sia
dall'astrazione che ne avevano elaborato le correnti postcubiste,
prediligendo il richiamo all'Orfismo ed ad un lirismo di impronta
naturalistica con particolare attenzione alle avanguardie francesi,
senza dimenticare l'esperienza impressionista, un linguaggio
complesso per il quale Venturi conia il termine astrattismo-concreto.
Va detto che a partire dal '45, periodo dell'euforismo postbellico,
l'Italia vive un periodo di particolare libertà espressiva
e di grande curiosità intellettuale verso la cultura
europea, preclusa negli anni precedenti per motivi politici,
e, in un clima di particolare fermento, due sono le tendenze
predominanti che si affermano nelle arti visive: da una parte
il filone astrattista che culminerà nella costituzione
del "Gruppo degli otto", dall'altra un filone neoespressionista-neorealista
che sfocerà nel "Fronte Nuovo delle Arti" (il manifesto
è del '42), dove si cercherà una conciliazione
con le istanze astrattiste attraverso una elaborazione della
forma in chiave neocubista (ciò che fa per esempio Guttuso).
Gli artisti di indirizzo più spiccatamente astratto confluiranno,
dopo la scissione del "Fronte Nuovo", nel "Gruppo
degli otto", a sua volta disperso a metà degli anni
'50 per la divergenza dei linguaggi dei vari componenti, tutte
personalità forti ed impegnate inadatte a sottomettersi
ad un programma unitario: infatti ciascuno di loro porterà
avanti una personale ed originale ricerca formale, recependo
il nuovo messaggio europeo dell'Informale materico, dell'astrattismo
americano o dell'action painting, secondo le proprie individuali
propensioni umane e culturali.
Ciò che resta in comune
e che è generalizzabile a tutta la pittura astratta,
è la connessione tra impegno artistico e impegno morale,
l'identificazione tra estetica ed etica, perseguita attraverso
un linguaggio artistico rivoluzionario che, forse utopisticamente,
vuole contribuire a migliorare la condizione sociale e morale
dell'umanità.
Pur avendo avuto questo movimento una vita relativamente
breve, durata pochi anni, ha un suo ben preciso significato
storico nel rapporto con le grandi correnti astrattiste mondiali,
testimoniando l'apertura e la ricettività della cultura
italiana verso il neoplasticismo di "De Stijl" e
l'Espressionismo astratto americano, dei quali tuttavia rifiuta
l'idealismo metafisico e la furia irrazionale, nella ricerca
di un linguaggio che non cancelli le originarie radici culturali.
Scrive Lionello Venturi:" Si tratta anche in Italia
di accordarsi su un linguaggio comune, in cui ciascuna personalità
metta il suo accento individuale. Costituire un linguaggio
pittorico comune, ecco il problema essenziale del gusto odierno
".
Fu un tentativo vano, ciascuno del gruppo finì per
esprimersi in toni talmente soggettivi e personali da non
essere assimilabile ad alcun altro, Emilio Vedova e Afro Basaldella,
capisaldi dell'astrattismo italiano, parlano probabilmente
il linguaggio più alto e universale, seppure in una
personale declinazione che li pone fuori da ogni gruppo e
fuori dal coro.
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