Christo Javacheff (1935), che svolge la sua attività
con la moglie Jeanne Claude de Guillebon, esordisce nell'ambito
del Nouveau Réalisme con il quale condivide l'attenzione
all'oggetto d'uso comune, di matrice Dada, sul quale esercita
la sua azione trasformatrice, decontestualizzandolo e decretandone
così la nuova identità di creazione artistica.
Inizialmente, Christo focalizza la sua attenzione ed i suoi
interventi di impacchettamento su piccoli oggetti, bottiglie,
lattine, sedie, con un progressivo aumento di scala che lo porterà
ai monumentali impacchettamenti (il primo, "Wrapped Objects",
è del 1958) di interi edifici, zone cittadine, parti di paesaggio
naturale (come in questa "Valley Curtain", Colorado, USA, 1971), intere scogliere o aree di deserto, nell'evoluzione
di un discorso nel quale è evidente che ciò che
cambia non è solo la scala dimensionale, ma la filosofia
dell'approccio ad un concetto di arte che egli costruisce da
anni con immutata passione e coerenza, autofinanziando i
suoi progetti senza ricorrere a finanziamenti nè pubblici
nè privati.
La tecnica di Christo è del tutto particolare ed unica,
consistendo in impacchettamenti realizzati, per sua stessa
definizione, col "coprire con fogli di plastica e legare
con corde oggetti comuni come le sedie, i tavoli, le scatole
e altro, oppure grandi monumenti, come palazzi, ponti, oppure
intere fette di paesaggi naturali, come valli, colline, scogliere",
spostando l'attenzione dall'oggetto all'uomo ed all'ambiente
che entrambi contiene, approdando ad una sua forma tipica
di Land Art con opere di grande impatto paesaggistico: le realizzazioni sono precedute
da minuziosi studi sulle mappe del territorio e su fotografie
dell'ambiente, protagonista unico del lavoro dell'artista, addivenendo
a risultati plastici e pittorici veri e propri.
Sono di grande incidenza le implicazioni su un piano essenzialmente
architettonico, come rileva Pierre Restany, teorico del Nouveau Réalisme, quando scrive che " ....in un momento
in cui l'architettura conta troppi ingegneri o uomini d'affari
e non abbastanza poeti, Christo fa parte di questi artisti
che assumono il rilancio immaginativo di questo campo".
L'impacchettamento, che vuole essere anche un invito alla
conservazione di monumenti, opere ed ambienti, è l'ironico espediente usato per esprimere il dissenso verso una
società dei consumi che tende a distruggere o comunque
ad assegnare maggior valore al contenente piuttosto che al
contenuto, una società intellettualmente superficiale
per la quale l'architettura, quella costruita dall'uomo e
quella ambientale, generata dalla natura, intese come strutture
entro le quali l'uomo vive ed agisce, sono una realtà
che generalmente viene data per scontata: Christo ci obbliga
a guardarla con occhi nuovi quando la esclude alla nostra
fruizione, la impacchetta celandola al nostro sguardo e, paradossalemente,
la mette in risalto attraverso un processo negativo che ne
sottolinea la mancanza, la privazione, la sparizione, il contrario dell'apparenza.
La sottigliezza del gioco di Christo è tutta qui,
nella differenza fra ciò che non esiste e ciò
che sappiamo esistere, ma che ci è negato di vedere:
la chiave di lettura di un procedimento artistico siffatto
è chiaramente, inequivocabilmente ed inevitabilmente
concettuale, senza alcun interesse per la forma
definita. La rappresentazione effimera, provvisoria, la struttura
fluttuante della lunga tela arancione nell'opera presentata
(dove la plastica è sostituita da un tessuto di forte
impatto cromatico) hanno valore per sé stesse, non è
nelle intenzioni dell'artista produrre alcunchè, ma solo
documentare a posteriori che qualcosa è avvenuto,
inducendo soprattutto ad immaginare ciò che sta dietro
quella tenda e che, momentaneamente, è stato escluso
dal panorama d'insieme.
Lo sforzo immaginativo imposto transitoriamente all'osservatore
dall'intervento dell'artista diviene così metafora
del legame organico e simbiotico tra l'uomo e l'ambiente,
tra l'individuo ed il suo contesto, ad affermare l'indissolubilità
di un rapporto di reciproco condizionamento che deve rispettare
le esigenze e la libertà di entrambi: questo è il messaggio simbolico
nascosto dentro ogni impacchettamento, un gesto appropriativo
che, per contrasto, equivale anche ad una denuncia della negazione della libertà da parte dell'uomo nei confronti della realtà (degli oggetti, dell'architettura, della natura), mascherata e occultata da costrizioni forzate.
link:
Christo Javacheff e il fantasma dell'architettura
* articolo aggiornato il 10/05/2014
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