Nel febbraio 1967 la rivista Ramparts rivelò che la CIA aveva sostenuto e finanziato segretamente importanti enti e associazioni nazionali allo scopo di influenzarne l’attività. La pubblicazione dette il via ad altre inchieste giornalistiche che mostrarono quanta estesa fosse la ramificazione delle attività dell’Agenzia nel finanziare enti e organismi culturali ed artistici operanti in America ma anche in Europa ed Asia. Forse in risposta a questa vera e propria campagna giornalistica, Tom Braden scrisse per il Saturday Evening Post un articolo in cui si sosteneva apertamente che la divulgazione dell’arte americana all’estero aveva sortito, in materia di appoggio dell’opinione pubblica mondiale agli Stati Uniti, molto più di quanto avessero fatto i discorsi del Presidente e del suo Segretario di Stato.
Tom Braden non era uno qualunque, né uno scribacchino di una delle riviste più lette d’America. Aveva seduto nel direttivo del Museum of Modern Art di New York, poi era passato alla CIA per sovrintenderne le attività culturali ed in quella veste era stato in stretto contatto con personaggi del calibro di Allen Dulles e Frank Wisner. Quindi il suo giudizio appariva ben fondato.
Il MoMA, in effetti, negli anni del secondo conflitto mondiale, era stato una vera e propria fucina di personalità che poi avrebbero abbracciato carriere politiche o diplomatiche: il suo presidente Nelson Rockfeller venne nominato da Roosevelt Vice-Segretario di Stato. John Hay Whitney (fondatore del Museo d’Arte americana che porta il suo nome), che sostituì Rockfeller al MoMA, venne poi nominato da Truman Ambasciatore a Londra. Porter McCrary, direttore del Programma internazionale del MoMA, entrò nello staff del Piano Marshall. L’attività stessa del MoMA fu in larga parte indirizzata a pubblicizzare e circuitare l’arte americana fuori dai confini del paese. E ciò fu possibile con l’appoggio finanziario e organizzativo del Dipartimento di Stato. Questo avvenne più o meno fino al 1947, quando la CIA venne istituita come sviluppo “naturale” dell’OSS di William Donovan, di cui non certo casualmente erano stati membri lo stesso Whitney e Tom Braden. Da allora la CIA, com’è forse noto, si impegnerà diffusamente in molte attività di sostegno discreto (o clandestino) ad attività culturali di alto calibro, come la rivista Encounter fondata dal poeta inglese Stephen Spender o, per passare a cose nostrane, Tempo Presente, fondata da Nicola Chiaromonte e Ignazio Silone. Si può addirittura dire senza esagerazione che il successo stesso dell’Espressionismo Astratto (e quindi dei vari Pollock, Motherwell e Gorky) in Europa sia stato facilitato dagli interventi finanziari prodigati dell’Agenzia (e probabilmente passati attraverso trust finanziari privati) al fine, come dice Frances Stonor Saunders nel suo libro, di orientare la vita culturale dei paesi europei, specie quelli in cui vi erano movimenti di sinistra da “reindirizzare” in chiave antisovietica.
La cosa può apparire incredibile, ma basterà un dato per renderla meno incredibile: nel 1954 il MoMA, ente privato, rilevò la proprietà del padiglione americano della Biennale di Venezia, da un altro ente privato, la Grand Central Galleries e la mantenne fino agli anni Sessanta, quando venne acquisita dal Guggenheim Foundation e poi dall’USIA, organismo pubblico sotto il controllo del Dipartimento di Stato americano. Ancor oggi le scelte operate dal National Endowment for the Arts (attraverso un comitato scientifico ristretto) in materia di selezione degli artisti invitati al Padiglione richiedono l’approvazione di quel Dipartimento.
BIBLIOGRAFIA
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Frances Stonor Saunders, Who paid the Piper? The CIA and the Cultural Cold War, Granta Books, 1999 (trad. it. 2004)
Russell H. Bartley, The Piper Played to Us All: Orchestrating the Cultural Cold War in the USA, Europe, and Latin America, International Journal of Politics, Culture, and Society, Vol. 14, No. 3 (Spring, 2001), pp. 571-619, Springer Press
Hugh Wilford, The Mighty Wurlitzer: How the CIA Played America, Harvard University Press, 2009 |