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Berlino all'alba del XX secolo
di Alessandro Tempi
pubblicato il 03/07/2017 |
Berlino polo magnetico della cultura del XX secolo, luogo di attrazione ed al tempo stesso fattore di stimolo estetico pari a quello esercitato da altre città in altri periodi. |
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L’avvento dell’arte moderna a Berlino è scandito da due date. La prima è il 1876, anno in cui viene completata la costruzione della Nationalgalerie. L’edificio, posto sull’Isola dei Musei, era una costruzione neoclassica, su progetto di August Stuhler, nello stile di Schinkel, allora imperante in Germania. La collezione d’arte proveniva in larga parte dal lascito di un collezionista berlinese, l’uomo d’affari J.H.W. Wegener, che l’aveva donata nel 1861 allo Stato prussiano. Finalizzata alla valorizzazione della pittura tedesca, la Nationalgalerie fu fin dall’inizio condizionata dal potere politico, che con criteri nazionalistici e antimoderni interferì pesantemente nella politica delle acquisizioni di questo museo. I suoi direttori dovettero subire spesso i diktat prima dello Stato prussiano, poi del regime nazista. Ciò nonostante, l’Impressionismo francese trovò estimatori prima alla Nationalgalerie che nei musei francesi. |
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La seconda data è il 1892, anno in cui scoppia a Berlino il caso Munch. Una mostra delle sue opere, organizzata dal Kunstlerverein, scandalizzò così tanto il pubblico e i circoli accademici – in principal modo la Konigliche Akademie der Kunste - che venne chiusa d’imperio dal presidente del Verein, Anton von Werner, pittore e consigliere artistico del Kaiser. Le idee del Kaiser stesso sull’arte erano del resto note. Qualche anno dopo avrebbe detto: “L’arte che contravviene alle leggi ed ai limiti che ho imposto non è arte” (1).
Il dettato imperiale era rivolto contro le tendenze artistiche (quelle che vennero chiamate in maniera sprezzante la “Rinnsteinkunst”) che nel 1898 avevano dato vita alla Berliner Sezession (2). Artisti come Max Liebermann, che insieme a Lovis Corinth e Max Slevogt introdussero l’Impressionismo in Germania, ma anche Wilhelm Leistikow e Ludwig von Hoffmann, intorno ai quali si era formato il cosiddetto Gruppo degli Undici, guidavano il tentativo di ribellarsi alla tutela imperiale delle arti, contrapponendo all’arte nazionale, i cui principali esponenti erano Anton von Werner e Adolf von Menzel, le tendenze d’avanguardia. Questo tentativo prese il nome di Secessione. Berlino, fino ad allora un eldorado per il classicismo imitativo, la pittura vedutistica e quella che rappresentava le grandi battaglie, si apriva così, sebbene in ritardo, agli sviluppi dell’arte internazionale.
Collezionisti privati e mecenati militarono tuttavia a favore dell’arte moderna, così pure le nuove gallerie - Fritz Gurlitt (3), Bernhard Koehler, Paul Cassirer (4) -, le riviste d’arte - “Pan” (5), “Kunst und Kunstler” (6) - e perfino istituzioni come la Nationalgalerie. Soprattutto i galleristi non cessarono di attirare a Berlino gli artisti d’avanguardia: gli Impressionisti ed i membri di Der Blaue Reiter da Monaco, i pittori di Die Brucke da Dresda, ma anche Kathe Kollwitz, Ernst Barlach, Max Beckmann, Oscar Kokoschka, Georg Grosz, Karl Hofer, Kurt Schwitters.
Nel 1902 una nuova mostra di Munch, organizzata da Paul Cassirer nell’ambito della Secessione ebbe finalmente il successo che meritava. Un altro artista che esercitò un influsso profondo sui giovani artisti berlinesi fu Van Gogh, le cui opere vennero esposte a Berlino nel 1901 (Secessione) e poi nel 1904, da Paul Cassirer. Tuttavia la Secessione ben presto andò incontro ad una scissione:
nel 1910 venne fondata la Neue Sezession (7), che raggruppava i 27 artisti rifiutati alla selezione della XX Secessione berlinese, fra i quali alcuni artisti della Die Brucke, che con l’appoggio di Herwarth Walden, Max Pechstein e Georg Tappert esporranno alla galleria di Maximilian Macht in Rankestrasse (8). Con un’ulteriore spaccatura, La Secessione Libera vedrà la luce nel 1914 con Barlach, Kokoschka e Macke.
Com’era Berlino agli inizi del XX secolo? L’industrializzazione aveva travolto la Berlino prussiana in un’autentica febbre costruttiva; in poco tempo prese forma una metropoli con dimore lussuose, palazzi immensi ed interminabili file di condomini che spuntavano dal suolo sabbioso della Marca di Brandeburgo. E crebbe così rapidamente da provocare la visione sconcertata degli artisti, con dipinti in cui la città, come un incubo, era un mare di pietra, piena di demoni e di ribellione. In effetti, è ciò che l’urbanizzazione ha fatto in tutto il mondo. Berlino, la città che è cresciuta più rapidamente delle altre (9), era diventata il simbolo della metropoli moderna, togliendo a Parigi il ruolo di capitale pulsante del XIX secolo. Ma perché?
