Ha scritto una volta Jacques Rivière che fino all'epoca delle avanguardie i letterati hanno sempre vissuto nella reticenza. La prosa urlata e spettacolarizzata dei manifesti futuristi, col suo grido insolente e scandaloso - Calvesi osservava che l'irruenza del porsi di molti dei suoi esponenti rifletteva il ristagno della cultura dominante -, è allora di per sé la liberazione di forze a lungo represse, al cui sgorgare danno mano tecniche che debbono molto alla nascente industria pubblicitaria ed alla cultura di massa. Del resto, era stato proprio Rimbaud a dire che “bisogna essere assolutamente moderni”.
In principio il Futurismo è Marinetti, la caffeina d'Europa ed in effetti quelli fra il 1909 e l’entrata in guerra dell’Italia sono davvero anni adrenalinici, nei quali si susseguono freneticamente eventi e imprese editoriali, ma anche manifesti, serate, conferenze, esposizioni, polemiche, scontri. Sono anche gli anni in cui il Futurismo si internazionalizza (Parigi e San Pietroburgo). Ma è in due altre città che il Futurismo rivelerà la sua sostanza più autentica, come atto eversivo, come gesto rivoluzionario, come generosa illusione della possibilità di mutamenti radicali non solo del fare artistico, ma del modo stesso di concepire la vita.
Queste città, dove si manifestano le potenzialità ma anche i limiti del movimento e le sue contraddizioni interne, sono Firenze (dove si dimostrerà che il ribellismo e l'iconoclastia, da soli, sono elementi di divisione, più che di unione) e Fiume (dove l'intensa sperimentazione politico-poetica raggiungerà il suo zenith e poi svanirà).
A Firenze, nell’aprile 1910, vi era stata la prima mostra italiana dell'Impressionismo, organizzata da Ardengo Soffici in polemico contrappunto coi pronunciamenti futuristi del momento. L’anno dopo lo stesso Soffici, aggiornato conoscitore del Cubismo, stronca severamente su La Voce la mostra futurista di Milano. La reazione dei futuristi non si fa attendere: il 30 giugno Marinetti, Boccioni, Russolo e Carrà calano a Firenze decisi a passare alle vie di fatto. I quattro raggiungono Soffici mentre siede al caffè delle "Giubbe Rosse" in compagnia di Prezzolini e Medardo Rosso e lo schiaffeggiano. Dalla reazione di questi e dei suoi amici nasce una rissa furibonda, sedata solo da un funzionario di Polizia. Il tumulto si rinnova la notte seguente alla stazione di Santa Maria Novella, quando Soffici e i suoi amici, Prezzolini, Slapater e Spaini, vogliono rendere la pariglia ai futuristi in partenza per Milano. Lo scontro sarà riportato con grande clamore sulla stampa e procurerà larga pubblicità ad entrambe le fazioni. La riconciliazione avverrà più tardi, grazie alla mediazione di Gino Severini e Aldo Palazzeschi. Ma è già tempo di nuove scissioni: Soffici, scontento dell’impostazione scientista che Prezzolini ha dato al La Voce, fonda con Giovanni Papini la rivista Lacerba, che diventerà l’organo ufficiale del futurismo italiano. A novembre viene allestita la prima mostra futurista a Firenze e il 12 dicembre dello stesso anno ha luogo la tumultuosa serata futurista al Teatro Verdi, della quale il pittore napoletano Francesco Cangiullo dirà che il pubblico è stato il vero protagonista.
Con lo scoppio della Grande Guerra inizia il distacco fra i lacerbiani e i futuristi. Nel febbraio del 1915 un articolo intitolato Futurismo e Marinettismo e firmato da Soffici, Papini e Palazzeschi sancisce il divorzio tra i tre fiorentini (che si proclamano i soli autentici futuristi) e i futuristi milanesi, chiamati con dispregio "marinettisti". Con questo episodio si conclude la breve stagione del futurismo fiorentino.
Quattro anni dopo, Fiume sarà invece il luogo dell'osmosi fra futurismo e dannunzianesimo, tanto da far dire a Benjamin Cremieux che il fiumanesimo è la forma assunta dal futurismo italiano nel dopoguerra.
Nella città istriana sembra realizzarsi l’utopia estetizzante degli artisti al potere che sembra tanto cara a D'Annunzio, ovvero la soluzione artistica ad un problema politico (ma rispetto al quale l’arte ha da proporre, a ben vedere, soluzioni precarie ed unicamente consolatorie).
A Fiume il Futurismo raggiunge una sua consapevolezza politica, andando incontro ad una metamorfosi che lo porrà fuori dall’alveo del nazionalismo ortodosso, quello basato sul trinomio modernità, italianità, potenza, elevandolo al livello di un rivoluzionarismo estetico o poetico (l'ordine lirico professato di D'Annunzio) che attirò molte personalità anticonformiste dell’epoca: da Guido Keller a Ludovico Toeplitz a Henry Furst.
Fiume segna il punto più lontano raggiunto dal Futurismo rispetto al fascismo, proprio nei mesi in cui si verifica la confluenza politica fra i due movimenti a livello elettorale, ma anche il punto più vicino al anarcoindividualismo del periodo: segno di quel trasversalismo che rimarrà una delle componenti di base per delineare il quadro dell'epoca.
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