Yarnbombing, yarnstorming, crochet art, una derivazione del graffitismo che realizza in luoghi pubblici interventi cromatici con l'impiego di filati di vario genere assemblati con la tecnica dell'uncinetto e del tricotage, ricoprendo con una estesa superficie lavorata a maglia gli oggetti più disparati: pilastri, lampioni, statue, tronchi d'albero, veicoli ecc.
Arte antitecnologica, rigorosamente eseguita a mano, ecologica, ecosostenibile, in origine muliebre, utilizza materiali di scarso valore, talvolta fantasiosamente recuperati negli scarti.
Esistono tracce di questa forma espressiva già nel 2002 in America del nord, dal Texas all'Oregon, ma si può dire che essa nasca 'ufficialmente' nel 2004 a Helder, piccola cittadina nell'Olanda settentrionale, per diffondersi poi in Inghilterra, dove l'artista di graffiti londinese Lauren O'Farrel elabora una sua versione dello yarnbombing ed inventa il più accattivante termine yarnstorming destinato ad una immediata popolarità.
La quale deriva dalla facilità di comprensione del processo creativo, dalla sua ingenua banalità, dalla connotazione sostanzialmente tradizionale, dalla evidente pragmaticità di un lavoro che rivaluta le potenzialità artigianali specie femminili (non dimentichiamo che Penelope con i sui intrecci ha cambiato il corso della storia ed Arianna col suo filo ha salvato un eroe!)
Le notizie su questa neonata urban knitting, giunta recentemente anche in Italia, sono oggi abbondantemente reperibili in rete a denunciarne una crescente popolarità, anche se, come tutte le forme di graffitismo metropolitano e molte di street art, essa resta una pratica illegale perché lesiva del patrimonio pubblico in mancanza di autorizzazioni ufficiali da parte delle autorità preposte per l’individuazione di spazi dedicati.
Questo “bombardamento di filati” (tale la traduzione letterale del termine anglosassone yarnbombing) per certi versi si collega a forme creative già apparse nell’arte moderna, realizzate però nel chiuso degli studi degli artisti, nelle quali era preponderante l’uso di tessuti e filati multicolori.
Ricordiamo in Italia Enrico Baj, che esegue i suoi collages ed assemblages utilizzando passamaneria, pezzi di tessuto, vecchie decorazioni, filati, bottoni, materiali incongrui e fantasiosi che esprimono la sua dissacrante iconoclastia.
E ricordiamo all’estero Miriam Shapiro, artista e femminista che vuol rendere omaggio al modo in cui le donne fanno le loro rivoluzioni, con mezzi a volte piccoli, ma concreti e possibili, con attività che lei chiama "femmage", utilizzando i materiali con i quali la quotidianità le pone a contatto.
Al pari delle installazioni, le opere di yarnbombing hanno una vita a termine, possono essere smantellate o spostate, come la street art si collocano in luoghi pubblici di grande visibilità, progettate per lanciare un pacifico messaggio di protesta, l’invito a riappropriarsi del luoghi, a rendere vivibili angoli degradati del tessuto urbano, a valorizzare creativamente un lavoro umile nato dalle mani, oltre che dai cuori, di chi vuole intervenire sull’aspetto esteriore del luogo in cui vive per migliorarne le dinamiche culturali e sociali.
Rispetto al graffitismo, arte d’assalto fuori dagli schemi, di denuncia e protesta dal linguaggio sostanzialmente aggressivo e spesso rivoluzionario, yarnbombing si differenzia per un approccio più morbido, evocatore di un mondo passato fatto di pazienza, tradizione, passione, abilità manuale, tempi lenti e tecniche antiche, conciliando nei ‘knit graffiti’ l’impatto cromatico ad effetto con la minuziosa lavorazione dei materiali in laboratorio e sintetizzando due messaggi complementari in un’arte giovane senza regole e una tecnica dalle radici antichissime, richiamo ad un patrimonio comune intergenerazionale e interculturale. |