La centralità di Berlino per le avanguardie tedesche è il frutto del mutamento dall’utopia romantica della natura alla crassa realtà della dimensione urbana. Negli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale, gli artisti espressionisti, ad esempio, lasciano le loro radici naturali (Moritzburg in Sassonia, il “Blaues Land” bavarese, le rive baltiche e del Mare del Nord) per scoprire ed accettare l’innaturalità della metropoli come fascinoso luogo di contraddizioni. Berlino, che non aveva mai avuto una grande tradizione artistica e culturale, rappresentava agli inizi del Novecento, con la sua fulminea crescita e la sua vita frenetica e congestionata, con la sua atmosfera decadente e morbosa e con la sua stessa grandezza territoriale, la promessa di una nuova realtà, che implicava però la perdita dell’innocenza. Hegel aveva detto che Berlino non era un’Atene sulla Sprea, nonostante la sua architettura posticciamente neoclassica. Rathenau l’avrebbe paragonata, in maniera sprezzante, a Chicago. Alfred Doblin, dal canto suo, la chiamava la “Ninive del Brandeburgo” (10).
Il fatto è che dal punto di vista architettonico, Berlino al volgere del secolo era diventato un crocevia fondamentale. Il viennese Adolf Loos vi risiedeva abitualmente ospite di Peter Behrens, vi erano gli studi di Walter Gropius, Adolf Mayer, Ludwig Mies van der Rohe e Le Corbusier. Ma sarà il convergere nella città delle avanguardie storiche – Espressionismo, Costruttivismo, Dadaismo – a farne un polo magnetico della cultura del XX secolo. Berlino pareva la modernità concretizzata, con i suoi ritmi incalzanti, il costante movimento, la vitalità inesauribile, l’intenso cosmopolitismo (11), che ne facevano un luogo di attrazione ed al tempo stesso un fattore di stimolo estetico pari a quello esercitato da altre città (Parigi, Roma, New York) in altri periodi. Con questo suo magnetismo, Berlino pareva compensare il ritardo con cui essa aveva incontrato l’arte moderna.
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(1) La Berlino guglielmina era così severamente reazionaria che erano proibite anche le scuole di nudo. Un deputato aveva tuonato nel Reichstag: “Il nudo non è tedesco!” consegnandolo così al catalogo delle perversioni che venivano dall’odiata Francia.
(2) Fondata il 2 maggio 1898, la Secessione Berlinese ebbe come primo presidente Liebermann, seguito da Corinth. Inizialmente posta al n.12 della Kantstrasse, si trasferì poi sulla Kudamm.
(3) La galleria di Gurlitt, che in realtà era una modesta bottega d’arte, era posta sulla Potsdamerstrasse.
(4) Al 35 di Viktoriastrasse i cugini Bruno e Paul Cassirer aprirono il 1° novembre 1898 il loro salone d’arte, a cui era annessa una casa editrice, con una mostra su Degas, Meunier e Liebermann. Il sodalizio tra i due cugini durerà fino al 1905, quando Bruno sceglierà di condurre separatamente la casa editrice e Paul la galleria. Successivamente, nel 1909, Paul Cassirer aprirà una sua casa editrice, la Paul Cassirer Verlag.
(5)
Fondata nel 1910 nell’ambito del Paul Cassirer Verlag, la rivista ebbe fra i suoi collaboratori Wilhelm Herzog, il critico Alfred Kerr e lo scrittore Heinrich Mann.
(6) “Kunst und Kunstler” si farà portavoce della Secessione berlinese col suo redattore Karl Scheffler.
(7) La Neue Sezession si stabilì al n. 232 della Kudamm, nello stesso edificio che ospitava il Graphisches Kabinett di I.B. Neumann, mercante d’arte poi molto attivo nel divulgare il dadaismo berlinese. Si sciolse nel 1914 con l’inizio della guerra.
(8) Pare che fosse poco più che un negozio di cornici
(9) Nel 1900 Berlino contava 1.890.000 abitanti; tra il 1904 e il 1905 arriverà a superare i 2 milioni; nel 1920 la Grande Berlino raggiungerà i 3.858.000.
(10) Un aspetto di questa decadenza lo si rintraccia negli angoscianti dipinti di Kirchner, specie nelle spettrali immagini di prostitute sulle strade berlinesi, che rappresentano il culmine della sua visione dell’eros mercenario come qualcosa di demoniaco e di cittadino insieme. La prostituta di Kirchner è una sorta di alienata civile, simbolo di una “vanitas” che alla vigilia della guerra suona inquietante.
(11) Così Walden nel 1923: “Non è una grande città quella in cui i Tedeschi parlano francese, i Russi parlano tedesco, i Giapponesi un incerto tedesco e gli Italiani l’inglese? “ |
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