L'opera di Lucian Freud (1922-2011) si può collocare
all'interno di una corrente neo-espressionista affermatasi soprattutto
in Germania nel periodo post-bellico e caratterizzata da un
certo spirito nazionalista, con il quale, dopo la seconda guerra
mondiale, si intendeva riaffermare la rinascita dell'arte tedesca,
nello stesso tempo esorcizzando i ricordi dei passati orrori
bellici attraverso un linguaggio nuovo ed autonomo.
Il movimento neo-espressionista si struttura in una vera e propria
scuola nazionale solo fra il '70 e l' '80, e connota il suo
linguaggio nei termini di un vigoroso figurativismo, non dimentico
di quell'Espressionismo che era fiorito negli anni anteguerra
e che costituiva ancora la tradizione artistica più forte
sul suolo tedesco, non avendo nulla a che fare con il levigato
iperrealismo di contemporanee correnti, specialmente americane.
Il neo-espressionismo si afferma come una sorta di deviazione
che vuole prendere le distanze dal recente passato e manifestare
la soggettività dell'artista ripristinando, in un certo
senso, modi della tradizione rivisitati in chiave espressionista,
una sorta di neo-figurativismo, di cui Lucian Freud si può
considerare un rappresentante.
Ebreo-tedesco di nascita ma naturalizzato inglese, discendente
di Sigmund Freud, padre della moderna psicanalisi, Lucian
Freud operò soprattutto in Inghilterra, dove aderì
al movimento neo-romantico sviluppatosi negli anni immediatamente
dopo la fine della guerra, nell'ambito del quale realizzò
una prima serie di opere per lo più ostiche, criptiche,
di difficile lettura critica, mutando poi i suoi modi espressivi
negli anni '50, quando la sua tecnica meticolosa pare allentarsi
per accogliere un certo informalismo e divenire più
sciolta, più "pittoricistica", con tratti
in comune con un movimento fiorito a Berlino negli anni '20
e chiamato Nuova Oggettività (Neue Sachlichkeit).
Collega, amico, amante di Francis Bacon, che gli ha dedicato
un celeberrimo Portrait, come lui Freud è un pittore
della figura e la sua opera si compone quasi interamente di
ritratti, autoritratti, nudi, realizzati con pennellate "sporche",
dense, con pigmenti pesanti ad alto contenuto di ossido di
piombo e di Cremnitz White e basso contenuto di olio, definendo
così il caratteristico tono bianco traslucido delle
sue raffigurazioni.
E' un figurativismo, quello di Freud, intriso di Espressionismo,
con molti riferimenti alla tradizione classica (El Greco soprattutto),
nel quale risalta la totale mancanza di idealizzazione, il
disagio del soggetto sotto lo sguardo critico dell'artista,
che raffigura con implacabile tetraggine modelli che non sorridono
mai.
Ad una lettura complessiva, le opere di Freud si completano
a vicenda e pur presentando discordanze ed incongruenze che
sono un elemento elusivo e depistante, nel senso che non sempre
sono complementari, tuttavia alla fine permettono di individuare
un tema comune, che è quello di una sostanziale incomunicabilità,
una freddezza che va dall'artista al soggetto rappresentato
e ne fa l'immagine raggelata di una realtà alienante.
In questo autoritratto, "Reflection" del 1985,
olio su tela di 56.2 x 51.2 cm, ritroviamo la stessa freddezza
e crudezza che l'artista riserva ai suoi modelli, senza alcuna
autocommiserazione per la sua condizione di soggetto sottoposto
ad un'autoanalisi spietata e forse non casuale, data la sua
discendenza, in cui si vuol arrivare all'anima ed estrarne
l'angoscia con i modi di un chirurgo, più che di un
artista.
Fatta salva la totale diversità formale fra i due artisti,
può essere interessante il paragone con l'autoritratto
di Chuck Close, anche lui memore della grande ritrattistica del passato, in cui troviamo un atteggiamento di maggior realismo,
un'osservazione più schietta ma meno cruda ed in un
certo senso più impersonale ed acritica del soggetto,
differentemente da quanto accade nei ritratti di Freud, dove
si può rintracciare anche un certo compiacimento per
la spietatezza dell'osservazione e della rappresentazione,
forse anche per contaminazione con la poetica di Bacon.
Lucian Freud forse non è un artista tra i più
grandi, ma è sicuramente efficace interprete del disagio
esistenziale che caratterizza molta produzione artistica,
non solo nel campo delle arti visive, dei suoi contemporanei.
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