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Kirchner a Davos
di Alessandro Tempi
pubblicato il 4/10/2017

A cento anni dal primo incontro di Kirchner con la cittadina svizzera, la Fondazione Hermann Geiger di Cecina dedica una ricca mostra agli anni che il pittore tedesco trascorse nella pace alpina di Davos, presentando una selezione di 63 opere – olii, schizzi, acquerelli, incisioni, litografie, fotografie - provenienti dal Kirchner Museum di Davos.

Collezione fotografica del Kirchner Museum di Davos
(fotografie scattate dallo stesso Kirchner)

Nel 1938 il pittore Ernst Ludwig Kirchner aveva 58 anni ed era un pittore affermato a livello internazionale, soprattutto negli Stati Uniti. Egli amava ricordare come il tormento dell’anima fosse sempre stato il motivo che lo spingeva a dipingere e infatti, fin dal 1911, la sua pittura era sfociata in una potente ed esasperata drammaticità,  con deformazioni brutali e nervose, nella quale nel colore viene impiegato esclusivamente per le sue valenze psicologiche e simboliche. Ma nell’ultima parte della sua vita, a Davos, Kirchner, debilitato nel corpo e nell’anima, cercava soprattutto la pace interiore. Difficile dire se la trovò veramente. Vi trovò, a Davos, sicuramente un lebenswelt più dimesso e frugale, concentrato sul pieno contatto con la natura, in cui risaltava in tutta la sua ampiezza la vitalità umana. Il linguaggio artistico si fa piano piano più astratto, pacato, simbolico, la pennellata meno drammatica e nervosa, come a voler esprimere una ricerca di quiete interiore che, paradossalmente, solo la monumentalità dei paesaggi naturali o la semplicità dei costumi possono donare.

Negli anni immediatamente precedenti alla grande guerra, Kirchner era stato al centro dei principali sommovimenti dell’arte tedesca, partecipando a gruppi d’avanguardia come “Die Brucke” e “Blau Reiter” che erano stati gli alfieri dell’Espressionismo. Allo scoppio della guerra si arruolò nell’esercito, ma durante l’addestramento si manifestarono i sintomi di un forte esaurimento nervoso per il quale venne di lì a poco congedato.
Fu nel 1916 che Kirchner cominciò ad assumere potenti farmaci come il Veronal, un barbiturico usato come sonnifero, insieme alla morfina ed agli alcolici. L’anno dopo visitò per la prima volta Davos, ben nota stazione climatica dei Grigioni (che nel 1924 sarebbe stata resa celebre dal romanzo “La montagna incantata” di Thomas Mann), ove si stabilì a partire dal 1918 insieme a Erna Schilling, con l’intenzione di porre fine alla sua dipendenza dai farmaci.

Furono anni molto intensi. Ma al crescente successo internazionale delle sue mostre si accompagnò il manifestarsi dei segni inesorabili di una sofferenza psichica destinata ad aggravarsi nel tempo, in concomitanza con il peggiorare della salute fisica del pittore e delle sue paure ossessive circa il diffondersi del nazismo in Germania.
Nel 1936 Kirchner iniziò ad assumere, dietro prescrizione medica, l’Eukodal, un oppioide simile all’eroina capace di indurre forti stati di eccitazione ed euforia – lo stesso che qualche anno dopo sarebbe stato prescritto a Hitler dal suo medico personale.
Nel 1937 la campagna contro l’arte degerata colpì anche le opere di Kirchner esposte nei musei tedeschi ed egli venne espulso dall’Accademia d’arte prussiana. Viveva in un perenne stato d’animo di timore ed abbattimento morale, che culminò nel 1938 quando, con l’Anschluss, Hitler si impadronì dell’Austria. Kirchner divenne talmente preda della sua ossessione crescente, quella di veder arrivare i soldati tedeschi presso la sua casa di Wildboden, nei dintorni di Davos, che rimosse e distrusse le statue lignee che decoravano l’esterno della sua casa.
Poi arrivò il 15 giugno 1938: dopo una notte insonne, Kirchner al mattino tentò di convincere Erna ad un duplice suicidio. La donna, intenzionata a combattere questo nuovo attacco depressivo, cercò l’aiuto di un medico. Ma proprio mentre era al telefono, Kirchner caricò il suo fucile da caccia e si sparò. Così finiva la vita di un uomo che aveva sempre dipinto “per avere meno paura”.


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